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E-commerce otc, l’Ue: lecito che i marketplace mettano in contatto farmacie e clienti

Filiera

Per l’Europa un “marketplace” (come Amazon, per intenderci), dal quale i siti di e-commerce di farmacie e parafarmacie vendono al pubblico farmaci senza ricetta, non diventano a loro volta farmacie e quindi non sono soggetti alle normative nazionali sul commercio elettronico dei medicinali. È la formula, presa a prestito dalla rivista tedesca Apotheke Adhoc, che meglio di tutte riassume il senso della sentenza con cui la Corte di giustizia europea si è espressa venerdì scorso, 29 gennaio, sulla domanda di pronuncia pregiudiziale avanzata dalla Corte d’appello di Parigi in relazione alla vicenda Doctipharma, il marketplace francese (oggi controllato da DocMorris e ribrandizzato con il suo marchio) al centro di un contenzioso che Oltralpe si trascina da una decina d’anni.

Riavvolgiamo il nastro: nel 2014 Doctipharma.fr apre online un portale dove gli utenti di internet possono acquistare, a partire dai siti delle farmacie, prodotti farmaceutici e medicinali non soggetti a prescrizione medica. L’Udgpo, l’associazione francese che rappresenta i gruppi di acquisto dei farmacisti, cita la società davanti al Tribunale del commercio di Nanterre per violazione delle norme sul commercio di medicinali via internet, che in Francia come in Italia è limitato ai soli esercizi fisici autorizzati (da noi farmacie e parafarmacie, Oltralpe le farmacie). Nel maggio 2016 il Tribunale dà ragione all’Udgpo e intima a Doctipharma di cessare la vendita di medicinali dal suo sito. La società impugna la sentenza davanti alla Corte di appello di Versailles, che nel dicembre 2017 rovescia l’orientamento dei giudici di primo grado e afferma che il marketplace non è coinvolto direttamente nella vendita dei farmaci. Un anno e mezzo dopo, nel giugno 2019, la Corte di cassazione cambia ancora le carte e afferma che il ruolo di Doctipharma consiste nel mettere in contatto farmacie e potenziali clienti, con una intermediazione che di fatto la fa partecipare al commercio elettronico di medicinali senza essere una farmacia; scatta quindi il rinvio alla Corte di appello di Parigi, che nel 2021 si rivolge alla Corte di giustizia europea (Cgue) con una domanda di pronuncia pregiudiziale.

 

Doctipharma, come funzionava e di chi è oggi

Qual era il servizio che Doctipharma proponeva per mettere in contatto farmacie e clienti (e non fa più da quando la giustizia francese ha accolto in primo grado il ricorso dell’Udgpo)? Come scrive la Corte di giustizia Ue, il marketplace (nell’immagine la sua homepage, con il link all’area riservata ai farmaci sop) esponeva i prodotti con la struttura grafica di un catalogo online. Il cliente seleziona la referenza desiderata e l’ordine viene inoltrato alle farmacie i cui siti sono ospitati su Doctipharma. L’acquisto avviene tramite un sistema di pagamento comune a tutte le farmacie, appoggiato a un conto bancario dedicato.

Nel 2019 Doctipharma è stato acquistato da Zur Röse, distributore svizzero già proprietario della famosa farmacia online olandese DocMorris. Due anni dop0, nel 2021, il marketplace francese è stato “ribrandizzato” in DocMorris.fr (vedi immagine successiva), mantenendo però la sua struttura di “portale” da dove le farmacie francesi possono vendere i loro prodotti. Secondo la stessa DocMorris, l’e-commerce propone oggi un catalogo di oltre 150mila referenze e settemila brand del parafarmaco, commercializzati da circa mille esercizi farmaceutici.

 

Come ha risposto venerdì scorso il giudice comunitario? In sostanza, dice la sentenza, «l’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34 e l’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535 (sui servizi della società dell’informazione, ndr) devono essere interpretati nel senso che una prestazione web consistente nel mettere in contatto farmacisti e clienti per la vendita, a partire dai siti di farmacie che hanno aderito a tale servizio, di medicinali non soggetti a prescrizione medica rientra nella nozione di servizio della società dell’informazione». Di conseguenza, gli Stati membri possono vietare tale servizio soltanto «qualora risulti, tenuto conto delle caratteristiche di detto servizio, che il prestatore del medesimo servizio procede esso stesso alla vendita dei medicinali senza essere autorizzato o legittimato dalla normativa dello Stato membro».

Detto in altri termini, la legislazione nazionale di uno Stato Ue può legittimamente vietare la commercializzazione online di farmaci senza obbligo di ricetta ai «prestatori di servizi della società dell’informazione» che non possiedono la qualifica di farmacista. Ma se tale prestatore si limita soltanto «a mettere in contatto venditori e clienti, mediante un servizio proprio e distinto dalla vendita», allora il legislatore nazionale «non può vietare tale attività».

