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Il patient journey spinge la sanità privata a fare shopping di farmacie

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Fino a quest’estate notizie di tale genere avrebbero raccolto ben poco interesse tra i farmacisti italiani. Oggi invece, con la titolarità delle farmacie di casa nostra aperta al capitale, le cose sono cambiate. E così, non appartiene più alle stravaganze di un Paese lontano l’annuncio che Publix, catena americana con un migliaio di drugstore in tutti gli Usa, aprirà tre farmacie all’interno di altrettanti ospedali di Bay Care Health System, gruppo della mutualità no profit cui fanno capo un centinaio di strutture tra ambulatori e nosocomi. Le farmacie dispenseranno ai pazienti in dimissione o in visita specialistica farmaci con obbligo ricetta (comprese le ripetizioni per i trattamenti cronici) e i medicinali ad alto costo solitamente distribuiti dalle farmacie ospedaliere (negli Stati Uniti molte strutture dispongono di una farmacia interna che serve anche gli assicurati).

Ma la partnership tra i due gruppi guarda pure più lontano. Innanzitutto saranno dieci le farmacie della catena che sul lungo periodo apriranno negli ospedali Bay Care; in secondo luogo, la sinergia sarà a doppio senso perché entro il 2018 le farmacie Publix ubicate in cinque contee della Florida saranno dotate di corner per l’autoanalisi collegati direttamente con gli ambulatori medici del gruppo Bay Care. E per il 2020 un altro scaglione di farmacie, sempre nelle stesse aree, offrirà servizi di telemedicina, telediagnostica e teleconsulto, ancora una volta in sinergia con Bay Care.

La logica dell’operazione è riassunta efficacemente da Fred Ottolino, manager di Publix: «Non puntiamo soltanto a rifornire di farmaci i pazienti che escono dell’ospedale» dichiara il dirigente a Drugstore News «vogliamo fornire loro un’assistenza continuativa e appropriata. Ci auguriamo che lo sviluppo della partnership accresca l’offerta di cure tanto ai pazienti di Bay Care quanto ai clienti di Publix». «Il nostro lavoro» aggiunge Glenn Waters, manager di Bay Care «non termina quando il paziente esce dai nostri ospedali. L’accordo con Publix agevolerà la continuità assistenziale post-dimissione».

L’idea dalla quale scaturisce la sinergia tra i due gruppi, in sintesi, è quella di presidiare in tutta la sua lunghezza ciò che gli esperti chiamano il “patient journey”, ossia il percorso sanitario del paziente. Che parta dall’ospedale, da dove è dimesso, oppure dal territorio, dov’è in trattamento farmacologico e deve sottoporsi a controlli periodici, l’assistito viene preso in carico in una logica “seamless”, cioè senza soluzioni di continuità.

Il punto è fondamentale, perché operazioni come quella lanciata da Publix e Bay Care negli Usa potrebbero presto diventare realtà anche nel nostro Paese. E questo grazie ancora una volta alla recente Legge sulla concorrenza, che ha attirato sulla farmacia italiana gli appetiti non solo di fondi d’investimento e insegne europee (come la ceco-polacca Dr. Max), ma anche della Sanità privata, delle “retail clinic” (i poliambulatori ubicati in centri commerciali e ipermercati) e delle cure low-cost. Tanto che alcuni gruppi avrebbero già acquistato qualche esercizio farmaceutico o starebbero per farlo, come ha rivelato Erika Mallarini, docente della Sda Bocconi di Milano, nel suo intervento al convegno organizzato a Pisa il 9 ottobre scorso dallo Studio Falorni: l’accademica, in particolare, ha citato il Centro medico Sant’Agostino, la rete milanese di poliambulatori specialistici (convenzionata con 26 società assicurative e 300 enti o aziende) che offre prestazioni medico-sanitarie a tariffe agevolate, e il Gruppo Villa Maria-Gvm, network di ospedali e poliambulatori (accreditati Ssn e convenzionati con casse mutua e assicurazioni) presente in nove regioni. Ma nel novero ci sarebbe anche il gruppo Humanitas, che da circa un anno si è lanciato nel mercato delle retail clinic.

La logica con cui questi operatori hanno cominciato a guardare al mercato della farmacia è la stessa che ha ispirato l’operazione Publix-Bay Care: l’integrazione tra farmacia e poliambulatorio per offrire al paziente (magari assicurato con polizza sanitaria integrativa) un percorso di cura “seamless”. In una logica e con una prospettiva che va ben oltre gli abituali abbinamenti farmacia-studio del medico di famiglia inseguiti finora dai farmacisti titolari: qui non conta più il percorso della ricetta Ssn (dalla penna del mmg al banco della farmacia sottostante); conta il percorso dell’assistito nei due sensi di marcia, dalla retail clinic alla farmacia o dalla farmacia alla retail clinic. «La dispensazione del farmaco» ha detto Mallarini a Pisa «è sempre più una commodity, la funzione della farmacia sta cambiando».

La partnership Publix-Bay Care, così, diventa anche paradigma di modelli che presto potrebbero vedere la luce anche in Italia. O che già l’hanno fatto, in silenzio e senza clamore: a Milano, in piazzale Corvetto (periferia sud), il Villaggio della Salute che sorgeva sopra la farmacia Essere Benessere è diventato un poliambulatorio del Centro medico Sant’Agostino, dove vengono erogate prestazioni specialistiche, esami diagnostici, visite odontoiatriche, interventi riabilitativi e fisioterapici, sedute psichiatriche e di psicoterapia. E il percorso “seamless” del paziente è assicurato dagli ingressi di farmacia e poliambulatorio, praticamente “vis à vis” (vedi gallery sotto).

Il poliambulatorio del Centro medico Sant’Agostino di piazzale Corvetto, a Milano, in Google maps. L’accesso a farmacia e poliambulatorio avviene dallo stesso atrio (foto 1 e 2), gli ingressi sono contigui (foto 3) così come è contigua la comunicazione (foto 4). Al primo piano i locali della struttura sanitaria: accettazione (foto 5 e 6), sala d’attesa (foto 7), ambulatori medici (foto 8 e 9).

Lo scenario che si affaccia all’orizzonte, dunque, è quello di una sanità privata che si organizza per aggregare farmacie e retail clinic con l’obiettivo di offrire al privato “out of pocket” (o coperto da assicurazione integrativa) quanto il consumatore di oggi già chiede al retail: trovare in un unico posto tutto ciò di cui ha bisogno, per un “patient journey” che assomiglia sempre di più al “customer journey” della distribuzione moderna. Non a caso, un’indagine condotta prima dell’estate da Pwc rivelava che per un italiano su tre rivolgersi a una retail clinic ubicata all’interno di un ipermercato non rappresenta un problema. Ed è una realtà con cui i farmacisti dovrebbero familiarizzare molto velocemente.

 

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