Ci sono innanzitutto l’industria e i distributori intermedi, ma anche le farmacie, a seguire con il fiato sospeso l’esame in commissione Bilancio di Montecitorio della Manovra per il 2025, che all’articolo 57 ridistribuisce da industria a grossisti uno 0,65 % di spettanza (dal 66,65 al 66% e dal 3 al 3,65% rispettivamente). Il destino del provvedimento – che al comma 2 aggiunge dal 2026, sempre a beneficio dei distributori, anche una quota fissa di 0,05 euro per ogni confezione di farmaco Ssn recapitata alle farmacie – dipende dalla strada che faranno gli emendamenti presentati in Commissione dai gruppi parlamentari: degli oltre 4.500 depositati originariamente, soltanto 650 hanno superato il vaglio di ammissibilità e nei prossimi giorni sono previste ulteriori scremature che dovrebbero ridurre a non più di 250 le proposte di modifica da discutere in Commissione.
Il cammino dunque è ancora lungo ma al momento gli emendamenti all’articolo 57 restano ancora in corsa. Sono cinque in tutto: tre (57.2 primo firmatario Malavasi, Pd; 57.3 Loizzo, Lega; 57.4 Boschi, Italia Viva) si limitano a chiedere la cancellazione dell’articolo; gli altri due (57.5 primo firmatario Cappellacci, Forza Italia, e 57.6 Cattoi, Lega) riscrivono estesamente il provvedimento con potenziali effetti anxche sulle farmacie.
Il più interessante è senz’altro l’emendamento Cappellacci 57.5, se non altro perché era stato anticipato da rumors di cui Pharmacy Scanner aveva dato conto la settimana scorsa. La proposta, in sostanza, sostituisce l’intervento sui margini dell’industria con una riforma della remunerazione dei grossisti ispirata a quella delle farmacie, cioè una quota a confezione del 3% sul prezzo al pubblico al netto dell’iva più una quota fissa pari a 0,05 euro. La nuova remunerazione dovrebbe entrare in vigore da marzo 2025 e – precisa testualmente l’emendamento – la quota margine del 3% «è equipollente alla quota di spettanza stabilita dall’articolo 11, comma 6, del decreto legge 78/2010 e si applica in sua sostituzione per i farmaci erogati sulla base della disciplina convenzionale». Tradotto, il 3% deve intendersi come «quota minima» incedibile dai grossisti a titolo di sconto (sottinteso: alle farmacie).
L’emendamento, in sostanza, sembra confermare le anticipazioni della settimana scorsa, che davano l’industria pronta a rispondere “all’esproprio” sui suoi margini con una controproposta che avrebbe spostato la palla nel campo della distribuzione (e nella rete delle farmacie): se i grossisti sono allo stremo, è l’argomentazione dei produttori, è perché “cedono” una parte cospicua delle loro spettanze ai farmacisti; anziché prendere dall’industria, basta togliere questo vizio alla distribuzione intermedia.
Da notare che in passato la medesima argomentazione è stata messa sul tavolo anche dai grossisti, che non hanno mai fatto mistero di vedere in un irrigidimento delle quote di spettanza una soluzione alla debolezza negoziale del comparto (rispetto al segmento che sta più a valle, quello delle farmacie). Per questo motivo, l’impressione del momento è che se l’emendamento Cappellacci dovesse alla fine passare i distributori non si straccerebbero le vesti. Anche se, nei giorni scorsi, Adf e Federfarma Servizi (ossia le due sigle del comparto) si sono schierate apertamente a favore dell’articolo 57 nella sua versione originaria, più che altro per difenderlo dalle bordate dell’industria: «Le misure a sostegno dei distributori intermedi indicate nel ddl Bilancio» dice Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi «sono di vitale importanza per tutto il comparto e non sono più rinviabili. Ignorare la fragilità della Distribuzione intermedia, anello centrale ma notoriamente il più debole della filiera del farmaco, significa mettere a rischio l’intero sistema sanitario nazionale, con ricadute economiche e sociali che finirebbero per causare difficoltà e carenze di medicinali ai cittadini». «È finalmente maturata la consapevolezza» aggiunge Walter Farris, presidente di Adf «che le nostre aziende, schiacciate da anni di sotto-remunerazione e sempre più gravate da costi crescenti, non potrebbero che tagliare pesantemente il servizio e ridurre quindi numeri e volumi delle forniture dei medicinali con ripercussioni sia sulle aziende fornitrici sia sulle farmacie e quindi sui pazienti».
Più difficile, infine, che trovi sostenitori l’emendamento Cattoi (57.6), che riduce allo 0,21% la quota di spettanza che l’industria dovrebbe cedere ai grossisti e abbassa a 0,01 euro la quota fissa a confezione che i grossisti riceverebbero dal 2026. Insomma la partita è aperta e i rumors dicono che i distributori la stanno seguendo con particolare attenzione: per molti di loro il 2024 rischia di chiudersi ancora peggio del 2023 e senza interventi il futuro si prospetta incerto.