Doctipharma allora proponeva un servizio oppure partecipava concretamente alla vendita? La Cgue rimette il dilemma al giudice nazionale, cui spetterà dunque l’ultima parola. Nella sentenza tuttavia viene osservato che il marketplace operava «da un lato su richiesta individuale dei farmacisti, i quali dovevano aderire al sito web della Doctipharma per poter beneficiare di detto servizio, e, dall’altro, a richiesta individuale dei clienti». Ed è ininfluente se a pagare per tale servizio fossero le farmacie o gli utenti.

La decisione della Cgue ha subito suscitato un esteso dibattito che ha valicato i confini del Paese direttamente interessato. In Francia i commenti sono contrastanti e se l’Udgpo canta vittoria altri mostrano più cautela. «Sulla base della disposizione» è il parere di Laurent Filoche, presidente dell’associazione dei “groupement” «gli Stati membri possono vietare la prestazione di un servizio consistente nel mettere in contatto, tramite un sito Internet, farmacisti e clienti per la vendita di medicinali senza ricetta qualora risulti che è lo stesso fornitore del servizio a effettuare la commercializzazione». Per Alain Grollaud, presidente di Federgy (il sindacato dei network di farmacia), si tratta invece di una «vittoria di Pirro» che deve convincere la professione a trovare soluzioni che permettano alle farmacie di raggiungere il pubblico «senza passare dalle piattaforme tipo marketplace. Dobbiamo rispondere a un bisogno sociale consegnando a domicilio ai pazienti».

Commenti tutt’altro che entusiasti anche dalla Germania, dove la vicenda è stata seguita passo per passo considerata la rilevanza che da quelle parti contraddistingue il mercato farmaceutico online (comprendente anche i farmaci con ricetta): «Le piattaforme dalle quali le farmacie distribuiscono medicinali e prodotti sanitari senza prescrizione» riassume la rivista Apotheke Adhoc «sono consentite e non possono essere vietate dagli Stati membri».

 

Che cosa farà Amazon?

Come si regolerà Amazon dopo la sentenza della Corte di giustizia europea? Già oggi, come noto, ci sono farmacie che vendono sul marketplace, in Italia e anche in altri Paesi. E in Germania, dove non vigono gli stessi limiti voluti dal nostro legislatore, l’e-commerce americano già propone farmaci otc venduti formalmente da terze parti. Che possono anche essere a loro volta delle farmacie online, come mostra l’esempio accanto (pagina tradotta in italiano con Google): ibuprofene 400 della marca privata Apodiscount, un’e-pharmacy olandese della quale Amazon riporta il logo europeo (cerchiato in rosso sotto) e sulla destra i riferimenti perché il cliente possa eventualmente contattarla (basta cliccare sul link e si viene portato in una pagina che reca indirizzo, telefono e fax, orari di apertura, autorizzazioni eccetera). Come rivela il farmacista titolare Michele Bertazzo a Pharmacy Scanner, Amazon Italia utilizza lo stesso sistema e quindi la piattaforma è già predisposta per riportare eventualmente il bollino della farmacia o parafarmacia autorizzata.

 

Anche in Italia la sentenza sta facendo discutere. Per l’avvocato Quintino Lombardo (qui la videointervista a Pharmacy Scanner) la decisione della Corte di giustizia europea imporrà senz’altro una riflessione sulle disposizioni dettate in materia dalla circolare del ministero della Salute, che vieta «l’utilizzo di siti web intermediari, piattaforme per l’e-commerce (marketplace) ovvero applicazioni “mobile” per smartphone o tablet». Ma il vero dilemma che in molti si stanno già ponendo, anche tra i farmacisti, è se questa sentenza non sia un grande “regalo” al padre di tutti i marketplace, Amazon. Dove, come noto, già si incontrano farmacie che commercializzano a proprio nome. «Su Amazon sono io che vendo e fatturo al cliente» spiega a Pharmacy Scanner Michele Bertazzo, titolare della Farmacia Nuova Cambiano «non so come qua in Italia abbiano accolto la sentenza ma sono convinto che si attrezzeranno di conseguenza». Ma c’è da chiedersi anche cosa faranno già da domani le farmacie che già oggi sono sulla piattaforma del gruppo americano: «Prima sarà necessario capire cosa vuole fare Amazon» è la replica di Bertazzo «attualmente le regole sono rispettate con estremo scrupolo e faccio molta fatica a caricare prodotti – come gli integratori, per esempio – che hanno un nome commerciale molto simile a quello di un farmaco: il sistema lo blocca subito. È anche vero che su altri aspetti la piattaforma è già pronta: per sempio, c’è già la predisposizione per caricare il logo Ue della farmacia sulle pagine-prodotto, dato che in Germania già lo fanno».

Commento positivo sulla sentenza anche da Davide Tavaniello, co-ceo di Hippocrates, che sul web è presente con il suo e-commerce Top Farmacia. «Si prospetta un’apertura del mercato online, che finora è stato frenato da queste regole. Mi aspetto che in breve tempo molti si butteranno sulla vendita a distanza di sop e otc, anche se per questo genere di prodotti è indispensabile proporre accanto un sistema di delivery “same day” o “next day”, perché il farmaco da banco si acquista quando c’è il bisogno o sta per arrivare. Un’opportunità per Amazon? Direi di sì almeno potenzialmente, anche se poi dipenderà dai farmacisti farlo accadere oppure no».

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