Eurispes: sono il 16% gli italiani che si fanno portare i farmaci a casa. E l’80% non li ha mai comprati online

Consumatore

Sono il 16,4% gli italiani che oggi si fanno recapitare abitualmente i farmaci a casa. Ma erano nettamente di più durante il primo lockdown, visto che un altro 9,8% dichiara di avere smesso con la fine dell’isolamento e il 13,1% afferma di avere iniziato ad affidarsi all’home delivery delle farmacie soltanto con l’inizio dell’emergenza covid, cioè da marzo 2020. Sono alcuni dei dati che provengono dall’indagine condotta da Eurispes a un anno dall’identificazione del paziente 1 (a Codogno, in provincia di Lodi, il 21 febbraio) per indagare sugli effetti della pandemia nei comportamenti e nelle abitudini dei consumatori.

Condotta tra novembre e gennaio su un campione di 2.063 individui rappresentativo della popolazione italiana, la ricerca conferma una volta di più che il lockdown ha fatto scoprire a molti italiani i servizi digitali, a partire dall’home delivery: hanno scelto la spesa a domicilio per la prima volta il 21,9% degli intervistati, la consegna a casa di pasti e piatti pronti il 16,8% (il 28,6% lo faceva già prima). E in molti non sono più tornati indietro: oltre un italiano su 4 (25,9%) continua ad ordinare la spesa anche dopo la fine del primo lockdown (maggio 2020), l’8,7% con la stessa frequenza; il 37,2% si fa ancora portare i pasti a casa, il 14,5% con la stessa regolarità.

Anche l’e-commerce ha allargato la platea dei suoi clienti: oggi dichiara di acquistare abitualmente online un italiano su dieci, un altro 16,3% dice di farlo spesso, il 25,9% qualche volta e il 18,2% raramente. Incide sulla frequenza anche la categoria di prodotto: sul web si comprano soprattutto abbigliamento, libri e prodotti tecnologici, la propensione all’acquisto online cala drasticamente con i farmaci (il 79,4% non li ha mai comprati su internet), le bevande (71,5%), i corsi online (67,5%) e gli articoli alimentari (63,8%). Più di un italiano su due (il 57,1%) non compra online profumeria e beauty. Incidono peraltro su tali scelte indisponibilità della banda larga in alcuni territori e analfabetizzazione digitale (soprattutto tra gli anziani): quasi un italiano su tre (29,1%) dice di non avere mai fatto acquisti sul web.

Tra i servizi digitali sospinti dalla pandemia anche le videochiamate: quasi un terzo degli intervistati (30,7%) ha cominciato a utilizzare questo strumento per parlare ad amici/parenti con l’inizio del lockdown (ma il 45,2% lo utilizzava già prima), oggi continua a servirsene il 66,1% degli italiani, il 31,5% con la stessa frequenza.

Stesse tendenze anche in tema di smart working, un altro fenomeno che ha inciso profondamente sulle abotudini collettive (si pensi soltanto ai mutamenti di traffico e pendolarismo, che hanno investito pesantemente anche le farmacie): dall’inizio dell’emergenza sanitaria quasi la metà di chi lavora è passato a tale modalità (il 22,8% stabilmente o per un lungo periodo, il 26,2% occasionalmente/con turnazione/per un breve periodo; solo il 4,9% dichiara che già lavorava a distanza prima della pandemia). Lo smart working ha interessato soprattutto i residenti al Sud (il 31,8% sempre o per un lungo periodo, il 25,2% in modo temporaneo) e nel Nord-Ovest (24,2% sempre e 28,4% temporaneamente), mentre tra le professioni chi ha usufruito maggiormente di tale modalità sono gli impiegati (66,2%), i dirigenti/direttivi/quadri (65,1%), i liberi professionisti (62,4%). Le percentuali più basse riguardano operai (12,4%) e commercianti (13%).

Anche in questo caso sarà difficile che si riesca a tornare davvero indietro una volta finita l’emergenza. Il 66,2% di chi ha lavorato in smart working si dice soddisfatto dell’organizzazione del lavoro, il 62% della gestione dei tempi e degli orari. La netta maggioranza dei lavoratori dice di avere gestito meglio gli impegni familiari e domestici (60%) e si è sentita più libera (58,2%), ma c’è anche chi lamenta la mancanza di compagnia dei colleghi (64,2%) e le giornate lavorative più noiose (53,9%). Gli uomini si sono sentiti più liberi delle donne (60,5% contro 55,8%), le lavoratrici dichiarano di avere trovato le giornate noiose più spesso degli uomini (56,5% contro 51,4%). Quanto agli spostamenti, un quarto degli intervistati (25,4%) afferma di evitare i mezzi pubblici dall’inizio dell’emergenza sanitaria e il 9% ha iniziato per la prima volta a spostarsi in bicicletta (il 7,4% in monopattino elettrico). Quasi un terzo (30,9%) ha abbandonato treni e aerei.

Altri articoli sullo stesso tema