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Sondaggio Farmacentro: carenze, crescono le farmacie per cui tre distributori è il numero perfetto

Filiera

Le indisponibilità, carenze e rotture di stock che da mesi tormentano le farmacie italiane sembrano indurre cambiamenti nelle scelte dei titolari riguardo al numero dei grossisti “abituali” ai quali rivolgersi. È quanto suggerisce il sondaggio avviato la scorsa settimana da Farmacentro tra le sue 900 farmacie socie per misurarne il gradimento verso la cooperativa ed i suoi servizi. Tra le domande del questionario, al quale hanno risposto in tre giorni 133 associati, ce n’era una che chiedeva al farmacista di indicare quanti sono i distributori dai quali si rifornisce regolarmente (Farmacentro inclusa). Un po’ meno della metà del campione (45%) ha indicato in tre il “pool” di grossisti ai quali si rivolge abitualmente; quasi uno su cinque (il 18,8%) ne conta quattro, un altro quinto circa ne ha due e poi gli altri a seguire. Più di un farmacista e mezzo su dieci si appoggia a un solo distributore.

 

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Da quanti grossisti la sua farmacia si rifornisce regolarmente?

 

Rispetto allo stesso sondaggio condotto da Farmacentro due anni fa emergono alcune distanze significative. La più importante riguarda la percentuale di farmacisti che indicano in tre il numero dei distributori contattati regolarmente: nel 2021 soltanto un terzo del campione dava questa risposta (vedi grafico sopra), più di uno su quattro ne contava due. In sostanza, si intuisce una convergenza verso il valore medio di tre grossisti per farmacia, con un calo tanto dei titolari che ne hanno di meno quanto di quelli che ne hanno di più. Marginale ma apprezzabile la crescita di coloro che dichiarano di servirsi da sei distributori, dal 3,6% del 2021 al 5,3% dell’ultimo sondaggio. «I dati della nostra survey» commenta il direttore generale di Farmacentro, Marco Mariani «sembrano dire che le carenze stanno inducendo i farmacisti a scelte convergenti: tendono a servirsi da più grossisti per avere maggiori chance di trovare i farmaci che gli servono, mentre chi ne ha troppi li sfoltisce per ridurre i costi. Non dimentichiamo che nell’ultimo anno parecchi grossisti hanno aumentato le spese di consegna».

Per Mariani le carenze stanno anche “inquinando” i rapporti tra i farmacisti e i loro grossisti di fiducia: «La nostra survey» spiega «rivela che il gradimento dei  farmacisti soci per il servizio sui Transfer order è in calo, dal 7,24 del 2021 al 6,8 di oggi. Prevalgono due lamentele, che non siamo rapidi come un tempo nell’evasione degli ordini e le quantità consegnate alle farmacie sono inferiori alle ordinate. Per forza, non riceviamo merce a sufficienza e quella che arriva ci mette di più». In sostanza, continua Mariani, «i nostri soci riconoscono che ritardi e mancate consegne non dipendono da noi, ma comunque premono perché il servizio To si mantenga sui livelli abituali».

In sostanza, la pressione che i clienti mettono sulle farmacie si scarica a sua volta sui grossisti. «Eppure» osserva il direttore generale di Farmacentro «tutti sanno che non siamo noi la causa di queste carenze, delle quali siamo solo incolpevoli spettatori. E anche vittime, in quei casi – per fortuna pochi – in cui le aziende produttrici non ci riforniscono ma fanno invece consegne dirette alle farmacie. È un fenomeno che stiamo monitorando con attenzione: abbiamo già raccolto diversi ddt di prodotti che a noi non vengono forniti perché sarebbero mancanti ma invece ad alcune farmacie vengono inviati direttamente».

Per un distributore questi “rivoli” rappresentano un doppio danno, perché al mancato incasso si aggiungono i costi in crescita a causa della frammentazione dei To in più consegne anziché in una sola, a causa delle forniture a singhiozzo dai produttori. «In aggiunta» rimarca ancora Mariani «c’è chi ci accusa di inefficienza organizzativa quando in realtà siamo solo vittime: nei giorni scorsi un socio ci ha detto di avere ricevuto dal produttore su ordine diretto 600 scatole di un antinfiammatorio, quando quello stesso produttore a noi dice di non avere stock. Verificheremo, se fosse vero sarebbe molto grave e nel caso lo segnaleremo. E non esiteremo a rivedere i budget delle aziende che si comportano in questo modo».

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