Carenza di personale: qualche riflessione sulle variabili del problema dopo la ricerca TradeLab

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Arrivano indicazioni interessanti dalla ricerca Generation Next che TradeLab ha presentato di recente a Milano e che mette sotto la lente l’ormai nota crisi di attrattività che affligge la farmacia (riassunta spesso erroneamente nel concetto “non si trovano farmacisti”, quando invece i farmacisti ci sono ma non vogliono lavorare al banco). Tutte le indagini che si sono occupate del tema hanno messo a nudo le variabili che spiegano la maggior parte delle difficoltà con cui deve fare i conti chi oggi recluta farmacisti: retribuzione, crescita professionale, conciliazione vita-lavoro, inquadramento contrattuale, formazione. Cercherò al riguardo di proporre alcune indicazioni come se fossi davanti a un cliente che sta cercando personale, quindi tutt’altro che dogmatiche ma improntate al pragmatismo.

Proporre al farmacista una retribuzione migliore. Parto da questo punto perché rappresenta la variabile più importante. Pensare di essere attrattivi puntando soltanto sul progetto professionale, sul brand o sul modello di business è sbagliato: nessun candidato accetta di cambiare lavoro soltanto per sfida professionale, se accanto non c’è anche un crescita economica. Leggo che è in vista l’apertura delle trattative per il rinnovo del Ccnl e che in cima alle richieste c’è la rivalutazione dei trattamenti, ma a quanto ammonterà questa rivalutazione? Dubito che potrà modificare significativamente il potere d’acquisto dei salariati, quindi meglio che i titolari comincino a proporre a tutto il team la condivisione del rischio imprenditoriale, impostando obiettivi quantitativi e qualitativi (perché non conta solo il fatturato) per fare in modo che a fine mese/trimestre la busta paga del farmacista sia più robusta.

Sempre nella stessa ottica, le farmacie più evolute potrebbero proporre ai collaboratori delle quote della società di gestione, conferendo specifiche deleghe su innovazione, sviluppo dei servizi, digitalizzazione. I farmacisti giovani sono molto più attenti a questi temi e spesso più competenti del titolare, se si dà loro responsabilità e fiducia crescono le competenze all’interno della squadra e cresce anche la farmacia stessa. Capisco che questa opzione sia complicata, complessa e non banale, ma la situazione è grave e urgono formule non ancora cavalcate. Anche il welfare personalizzato è una strategia che – soprattutto le catene – stanno attuando con un relativo successo. Ma è bene dirlo, la retribuzione batte il welfare (se si può quindi meglio investire nella prima).

Crescita professionale. La farmacia è un’azienda piccola, con pochi ruoli. Diventa quindi fisiologico che il percorso che il farmacista può calcare preveda poche opzioni, numerabili forse sulle dita di una mano nella migliore delle ipotesi (nelle catene: farmacista, responsabile di reparto, direttore, area manager e district manager). Su questo punto quindi non credo che si possa pensare a una rivoluzione; punterei allora sulla creatività, organizzando ruoli e responsabilità di team e facendo ruotare le persone per dare modo di vivere crescite verticali e spostamenti orizzontali e in questo modo condividere le conoscenze.

Formazione. È un punto strategico per ogni azienda e quindi non smetterei mai di investire in questa direzione. Credo che oggi catene e reti siano già orientare per dare ai loro team e ai farmacisti le competenze necessarie a stare sul mercato. Responsabilità di ogni farmacista è cogliere queste possibilità, che spesso sono anche gratuite e di livello, per restare aggiornato e
competitivo.

Infine, lo ripeto da tempo a tutte le aziende: le persone cambiano lavoro e quindi se ne andranno. Si è abbassato notevolmente – e per fortuna – il tempo medio di permanenza di un dipendente in azienda. Attualmente in Italia è ancora alta (12 anni contro i 3/5 degli Usa) ma è un bene per le persone, per le aziende e infine per il paese che si cambi periodicamente lavoro e organizzazione, ci si confronti con nuove realtà e nuove sfide professionali, si affrontino problemi complessi da punti di vista diversi e con team eterogenei: così nascono le nuove idee e si fa innovazione. Quindi non abbiate l’aspettativa che i vostri dipendenti rimangano per sempre in azienda: il cambiamento, se non è mordi e fuggi, è un bene per tutti.

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