Niente croce della farmacia nel logo, nomi che vanno a pescare nel latino o nell’italiano aulico, colori caldi. Hanno diversi punti in comune i marchi di Felia e Alma Farmacie, le due insegne (di CentroFarm e Pharma Green rispettivamente) che più di recente hanno fatto ingresso nel gruppo delle catene del capitale. Felia Farmacie ha svelato brand e format nel febbraio scorso e ha inaugurato il suo primo flagship store (a Piombino, in provincia di Livorno) un paio di settimane fa; proprio negli stessi giorni, ha ufficializzato il suo brand Alma Farmacie, che presenterà il proprio format quest’estate con l’inaugurazione del suo flagship store.
Felia e Alma: i brand delle ultime “nate” tra le catene del capitale
Qualche somiglianza nell’impostazione dei due brand, se non altro per le scelte grafiche, sembra di scorgerla. Ma soprattutto quello che pare emergere con maggiore nitidezza è la distanza con i brand delle catene che già da tempo hanno fatto ingresso nel canale: in particolare, entrambi evitano i colori “classici” della farmacia (il verde brillante, il rosso e il bianco ospedale) ed entrambi fanno ricorso a font (ossia caratteri alfabetici) tutt’altro che usuali. Insomma, ce n’è abbastanza per andare a chiedere qualche valutazione a un esperto di format e retail design come Massimo Fabbro, docente a contratto all’università Iulm di Milano nonché chairman e founder di Dinn!, la società specializzata in brand & design innovation che ha curato il nuovo concept di Apoteca Natura e ha ideato l’adattamento italiano del format e del design di Dr.Max.
Fabbro, con i loro brand Felia Farmacia e Alma Farmacia sembrano tracciare una nuova strada nel panorama – finora un po’ statico, forse – di questo canale. Ci aiuta a capire quale lettura va data alle scelte grafiche che contraddistinguono i due marchi?
Partiamo da Felia, di cui conosciamo ormai anche il format. Le scelte sono molto interessanti, tutti i codici retail del concept risaltano con forza: nell’insegna non figura la croce e si osserva un uso efficace dei buttadentro, ma meritano attenzione anche l’uso di display di varie altezze (scaffali, gondole…), la vetrina semitrasparente che dà visibilità all’interno, i moduli a parete e per l’acquisto d’impulso, il ricorso a codici colore che richiamano più il cura persona che la farmacia. In sintesi, è un format che parla poco al cliente che ha una ricetta in mano ma punta molto sull’attrattività, sull’acquisto d’impulso, sulla navigabilità. Un format, in altri termini, molto ben caratterizzato anche se privo di spiccate innovazioni di servizio, come si evince anche dalla configurazione dei banchi, che tengono “dietro” il farmacista (vedi immagini sotto, ndr). In sostanza, il caso Felia rappresenta un ottimo esempio di come si fa retail nel canale farmacia.
Veniamo ad Alma Farmacie…
In questo caso per valutare disponiamo soltanto del brand e della comunicazione diffusa dalla catena con il lancio del proprio logo. Il tratto comune con Felia è la rinuncia a un approccio di tipo “ospedaliero”, che nel caso di Alma è ancora più evidente. Mi sembra un’operazione di brand interessante: la tonalità di verde selezionata suggerisce armonia e autorevolezza, le due diverse font esprimono accoglienza la prima e scientificità la seconda. Si intravede insomma un lavoro sul brand un po’ più spinto, con l’obiettivo di mettere in primo piano il concetto di salute.
In effetti nel video compare frequentemente la figura del farmacista…
È un video che parla di persone, in particolare farmacista e cliente. Senz’altro significativa l’opera che rappresenta le due figure in forma stilizzata, entrambe virate al femminile e quella in camice bianco che porge un fiore. Felia opta per un concept che ha i codici del retail, Alma – almeno a giudicare dal brand – punta di più sulla figura del farmacista come punto di riferimento.
A proposito di farmacia imperniata sul consiglio: in una vecchia intervista, lei ci parlo del modello nipponico di “dispensing pharmacy”, una farmacia senza prodotti e scaffali che dedica l’intera area aperta al pubblico al consiglio e all’attesa. Vedremo mai, in Italia, un concept che osa ridurre ai minimi termini l’esposizione per enfatizzare invece consulenza e servizi?
Grossa domanda. La dispensing pharmacy giapponese è figlia di modelli culturali e sanitari tipici di quel Paese, in ogni caso perché in Italia avvenga un’evoluzione dei format nel senso che lei dice occorre che prima i servizi divengano sufficientemente remunerativi e diffusi. Di certo il valore di rassicurazione del “brand farmacia” può consentire significativi vantaggi competitivi in questo ambito. Oggi ci sono parecchi boni esempi ma la strada è ancora lunga.