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Farmaci, anche il prezzo fa scattare l’effetto placebo

Consumatore

 

Docente di psicologia medica e immunobiologia del comportamento a Essen, in Germania, Manfred Schedlowski è uno dei massimi esperti di effetto placebo e nei suoi interventi a convegni ed eventi accademici usa iniziare raccontando una storia: quella di uno studente universitario di farmacia che, per una storia d’amore finita male, aveva tentato di suicidarsi con una manciata di antidepressivi, trovati da qualche parte in facoltà. Giunto in stato di incoscienza all’ospedale, i medici si accorsero che i farmaci ingeriti erano in realtà dei placebo, destinati a qualche studio. Risultato, il giovane si riprese dopo poco e se ne tornò a casa sulle sue gambe.

Sull’effetto placebo l’aneddotica è vasta e i farmacisti sono tra coloro che possono dire di averne viste di tutte: agevolano od ostacolano la compliance il nome del farmaco, il colore della confezione o delle pillole, le parole o il comportamento del medico quando prescrive o del farmacista quando dispensa… Influisce persino il prezzo. Nel suo intervento al Congresso 2017 dell’Abda (la Federfarma tedesca) di Berlino, Schedlowski ha riferito di uno studio condotto per testare un farmaco contro il mal di montagna: due gruppi di persone affette dal disturbo vennero portate in alta quota e al primo fu somministrato un farmaco costoso, mentre ai secondi fu invece distribuito un equivalente economico; chi prese il medicinale più caro disse di aver sopportato il soggiorno meglio degli altri, in realtà entrambi i gruppi avevano assunto (senza saperlo) un placebo.

Il fatto è che, come confermano parecchi altri studi, esaltare l’economicità di un medicinale può indurre il paziente a svalutarne le proprietà terapeutiche. Analogamente, un farmaco “caro” gode a priori di una considerazione favorevole tra coloro che lo assumono. Ovviamente il dato non va preso come un invito a tenere alti i prezzi per far bene ai propri clienti: giusto invece, quando serve, accompagnare la dispensazione di un prodotto economico con una più spiccata assertività, che controbilanci l’impatto potenzialmente negativo del prezzo. Anche in questo caso, Schedlowski ha ricordato gli esiti di alcuni studi, nei quali lo stesso prodotto è stato distribuito dai farmacisti con due differenti attitudini: ad alcuni pazienti con frasi tipo «è un farmaco meraviglioso che vi farà certamente bene», ad altri con affermazioni come «vediamo se funziona, ma non ne sono sicuro». Inutile dirlo, i pazienti del primo gruppo che hanno mostrato miglioramenti nelle loro condizioni sono stati molto più numerosi.

Come è stato fatto notare a Berlino da Hans-Günther Friese, presidente onorario dell’Abda, lo sviluppo dell’e-commerce farmaceutico rischia di introdurre nuove variabili nelle dinamiche placebo: il consumatore che compra un farmaco online (senza obbligo di ricetta in Italia, anche con ricetta in Germania) a prezzo scontato e senza l’assistenza personale del farmacista, risparmia o rischia di buttare via i suoi soldi, perché l’autosuggestione rende il prodotto meno efficace? E’ un dubbio che potrebbe diventare sprone a migliorare ulteriormente il consiglio in farmacia. In quelle reali, ovviamente.

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