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Da Milano un esempio delle “mappe” con cui le catene andranno a caccia

Filiera

Con il ddl concorrenza all’ultimo miglio, tra i titolari di farmacia è ormai caccia aperta per scoprire chi, tra loro, ha già venduto, sta vendendo o venderà al capitale. Su forum e social network circolano da tempo voci di intermediari che setacciano il territorio alla ricerca di farmacisti pronti a farsi da parte e l’opinione più diffusa è che le prime a cadere – il ventre molle della cittadella – saranno le farmacie in sofferenza, quelle cioè afflitte da indebitamenti irrecuperabili. Si tratterebbe di duemila o tremila esercizi in tutto secondo le chiacchiere da internet, ma per gli addetti ai lavori sono cifre da prendere con estrema cautela. «Questi sono i numeri che si sentono più spesso» confermano i commercialisti bolognesi Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta «ma la verità è che soltanto la Sose (la società del ministero delle Finanze per gli studi di settore, ndr) dispone di un quadro attendibile. Ogni altra stima rischia di essere approssimativa o parziale: dal nostro osservatorio possiamo dire che risulta in sofferenza non più del 5% delle farmacie, ma generalizzare sarebbe arbitrario».

Il fatto poi è che non traballano solo i numeri, anche la teoria in sé non convince del tutto. «Le farmacie indebitate» continuano Tarabusi e Trombetta «faranno probabilmente gola alle finanziarie o ai fondi d’investimento, ossia a chi deve risanare per monetizzare crediti e impieghi. Ma le catene che lavorano sul farmaco e sulla salute cercheranno altre prede». A questo capitale, in sostanza, interessano le farmacie che hanno “polpa” e macinano numeri, non quelle macilente e smunte che si reggono su briciole di mercato. Soggetti come Wba o Celesio, in sostanza, non pescheranno a strascico nel mare delle farmacie italiane per prendere tutto ciò che si riesce a tirare su, ma sceglieranno accuratamente tra le imprese che mostrano i fondamentali migliori, anche se a pié di lista la marginalità non è entusiasmante (ci penseranno i loro manager a rivitalizzarla).

Un’idea del tipo di mappe sulle quali, con ogni probabilità, le catene stanno già cominciando a disegnare il proprio terreno di caccia la dà il nuovo portale dell’Ats Milano (l’ex Asl cittadina), che raccoglie i dati sui consumi di prestazioni sanitarie della popolazione assistita. La piattaforma consente di mettere in classifica le farmacie del capoluogo in base al numero di ricette rosse spedite nel 2016, e le evidenze che risultano offrono diversi motivi di riflessione. Per cominciare: il 10% circa delle prescrizioni prodotte l’anno scorso dai medici dell’Ats è finito in appena 16 farmacie (sulle 423 che operano a Milano), il 50% delle ricette si distribuisce in meno di un terzo degli esercizi (124 per la precisione).

La mappa che ne risulta (nella quale le farmacie dalle performance più elevate sono evidenziate dai cerchi più grossi, vedi sopra) dà un’idea di quali dovrebbero essere i terreni di caccia delle grandi catene che hanno un forte posizionamento nel mercato del “rimborsato”.  Ed è un punto importante, perché questa è l’altra variabile che finora pare godere di scarsa considerazione nei ragionamenti dei titolari: multinazionali e insegne del farmaco e della salute andranno a fare shopping tra le farmacie selezionando i punti vendita che per mercato e potenzialità sono più coerenti al proprio format e posizionamento. Una catena che, per esempio, ha una forte specializzazione nel cosmetico non andrà a caccia di farmacie il cui fatturato dipende principalmente dalla ricetta Ssn, e dunque non andrà a “battere” in quelle aree (come i quartieri popolari della cintura milanese) dove si concentrano principalmente questi esercizi.

«La verità» riprendono Tarabusi e Trombetta «è che le catene si muoveranno sul mercato con una sensibilità e con filtri di ricerca che al momento sfuggono a buona parte dei farmacisti. Sul tema, dunque, meglio evitare generalizzazioni perché risulterebbero alla prova dei fatti troppo distanti dalla realtà».

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