«I servizi? Oggi le farmacie li fanno in perdita o tutt’al più, quando il farmacista è davvero bravo, riescono a restare in pareggio». Le parole sono di Giampiero Toselli, segretario di Federfarma Lombardia e Milano, che venerdì scorso figurava tra gli ospiti del convegno organizzato dal sindacato titolari assieme a TradeLab per presentare la ricerca Generation Next sui giovani farmacisti (di cui Pharmacy Scanner riferisce qui). Tra le tante evidenze della survey, condotta su un campione di 1.200 collaboratori under 35, la certezza che i servizi rappresentino il futuro della farmacia anche per i laureati della cosiddetta generazione Z, che tra le altre cose chiedono formazione e aggiornamento per poter far carico delle nuove missioni.
Davanti ai numeri della ricerca, è toccato a Toselli tirar fuori con il classico “ma però”. «Crediamo nei servizi e come sindacato continueremo a lavorare per loro, perché comunque fidelizzano e soprattutto rendono la farmacia il primo punto di accesso del cittadino» ha detto «ma bisogna essere chiari e dire che a oggi queste prestazioni vengono erogate quasi sempre in perdita o, se proprio va bene, in pareggio». E la considerazione non vale solo per la telemedicina o le vaccinazioni, ma anche e soprattutto per le attività di sportello come il Cup o la scelta e revoca del medico, «che sono un costo in termini di tempo e di personale dedicato. Se i medici di famiglia sono sempre più restii a vaccinare, ci sarà un motivo».
È, per questo motivo, ha continuato Toselli, che Federfarma Lombardia «sta lavorando con la Regione perché siano erogati in convenzionamento: è l’unico modo per renderli davvero sostenibili». Ma al convegno anche altre voci hanno espresso dubbi sulla redditività della farmacia dei servizi: «I servizi sono un buon richiamo» ha detto Paolo Bertozzi, socio fondatore e partner di TradeLab «ma non so oggi quante farmacie stiano facendo reddito su queste prestazioni. Di certo, non è pensabile che in tre mesi si possa mettere in pista un servizio che genera utili e poi c’è un tema importante che è quello della comunicazione».
L’affondo di Toselli, se non altro, ha il merito di dare evidenza a dubbi che già da tempo circolano nel mondo della farmacia e che trovano il loro principale alimento nei numeri sfornati a ritmo quasi continuo dalla sperimentazione della farmacia dei servizi in corso in diverse Regioni. Gli ultimi in ordine di tempo quelli dal Veneto: in tre mesi di attività, ha recentemente comunicato Federfarma regionale, le 560 farmacie partecipanti hanno erogato complessivamente 9.081 prestazioni. Sembrano tante, ma se si calcola brutalmente la media sono poco più di una alla settimana per farmacia. Un tasso che non fa né cross selling né fidelizzazione. E che dà da pensare, perché non è molto lontano dalle medie che si sono incontrate in molte delle altre Regioni dov’è in corso già da tempo la sperimentazione (vedi articolo).
Ma c’è di più: neanche all’estero la farmacia dei servizi sembra fare sfracelli. O quanto meno, si fa strada la consapevolezza che i costi specifici da affrotnare mettono a forte rischio la sua reale redditività. Andiamo per esempio nel Regno Unito, che può essere considerato senza tema di smentita il Paese dov’è nata la farmacia dei servizi: ai primi di febbraio il Nhs (il servizio sanitario inglese) aveva lanciato Pharmacy First, un nuovo programma che delega alle farmacie la presa in carico iniziale di sette patologie di bassa complessità, tra le quali emicrania, mal di gola e infezioni del tratto urinario. La dotazione finanziaria era stata accolta positivamente dalle organizzazioni di categoria (645 milioni di sterline, circa 770 milioni di euro) e infatti le adesioni avevano superato il 90%. Una volta partiti, però, sono venuti fuori i problemi: prima intoppi nella piattaforma informatica dove le farmacie dovrebbero registrare visite e trattamenti, poi le resistenze dei medici (che non hanno gradito l’invasione di campo) infine gli oneri burocratici accoppiati alla carenza di personale (forte anche da quelle parti). Risultato, ad agosto le farmacie non sono riuscite a raggiungere il target minimo mensile fissato dal Nhs per remunerare l’attività (almeno 20 visite per esercizio, cinque alla settimana) e per non lasciare a secco i titolari il tetto è stato abbassato a 15. A settembre si sta ripetendo lo stesso trend ma stavolta il Nhs non sembra più intenzionato a concedere “sconti”, peggio ancora il prossimo mese quando l’obiettivo dovrebbero essere trenta visite a farmacia.
Anche in Francia il percorso dei servizi in farmacia sembra procedere non proprio in discesa. L’adesione ad alcune “missioni” (come Oltralpe chiamano i servizi) da parte delle farmacie è decisamente fredda, in particolare i colloqui per ricognizione farmacologica e aderenza terapeutica. Il problema? Prendono tempo, soo rallentati da un alto tasso di burocrazia e soprattutto distolgono personale, che anche in Francia scarseggia.
Ma dall’altra parte delle Alpi l’effetto più evidente della farmacia dei servizi riguarda i groupement, ossia network e cooperative dei farmacisti. Sono loro la spina dorsale che sostiene e aiuta le farmacie nell’erogazione di tali prestazioni, con il risultato che oggi è in atto nel settore un processo di concentrazioni e acquisizioni (dalle reti alle reti delle reti, per usare una formula conosciuta anche ai farmacisti italiani; ne scriviamo qui in questo stesso numero di Pharmacy Scanner) che trova la sua motivazione principale nei costi: per sostenere le farmacie nei servizi e nella digitalizzazione servono economie di scala, che obbligano i groupement a unirsi e consolidarsi.
E poi, come ha osservato al convegno di Federfarma Lombardia Paolo Bertozzi, c’è il problema della comunicazione. I servizi sono una novità che il pubblico italiano deve ancora metabolizzare, va fatta tanta e buona comunicazione ma finora le farmacie non si sono distinte in qualità. «La maggior parte di loro pensa che basti fare un elenco esaustivo delle prestazioni che offrono all’interno della farmacia o sulla vetrina, ma la verità è che questa comunicazione non la guarda nessuno e nessuno la capisce. Farmacia dei servizi, per il cliente comune, non significa niente. Servirebbe invece comunicare parlando dei bisogni, non delle prestazioni, e corredare i servizi di strumenti, come la prenotazione online o via app, che semplificano la vita e agevolano il percorso del paziente».
E magari, serve anche ritrovare la collaborazione dei medici e dei biologi, molti dei quali hanno visto nei servizi della farmacia uno sgradito sconfinamento, proprio come in Inghilterra. «Quello che dobbiamo assolutamente evitare» ha osservato Toselli al convegno di Milano «è di prenderci a cornate con altre professioni».