Grossisti all’attacco: sostenibilità a rischio, urge legge che renda il margine del 3% il «minimo fisso»

Filiera

Una legge che faccia del margine al 3% la “linea del Piave”. E imponga la presenza dei distributori del farmaco ai tavoli regionali dove vengono negoziati con le farmacie i rinnovi degli accordi sulla dpc. È la richiesta esplicita che arriva dalle organizzazioni di rappresentanza dei grossisti, Adf e Federfarma Servizi, una volta registrata (non senza delusione) l’assenza di provvedimenti a loro favore nel ddl Bilancio che il Governo ha trasmesso al Senato per la conversione in legge. A trasmetterla un comunicato nel quale le due rappresentanze danno notizia di una nota inviata nei giorni scorsi al sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, per sottolineare «la necessità di interventi ad hoc in un momento di straordinaria criticità per il comparto e per l’intera filiera, di cui i distributori sono l’anello centrale».

La tesi dei due sindacati di settore, in sintesi, è che non si può intervenire sulla distribuzione farmaceutica «senza una visione di sistema che contempli tutti gli attori coinvolti. Invece le misure della Manovra», in particolare quelle che puntano a far “scivolare” i farmaci di uso più consolidato dalla distribuzione diretta alla dpc e al canale convenzionato. Per anni, ricordano il presidente di Adf Walter Farris e il presidente di Federfarma Servizi, Antonello Mirone, «abbiamo segnalato in tutte le sedi istituzionali che le nostre aziende sono costrette da tempo a consegnare in perdita i farmaci rimborsati dal Ssn, circa 0,26 euro per ogni confezione come attesta un’analisi condotta un paio di anni fa dall’Università Sapienza di Roma». Inoltre, proseguono i due presidenti, da un biennio circa i distributori intermedi del farmaco «sono schiacciati da un eccezionale aumento di costi operativi e gestionali, acuiti dall’impennata dei tassi di interesse e dall’inflazione: per alcune delle nostre aziende, la variazione dei costi finanziari tra 2022 e 2023 ha superato il 389%».

In tale scenario, prosegue la nota di Adf e Federfarma Servizi, «neppure l’eventuale passaggio dalla distribuzione diretta alla dpc di alcuni farmaci, come previsto dalla Manovra, arrecherebbe apprezzabili benefici al comparto. Va ricordato infatti che a oggi la distribuzione per conto si basa su modalità estremamente differenziate a livello regionale, concordate dalla parte pubblica attraverso accordi con le sole farmacie e senza alcun riconoscimento formale del ruolo recitato dalla distribuzione intermedia».

Una riforma di sistema sulla remunerazione e sulla distribuzione dei medicinali nei tre canali della diretta, dpc e convenzionata – prosegue il comunicato di Adf e Federfarma Servizi – «deve necessariamente prevedere misure per i Distributori Intermedi. Diversamente, c’è il rischio che si disarticoli la catena stessa di fornitura, con ricadute sulla sanità nazionale, sui suoi attori e soprattutto sui pazienti. Ci attendiamo quindi interventi chiari, rivolti alle esigenze specifiche del comparto, e un coinvolgimento al pari dell’industria e della farmacia per il riconoscimento della giusta remunerazione del servizio essenziale svolto a favore del cittadino nell’ambito del Ssn». In particolare, scrivono ancora Farris e Mirone, le aziende della distribuzione si attendono due interventi normativi: primo, che l’attuale margine del 3% quale quota di legge assegnata alla distribuzione intermedia sia considerato il «minimo fisso» da riconoscere alle aziende del comparto, senza possibilità di ulteriori erosioni da scontistiche varie; secondo, va sancito il coinvolgimento delle rappresentanze dei distributori intermedi ai tavoli regionali dove vengono discussi gli accordi sulla dpc insieme alle associazioni delle farmacie. Due misure, concludono i presidenti, che non comporterebbero oneri per il Bilancio dello Stato.

Altri articoli sullo stesso tema