TradeLab: cresce la competizione tra insegne, compliance e distintività sempre più rilevanti

Filiera

A fronte di catene e network “strong” che continuano ad allargarsi (farmacie del capitale +13% sul 2023, affiliazioni +12%), è lecito attendersi all’interno del canale una crescente competitività tra insegne e punti vendita che  avrà tra le sue leve anche la compliance. Non quella del paziente verso la terapia, ma piuttosto l’adesione di fornitori e distributori (intermedi e finali, cioè grossisti e farmacie) per accordi e patti commerciali di filiera. Questo in sintesi l’avvertimento proveniente da TradeLab, che giovedì scorso (6 marzo) ha organizzato a Milano un convegno dedicato per l’appunto alla compliance nelle relazioni tra partner del sistema, che diventa – come ha spiegato Paolo Bertozzi, founder e partner di TradeLab – misura della qualità delle relazioni stesse e condizione necessaria di efficacia ed efficienza degli investimenti, ovvero la premessa necessaria per costruire e mantenere valore per le aziende e per il sistema farmacia nel suo complesso.

A preparare il terreno alla riflessione  (dopo un inquadramento dello scenario macroeconomico da parte di Luca Zanderighi, professore ordinario di Marketing all’università degli Studi di Milano e vicepresidente di TradeLab) ha provveduto una fotografia aggiornata del presente: rimane stabile al 66% la quota di italiani che dichiara di avere una farmacia di fiducia e tra costoro permane elevata (quasi otto su dieci) la percentuale di coloro che annovera la prossimità tra i due fattori più determinanti nella scelta dell’esercizio preferito. Ma – ha avvertito TradeLab – nelle valutazioni dei consumatori si fanno progressivamente strada anche altre variabili, in particolare nei contesti geografici (come quelli urbani) dove più farmacie insistono sulla stessa area; in queste situazioni, in sostanza, entrano in gioco nella scelta della farmacia di fiducia anche altre variabili, che appartengono alle cosiddette leve del retailing mix: la competenza del personale (16% delle risposte), gli orari di apertura (13%), l’assortimento (11%) e via a seguire.

 

Farmacia: presidio sanitario ma anche retail

 

Si tratta di fattori, ha osservato Bertozzi, che rientrano nell’area del management (gestione della farmacia) e del team skills (professionalità del personale), c’è quindi da prevedere che nel tempo emergeranno e avranno successo le farmacie che sapranno valorizzare il punto vendita e arricchiranno le competenze dei loro farmacisti per dare nuovi contenuti alla relazione con il paziente.

 

Catene e network, verso una nuova fase

 

Come si diceva, ad alimentare la competizione intracanale è – e continuerà a essere – lo sviluppo di catene e network strong: le catene del capitale continua a trainare la crescita delle farmacie “aggregate” anche se con un leggero rallentamento rispetto agli anni precedenti (+28% sul 2019, +13% sul 2023), tra i network crescono sensibilmente le insegne che adottano affiliazioni “strong” (cioè dalle condizioni contrattuali più strutturate, +12% dal 2019 e +12% dal 2023) mentre tendono progressivamente a ridursi le farmacie aggregate in reti “light” (+0,1% dal 2019, -13% dal 2023) a scapito ovviamente delle indipendenti (-2,6% dal 2019, -1% dal 2023).

 

Insegna, dopo la croce verde valore e distintività

 

Gli effetti di questa evoluzione sul consumatore, avverte ancora TradeLab, cominciano a farsi notare ma restano ancora limitati: il 21% degli italiani dichiara di conoscere le principali insegne e il 60% è in grado di dire se la sua farmacia di fiducia appartenga o no a un circuito (sì nel 4% dei casi). L’awareness, in sostanza, è ancora bassa, ha detto Francesco Murdocco, senior consultant industry pharma&healthcare di TradeLab, dunque c’è potenziale da sviluppare. «In un canale in cui la croce verde è l’insegna dominante» è in particolare la riflessione «far emergere l’insegna del circuito richiede un posizionamento distintivo», imperniato su attrattività e valori che nel tempo generino nei clienti prima preferenza e poi fedeltà.

 

Competenze, quali cresceranno d’importanza

 

Conterà sempre di più il posizionamento e conterà sempre di più anche la conoscenza, ossia il bagaglio professionale del team della farmacia: per TradeLab, in particolare, c’è da attendersi che nel tempo acquisiscano ulteriore rilevanza le competenze medico-scientifiche sui prodotti, la comunicazione via social, i servizi analitici e diagnostici, il marketing in store, le strategie di pricing e promo e via a seguire (vedi sopra).

In questo contesto, avranno sempre più rilevanza le sinergie tra fornitori e distributori (intermedi e finali) e dunque la compliance che – ha ricordato Luca Pellegrini, presidente di TradeLab e professore emerito di Marketing all’università Iulm di Milano – non è altro che l’adesione scrupolosa dei patti commerciali da parte di tutti i contraenti della filiera, a monte e a valle. L’opportunismo commerciale, reso possibile dagli elevati costi di controllo e dalla bassa probabilità di verifica, è una scelta perdente per il sistema e per le aziende perché mina la base fiduciaria ed anche ormai superata perché la tecnologia oggi consente di abbassare considerevolmente proprio i costi di verifica. La correlazione tra risultati aziendali (quota di mercato delle principali aziende di automedicazione) e la compliance (misurata attraverso il “Global Trade Positioning Index di TradeLab) è molto forte, ha dimostrato Giuseppe Convertini, director industry pharma&healthcare di TradeLab, reti e catene beneficiano di un vantaggio che discende dalla possibilità di muovere allo stesso passo tutte le farmacie di proprietà o affiliate, ma nella realtà tutti i circuiti hanno ancora parecchio da lavorare su questo fronte ed è legittimo prevedere che di qui in avanti sarà questo il principale terreno di competizione tra le diverse aggregazioni della farmacia.

Il valore di un cliente per un fornitore (rete o singola farmacia), ha spiegato in conclusione Bertozzi, dipende non solo dalle sue due dimensioni e dall’attrattività del suo format, ma anche dalla compliance agli accordi relativi alle attività condivise. Allo stesso modo, il valore di un fornitore per un retailer dipende non solo dalla sua quota di mercato e dagli investimenti di marketing, ma anche dalla sua compliance agli standard di servizio. L’invito lanciato da TradeLab è quindi quello di iniziare a misurare e certificare la compliance utilizzando modelli e strumenti condivisi (secondo un copione che in altri settori e canali è già andato in scena da tempo).

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