Prezzi, il 2023 inizia con rincari medi del 10%. Faiella (Medi-Market): i grossisti non negoziano

Mercato

Più 10% circa sui farmaci di fascia C, attorno al 5-6% per l’area di libera vendita, anche se tra i singoli panieri le medie vanno dal 2 al 10%circa. Sono, a spanne, i rincari che, in questo inizio d’anno, riecheggiano dai tavoli dove fornitori e distributori stanno rinegoziando i contratti di acquisto per il 2023: con l’inflazione che a dicembre ha superato l’8% e i costi delle materie prime che continuano a galoppare, buona parte delle aziende ha ritoccato verso l’alto i prezzi al pubblico. Oppure, in alternativa, ha rivisto al ribasso condizioni commerciali e premialità per grossisti, gruppi di acquisto e farmacie. Oppure ha manovrato su entrambe le leve

Non sta accadendo soltanto in Italia. In Francia il gruppo Lafayette, la catena di oltre 280 farmacie in franchising, ha minacciato la settimana scorsa di delistare dal proprio assortimento prodotti e brand che hanno aumentato i prezzi oltre il tollerabile: passino inflazione e incrementi dei costi, è la tesi dell’insegna, ma in alcuni casi i rincari non sono giustificati. I fornitori, è l’accusa, non sono trasparenti sui calcoli con cui hanno adeguato i prezzi. E gli aumenti delle materie da solo non possono spiegare tutto. La catena fornisce qualche grandezza: per alcune marche di pannolini i rincari superano il 58%, gli alimenti per l’infanzia e la cosmesi crescono del 7%, gli integratori alimentari del 6%.

Il gruppo, così, minaccia di cancellare dai suoi listini una decina di produttori, per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie francesi e i margini dei suoi affiliati (30% in media secondo il Quotidien du pharmacien). Ma è ovvio che dietro a queste uscite ci sono anche altre preoccupazioni: per cominciare, Lafayette deve la sua fortuna all’everyday low price (prezzi bassi sempre), che non potrà mantenere all’infinito prendendosi sulle spalle tutti i rincari; secondo, con queste minacce Lafayette fa pubblicità alla sua marca privata, che all’inizio dell’anno è aumentata soltanto dell’1%.

E in Italia? Un breve giro tra i distributori conferma che l’aria che tira è la stessa. «I fornitori hanno aumentato i prezzi o hanno tagliato le condizioni commerciali» spiega a Pharmacy Scanner Lorenzo Clerici, Group customer & channels director di Comifar «d’altronde, devono coprire l’aumento dei costi e ricavare il loro profitto, anche se forse qualcuno ha puntato alto. Per quanto riguarda noi, non possiamo certo fare come Lafayette, siamo grossisti e i nostri margini sono risicatissimi, nel 2022 abbiamo “ingoiato” 6 milioni di maggiori costi energetici, non è pensabile che si possa assorbire una parte degli aumenti di queste settimane».

Piuttosto, osserva Clerici, aumenti e limature delle condizioni commerciali renderanno quest’anno ancora più attuale il tema dell’affiliazione a reti e network. «Ancora più di prima» osserva «negozia meglio chi può mettere sul tavolo volumi e massa critica. Dunque, insegne e circuiti dovrebbero riuscire a negoziare condizioni e prezzi migliori rispetto alle singole farmacie, soprattutto se fedeltà e delega sono significativi. Ma devo dire che i farmacisti titolari lo stanno capendo: in Valore Salute, abbiamo già raccolto oltre 160 adesioni al livello Platinum».

Non tutti però vedono lo stesso scenario. «A me non risultano aumenti stratosferici» osserva Alessandro Orano, direttore generale di Cef «nel caso dei farmaci di fascia C, per esempio, i prezzi crescono in media del 10% ma coprono il biennio, quindi siamo ben sotto l’inflazione che quest’anno ha superato l’8%». Anche nella libera vendita, nota Orano, gli aumenti non sono irragionevoli. «Rincari sproporzionati inciderebbero negativamente sulle vendite» ricorda «quindi le aziende preferiscono rivedere le condizioni commerciali. È evidente allora che tu – dall’altra parte del tavolo – se sei grande riesci a negoziare da una posizione più vantaggiosa. Nel caso delle farmacie, ciò accade se aderisci a un grande network ».

Anche da Farmacentro arrivano numeri che confermano il trend dei rincari: «Nella libera vendita gli aumenti di prezzo oscillano in media tra il 2 e il 10%, ma per esempio nell’igiene intima e nel cura corpo ci sono prodotti che rincarano anche dell’80%» osserva Marco Mariani, direttore generale della cooperativa. «È da alcuni mesi che vediamo i prezzi salire ed è normale visto l’andamento dei costi di materie prime, imballi, energie e trasporti. Noi grossisti poi non possiamo evitare di trattare alcune aziende, siamo intermediari tra industria e farmacia». Quanto alla convenienza di entrare in un network, Mariani fa alcuni distinguo: «Come Mia Farmacia, noi non abbiamo un posizionamento distintivo incentrato sull’everyday low price come Lafayette. Una riflessione invece la farei sul tema della delega: la farmacia singola che acquista direttamente riesce a essere trattata meglio del distributore, perché questa è la politica che prevale in questo canale, da sempre. Adesso però è il momento di puntare sulla delega forte, per avere maggior potere contrattuale con le aziende e più margine da riversare agli affiliati. Le farmacie socie di Farmacentro che che aderiscono anche al network godono di condizioni migliori e mostrano una fedeltà che, mediamente, è superiore di 10 punti percentuali. Questo, per l’industria, significa che le farmacie aggregate in rete sono molto più attente alle indicazioni del gruppo».

Va giù duro invece Nino Faiella, direttore della filiale italiana di Medi-Market, la catena belga che nello Stivale conta 14 parafarmacie: «Il fatto è che in questo canale vigono altre dinamiche» dice «i distributori accettano senza profferire parola i prezzi consigliati dai fornitori e tutto finisce in banca dati. E così, quando noi cerchiamo di trattare, gli spazi a disposizione sono quasi inesistenti. Nella gdo si discute, si negozia, in questo comparto mancano le competenze, non si sa trattare. Risultato, in qualche caso siamo riusciti a strappare condizioni migliori aumentando i volumi, negli altri cercheremo di preservare le tasche del consumatore consigliando e spingendo le alternative più economiche. Gli aumenti? Quelli che vediamo tra il 7 e il 15%, ma è vero che nel 2022 parecchie aziende hanno fatto due o anche tre aumenti di listino in un anno».

Per Neo Apotek, la catena di farmacie di proprietà che fa capo alla famiglia di farmacisti milanesi Cocchi-Riva, la chiave per attutire il più possibile i rincari è lavorare sulle partnership: «È fondamentale per garantire ai consumatori la reperibilità dei prodotti» spiega l’amministratore delegato, Andrea Riva «questo passa anche attraverso un assortimento razionalizzato, gestendo con l’industria disponibilità e condizioni di fornitura. Il rischio del caro prezzi è anche quello di vedere le persone abbandonare le terapie per la non sostenibilità e come presidio non possiamo permetterci di non trovare soluzioni. Il nostro approccio è quello di totale collaborazione con le aziende partner, senza dover ricorrere ad azioni significative».

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