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Confcommercio: come cambia la popolazione dei centri cittadini. Quali spunti per la farmacia

Extracanale

Nei centri storici delle città, il commercio in sede fissa evidenzia un’evoluzione che al calo delle attività più tradizionali abbina un cospicuo incremento delle imprese del settore servizi, rivolte al turismo e al tempo libero. È la constatazione che emerge dallo studio condotto dal Centro studi di Confcommercio con l’obiettivo di analizzare i cambiamenti sociali ed economici del tessuto urbano. Ne derivano dati che meritano di essere letti anche dalle farmacie, in particolare quelle che operano nei centri cittadini e si rivolgono a un’utenza in progressivo mutamento da una decina di anni a questa parte.

Fotografa l’evoluzione l’andamento delle vendite al dettaglio, che in cinque anni sono cresciute di quasi l’11% (a fronte di un incremento dell’indice dei prezzi al consumo del 17%) ma con medie nettamente diverse tra i vari canali del retail: nelle piccole superfici l’incremento è di appena il 2%, negli ipermercati del 9%, nei supermercati del 18%, nei discount del 42%, l’online dell’97% (vedi tabella sotto). «I negozi fisici di prossimità» è la lettura di Confcommercio «patiscono la pressione del canale elettronico e, in qualche misura, delle grandi superfici. La circostanza che anche il «piccolo» negozio sia ormai compiutamente multicanale attenua ma non esclude la gravità del fenomeno».

 

Vendite al dettaglio, incrementi percentuali per canale

 

L’altro fenomeno fotografato dalla ricerca di Confcommercio riguarda l’erosione dei punti vendita: in dieci anni si contano nel commercio in sede fissa circa centomila imprese in meno, che diventano 120mila se si estende l’osservazione ai primi nove mesi del 2023. «Il post-pandemia» è la riflessione che ne discende «non è facile, pur in un contesto di grande vitalità come quello del sistema economico italiano, si veda per esempio il turismo».

 

Demografia d’impresa, le tendenze in un decennio

 

È in questo contesto che vanno letti i numeri relativi alla demografia delle imprese commerciali ubicate nei centri cittadini. Nelle città di medie dimensioni, dice l’indagine, si osservano attività in progressiva “fuga” dai centri storici (in particolare abbigliamento, librerie, giocattoli e ferramenta, che vanno sempre più spesso a popolare i centri commerciali) e altre che invece resistono con maggiore o minore affanno (come alimentari e tabaccherie) e altre ancora che crescono in virtù dell’evoluzione sociale ed economica dei centri storici (alloggi/B&B e ristoranti). «Le città, volenti o nolenti, si rivolgono sempre più spesso al turismo, catturano esigenze di intrattenimento e offrono opportunità di valorizzazione del nostro prezioso tempo libero».

 

Centri storici, il trend nelle città di medie dimensioni

 

Il commercio in sede fissa, dunque, continua a fare i conti con una congiuntura difficile, ma «l’evidenza empirica fornisce comunque inequivocabili segnali di vitalità, innovazione e cambiamento». È una constatazione, dice Confcommercio, che vale soprattutto per le città metropolitane, ossia i dieci capoluoghi (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria) che nei rispettivi territori hanno sostituito le province: queste aree, infatti, mostrerebbero «una struttura commerciale più equilibrata ed efficiente», che contempera servizi ai residenti e offerta turistica crescente. I dati, in particolare, dicono che in tali realtà urbane la popolazione residente tende a calare più lentamente che nel totale del Paese (-1,8% vs -2,5% in otto anni) e le attività commerciali mostrano trend in gran parte migliori che nell’insieme dello Stivale: i negozi specializzati del comparto alimentari, per esempio, crescono del 3,6% rispetto a una media nazionale dell’1,5%, gli alberghi del 73,4% contro il 49%, bar e ristoranti del 17,6% contro l’11,9%%. «Le città metropolitane» dice l’indagine «sembrano un esperimento (sociale) ben avviato: risultano più vitali e attrattive della media Italia e mostrano una composizione tra livelli di servizio per i residenti e ampliamento dell’offerta turistica potenzialmente soddisfacente».

 

Città metropolitane, il trend per tipologia di attività

 

E le farmacie? L’indagine di Confcommercio riserva una veloce occhiata anche a loro, ma il dato che le riguarda (+12,6% nel numero degli esercizi in attività nei centri storici delle città di medie dimensioni) va preso con cautela perché solitamente nelle sue analisi l’associazione di categoria mette in un unico totale farmacie e parafarmacie. In ogni caso, il quadro dipinto dalla ricerca offre elementi di riflessione utili, in particolare ai titolari che operano nei due “teatri” sui quali si è concentrata la lente di Confcommercio, i centri storici e le città metropolitane: dai dati emerge evidente che nei due contesti sono in atto processi sociali differenti che stanno mutando l’identità della popolazione gravitante, con crescenti flussi da turismo e svago nelle città di medie dimensioni e un’evoluzione più equilibrata nelle città metropolitane, dove la popolazione residente cala meno che altrove.

È evidente che le farmacie ubicate in tali tessuti urbani dovranno quindi adattare nel tempo servizio e offerta a una clientela che – soprattutto nelle medie città – sta progressivamente modificando la propria composizione. Perché è ovvio che la domanda proveniente da una popolazione di passaggio (turisti che alloggiano per qualche giorno, oppure pendolari del divertimento e dello svago) non è quella di chi risiede stabilmente. Non a caso, Confcommercio ha avviato quest’estate con i sindaci delle città metropolitane un progetto – Città e terziario: Innovazione, economia e socialità – che fa di tali centri un «laboratorio del cambiamento» con l’obiettivo di «migliorare i centri urbani e sostenere le economie di prossimità», nella prospettiva di definire «una nuova visione delle città italiane e del terziario urbano per il futuro prossimo».

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