Luisella Grugni (Cef): nella negoziazione grossisti e reti non hanno nulla da invidiare alla gdo

Filiera

Distributori e gruppi di acquisto del canale farmacia non hanno nulla da invidiare ai loro corrispondenti della gdo, né per cultura della negoziazione con i fornitori né per ricchezza degli strumenti di marketing che utilizzano. Lo dice Luisella Grugni, direttore acquisti di Cef e componente del Comitato tecnico nazionale, la “supercentrale acquisti” lanciata un anno fa da Federfarma.co assieme a quattro dei suoi soci, ossia Cef, Farla, Farmacentro e Unifarm. Nella distribuzione da più di 20 anni, Grugni interviene nel dibattito aperto un paio di settimane fa da Nino Faiella, direttore della catena di parafarmacie Medi-Market Italia, che aveva rimproverato le aziende della distribuzione intermedia perché accetterebbero i prezzi (e gli aumenti) dell’industria senza una vera negoziazione.

Riassumiamo: nell’articolo di Pharmacy Scanner in cui parlavamo degli aumenti di questo inizio d’anno, Faiella aveva detto che mentre la gdo discute e negozia con i fornitori, in questo comparto non si fa niente di tutto ciò, probabilmente perché non si sa trattare. Una settimana dopo Erika Mallarini, docente della Sda Bocconi, ha dato ragione a Faiella e ha detto che in Italia la distribuzione farmaceutica paga un’eccessiva frammentazione e in più fa principalmente logistica, non acquisti. Lei cosa risponde?
Mi sembra una visione riduttiva e superficiale. E anche superata. Nei rapporti con i fornitori, la distribuzione farmaceutica italiana utilizza gli stessi strumenti e possiede la stessa cultura negoziale della gdo, da cui – tra l’altro – arrivano  alcuni direttori e responsabili acquisti  dei grossisti della farmacia. Non è neanche vero che mancano i sistemi informativi: i gestionali e le informazioni ci sono e ci  forniscono una visuale completa di tutto ciò che accade.

Anche voi avete i category manager che nella gdo gestiscono gli ordini per categorie di prodotto, rompendo così le negoziazioni a “pacchetto” che i fornitori cercano di imporre?
Sui network  lavoriamo  per tronchi assortimentali e planogrammi, che assicurano lo stesso risultato, e facciamo attenzione a non sovrapporre i brand. E infatti, le dinamiche a pacchetto non ci sono più. Come “distributori” l’operatività in questo senso è più complicata e difficilmente praticabile.

Quindi non è vero che i prezzi dei fornitori finiscono subito in banca dati e la negoziazione a seguire è in gran parte marginale…
È vero che i prezzi  indicati dalle aziende sono riportati in banca dati, sono però prezzi consigliati – non dimentichiamolo – e la farmacia è libera di applicare un prezzo più basso o anche più alto. Noi trattiamo soprattutto le condizioni commerciali: il fatto è che per un gruppo come Cef ci sono addirittura quattro livelli di negoziazione: quello come distributore per le 6.500 farmacie clienti, quello relativo alle attività promozionali e alle premialità, che riversiamo sulle 2.300 farmacie socie, quello come network (Cef-La farmacia italiana, che riunisce oggi circa 700 esercizi indipendenti e di proprietà) e infine anche quello per le 42 farmacie di proprietà. Nell’ufficio acquisti di Cef lavorano  circa 25 persone, che dedicano tutto il loro tempo a negoziare accordi con l’industria e a definire le politiche commerciali e i tronchi assortimentali, più che effettuare ordini.

Ma quanto trattate sui prezzi?
Quando si tocca questo tema non bisogna mai dimenticare la realtà del nostro settore: il canale è formato da 19mila farmacie in massima parte indipendenti, perché quelle che fanno capo a una catena di proprietà sono ancora una quota marginale. Rispetto alla gdo la differenza è sostanziale: là le centrali e supercentrali di acquisto trattano per un ampio numero di punti vendita che – si tratti di filiali come Esselunga o di esercizi indipendenti come in Conad – obbediscono scrupolosamente alle indicazioni della centrale. Da noi non è così stringente, il farmacista titolare ha un certo grado di autonomia.

Quindi, in questo canale le tasche del consumatore non beneficiano delle dinamiche che vigono altrove?
Innanzitutto mi verrebbe da dire che, quando entra in farmacia, il consumatore bada al prezzo meno che in altri canali. In ogni caso, i dati di sell out della farmacia dimostrano che l’aumento prezzi che arriva al consumatore è decisamente inferiore all’inflazione; noi facciamo grossi sforzi per difendere il potere d’acquisto delle famiglie, lavorando però su altre leve: campagne e giornate promozionali con sconti – per cui trattiamo vigorosamente con i fornitori – e anche la private label, strumento caro alla gdo, che nel canale farmacia ha una quota di mercato ancora ridotta; i prodotti a marchio rappresentano senz’altro un’alternativa dal rapporto qualità-prezzo vantaggioso per il consumatore.

Mallarini afferma che le farmacie fanno poca selezione?
Non è quello che accade nel nostro network: sugli scaffali trovano posto solo alcuni prodotti, sulla base della promozionalità negoziata che poi riversiamo alle farmacie affiliate.

Il caso di Esselunga, che ha buttato fuori per un anno Coca-Cola in quanto non hanno trovato l’intesa sul prezzo al pubblico?
Ribadisco quanto già detto, e in ogni caso noi puntiamo a costruire con i fornitori collaborazioni profittevoli e durature piuttosto che andare in rottura.

 

 

 

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