Sull’home delivery delle farmacie il ministero della Salute si prepara a convocare un tavolo di confronto con le sigle dei farmacisti titolari e dei distributori intermedi. E’ quanto ha scritto nei giorni scorsi lo stesso dicastero a Federfarma in risposta alla lettera con cui il 21 gennaio la Federazione aveva chiesto l’oscuramento del sito di Valore Salute (la virtual chain di Comifar). Come si ricorderà, l’intervento del sindacato titolari faceva seguito all’annuncio del network di un nuovo servizio di recapito domiciliare, appoggiato alla società di logistica e spedizioni del gruppo Comifar. Nella sua nota, Federfarma accusava il distributore di celare dietro all’iniziativa una «illegittima» attività di vendita online, condotta attraverso il sito valoresalute.it. Per Comifar, invece, «il servizio di consegna a domicilio è in linea con la prassi di settore e con le attività analoghe svolte da altre società». Cioè, per fare qualche esempio, Lloyds Farmacia, Boots, Pharmap (che ha convenzioni con diverse Federfarma), Pharmercure e via a seguire.
L’obiettivo del tavolo, al quale potrebbe essere invitata anche l’Aifa secondo fonti consultate da Pharmacy Scanner, sarà quello di dare all’home delivery quell’inquadramento normativo che finora non ha avuto. Ormai, è il ragionamento che si fa al Ministero, il servizio non è più appannaggio di una ristretta cerchia di “digitalizzati” ma è usato con regolarità da un’estesa platea di consumatori: come riferisce una recente ricerca Eurispes (di cui parliamo in questo articolo) sono ormai il 16,4% gli italiani che si fanno recapitare i farmaci a casa, e il 13,1% ha iniziato a farlo con l’inizio del lockdown.
Proprio per questo, c’è da auspicare che dal tavolo di confronto promesso dal Ministero escano interventi normativi diretti a dare garanzie ai consumatori che si servono dell’home delivery, piuttosto che ridurne il perimetro e scoraggiarne l’uso. Finché la pandemia rimane, sarebbe poco lungimirante anche dal punto di vista della sicurezza.