Rapporto Oasi: “a distanza” fino al 70% dei contatti medico-paziente. Le ricadute sulle farmacie

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La pandemia ha modificato profondamente il rapporto tra i medici di famiglia e i loro pazienti, incoraggiando nuove prassi e abitudini che persistono anche dopo l’emergenza e si riflettono anche sul lavoro della farmacia. È una delle evidenze che arrivano dal Rapporto Oasi, l’indagine con cui l’Osservatorio delle aziende sanitarie italiane, il think tank del Cergas-Sda Bocconi, analizza a cadenza annuale fenomeni e tendenze della Sanità pubblica. Nell’edizione 2024, pubblicata a dicembre, è compreso un capitolo interamente dedicato ai cambiamenti dei modelli di servizio praticati dalla medicina generale. In particolare, gli autori (Giulia Broccolo, Francesca Guerra e Francesco Longo) analizzano le nuove modalità con cui i mmg gestiscono oggi contatti, richieste e visite dei pazienti, con particolare attenzione alla digitalizzazione e ai percorsi della ricetta.

L’aumento dei contatti da remoto

Uno dei dati più significativi riguarda il netto aumento delle interazioni a distanza tra medici di medicina generale e pazienti. Per indagarlo sono stati intervistati 78 medici di tre Asl: Lecco, Romagna (aree di Ravenna e Forlì-Cesena) e Napoli 1. Dalle risposte (vedi tabella sotto) emerge che oggi fino al 69% delle comunicazioni tra medico e assistito avviene per telefono, e-mail o messaggistica istantanea (sms o Whatsapp), con gli accessi fisici che si riducono a quote tra il 31 e il 43%.

 

 

La propensione dei pazienti per le diverse opzioni di contatto divergono anche profondamente da un’Asl all’altra: a Lecco i canali più utilizzati sono l’e-mail e il telefono (vedi sotto), in Romagna
invece il mezzo preferito è il telefono seguito da Whatsapp/sms e dall’accesso in ambulatorio senza appuntamento. A Napoli, i pazienti prediligono l’accesso in ambulatorio senza appuntamento e il contatto telefonico, che potrebbe essere anche il riflesso di una diversa organizzazione territoriale dei servizi o una minore familiarità con il mezzo digitale.

 

 

Lato medici, invece, non si percepiscono fattori determinanti. Non lo è l’età, perché le risposte fornite dal campione dicono che in tutte le fasce (under 35, 36-55 anni e over 55) prevalgono sempre le interazioni da remoto, a prescindere dal contesto geografico. Neanche il numero degli assistiti in carico sembra incidere: al variare del bacino, infatti, resta stabile la prevalenza delle interazioni da remoto. Infine, non pare avere effetti l’organizzazione del lavoro: che il medico operi in singolo, all’interno di una medicina di rete o di una medicina di gruppo, i contatti gestiti da remoto risultano sempre maggioritari, con la sola eccezione di Napoli per le medicine di gruppo (vedi sotto).

 

 

Anche lato pazienti l’indagine sembra escludere l’intervento di fattori clinici o anagrafici: l’età, osservano gli autori, non pare influire sulla frequenza delle interazioni da remoto, che prevalgono dappertutto anche se la forbice risulta più ristretta nell’Asl partenopea. Neanche dal tipo di esenzione, per reddito, patologia o invalidità, emergono differenze significative: a Lecco i contatti da remoto ammontano a circa il 70% in tutte le classi di esenzione, in Romagna sono intorno al 65% e a Napoli si aggirano sul 58% per tutti i cluster.

 

 

Infine, l’indagine ha analizzato l’andamento di contatti da remoto e in presenza rispetto alle prestazioni assicurate dal medico. A tal fine, gli autori hanno selezionato quattro servizi chiave per frequenza ed erogazione (da remoto o in presenza): prenotazione di visite, prescrizione di farmaci, prescrizione di esami e consultazione dei referti (visione esami). I risultati dicono che la prenotazione dell’appuntamento è il servizio per cui si utilizza quasi sempre un canale virtuale (96% dei contatti a Lecco, 88% in Romagna, 67% a Napoli), seguito dalla prescrizione di farmaci. Anche per la prescrizione degli esami si utilizzano spesso canali digitali (con l’esclusione della Romagna). La consultazione dei referti è invece l’unica attività per cui Infine, un’attività in cui
prevale ancora l’interazione personale, esclusa Lecco dove per tutti e quattro i servizi chiave si registra una prevalenza di accessi da remoto (vedi sopra).

Le ricadute per le farmacie

L’indagine non esplora le ricadute che la crescente digitalizzazione dei contatti tra medico e paziente comporta per altri attori, a partire dalle farmacie: ammesso che chiedere e inviare ricette via mail o Whatsapp riduca il lavoro dei mmg, non c’è il rischio che scarichi sul farmacista quella parte della relazione (domande sulla terapia o sull’assunzione dei farmaci prescritti) che l’assistito fa fatica a gestire da computer o smartphone? «In realtà le nostre ricerche affermano il contrario» è la risposta di Erika Mallarini, docente della Sda Bocconi «la comunicazione via mail o Whatsapp è per lo più asincrona, quindi il paziente trova più naturale riscrivere un’altra volta al medico per chiedergli un dettaglio in più o una domanda che la prima volta aveva dimenticato. La comunicazione a distanza, in altri termini, riduce il bisogno di chiedere informazioni aggiuntive al farmacista, anche se le cose cambiano in base alla categoria e alla dimestichezza con lo strumento digitale».

Di certo, e siamo al nocciolo, la crescita progressiva dei contatti a distanza autorizzerebbe le farmacie a porre sul tappeto la richiesta di una remunerazione del consiglio professionale legato a specifiche categorie di pazienti o medicinali. In Francia, per esempio, le farmacie percepiscono un onorario professionale di 0,66 euro a ricetta, che diventano 1,55 se la ricetta riguarda un paziente over 70 e crescono di altri 0,30 euro in caso di ricetta “complessa”. «Sono assolutamente d’accordo» commenta Mallarini «se sui prodotti dell’area commerciale la consulenza del farmacista può giustiicare un prezzo al pubblico più alto, nel caso dei farmaci rimborsati dal Ssn, soprattutto ora che è cambiata la remunerazione, sarebbe legittimo che le farmacie rivendicassero un onorario professionale aggiuntivo per quelle casistiche dove è più facile che il paziente chieda consulenza e sostegno, soprattutto ora che la relazione con il medio di famiglia avviene a distanza più spesso di prima».

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