Se la multicanalità è un concetto che industria e filiera farmaceutica devono ancora metabolizzare compiutamente, per il consumatore più evoluto si tratta di cosa già vecchia e superata. Perché oggi, ciò che chiede al mondo del retail e delle aziende la fascia dei cosiddetti millennials (cioè gli italiani nati a partire dagli anni ’80, i “nativi digitali”) è omnicanalità, ossia un’integrazione ancora più profonda tra fisico e digitale. Talmente profonda da rendere persino impalpabile la stessa dicotomia fisico/digitale. Questo il messaggio che Sandro Castaldo, docente di marketing alla Sda Bocconi e senior partner di Focus Management, ha lanciato nel suo intervento al convegno organizzato lunedì 23 ottobre dall’Osservatorio consumi privati in sanità dell’ateneo milanese.
Professore, qual è la differenza tra multicanalità e omnicanalità e perché oggi la distribuzione, Pharma compreso, deve inseguire il secondo concetto piuttosto che il primo?
Con il termine multicanalità si definiscono le strategie messe in campo dalle aziende per presidiare più canali di vendita, virtuali e reali. Spesso però tali strategie mirano innanzitutto a scongiurare l’overlapping, ossia la cannibalizzazione tra canali di vendita: caso tipico quello dei produttori che hanno in catalogo marche diverse per la grande distribuzione o il discount da un lato e per il negozio specializzato o la farmacia dall’altro. Ma oggi, di fronte a un consumatore sempre più “digitalizzato”, queste politiche stanno perdendo di significato. E le aziende devono abbandonare la multicanalità per l’omnicanalità.
Cioè?
Ormai il consumatore passa indifferentemente da un canale all’altro e pretende la stessa esperienza di acquisto, cerca gli stessi prodotti da confrontare e valutare. I percorsi di acquisto si fanno sempre più spesso seamless, cioè senza soluzione di continuità tra canale fisico e digitale, perché mobile e social, così come internet delle cose e domotica, spingono all’integrazione dei due mondi. Con uno smartphone in tasca, possiamo navigare dovunque e in qualunque momento.
E quali sono le conseguenze che devono trarre le aziende?
Serve un nuovo approccio: non si può più ragionare per compartimenti stagni, occorre avere una visione d’insieme; non importa più quanti clienti comprano offline e quanti online, contano le vendite nel loro insieme. E’ un cambiamento di prospettiva tutt’altro che facile da mettere in campo. Non a caso chi sta facendo i primi passi con maggiore disinvoltura sono i cosiddetti “pure player”: l’apertura di un negozio fisico da parte di Amazon nell’aprile scorso dimostra che il gruppo ha ben chiara la logica dell’omnichannel.
Serviranno investimenti, riorganizzazioni…
Innanzitutto va messa in campo una chiara strategia sorretta da adeguati investimenti. Come detto, si deve affermare una visione d’insieme che consideri in modo integrato tutti i canali. E occorre un grande impegno sul fronte dei sistemi informativi, dove va adottato lo stesso approccio “seamless”: devo tracciare i percorsi del consumatore in tutti i suoi salti da un canale all’altro, devo assicurare ai miei brand una visibilità a 360°, devo essere presente in tutti i touchpoint che usa il cliente.
Finora abbiamo parlato di aziende, ma è facile immaginare che l’omnicanalità sia un concetto con cui deve familiarizzare anche la farmacia…
Ovvio. Il cliente che quando acquista integra fisico e digitale si aspetta di fare la stessa cosa anche in farmacia. Alla base ci sono sempre le stesse esigenze di informazione, la stessa ricerca di shopping experience.
Molti farmacisti titolari pensano che il tema non li tocchi perché il loro pubblico è prevalentemente anziano…
E’ un pensiero di molti retailer, ma occorre ragionare anche in termini di investimento: i giovani di oggi sono gli anziani di domani. Il digitale è lo strumento con cui agganciarli e poi portarli nel punto vendita.
Un’altra paura piuttosto diffusa tra i retailer è che l’omnichannel possa fare nel tempo piazza pulita delle filiere: aziende e grossisti venderanno direttamente al pubblico e la distribuzione finale verrà scavalcata…
Non è così. Comunque, la maggior parte dei consumatori continuerà a frequentare i punti vendita a prescindere da dove poi concluderà l’acquisto. Ci sarà senz’altro una rivoluzione delle filiere, ma il negozio continuerà ad avere dalla sua il vantaggio competitivo dell’assortimento: l’industria può offrire soltanto i suoi prodotti, il retailer molto di più. Il caso di Amazon che ho già citato lo dimostra: l’omnicanalità farà emergere nuovi player, ma il consumatore di oggi preferisce l’one stop shopping, trovare tutto in un unico punto vendita. Difficile dunque che l’industria riesca a scendere a valle, piuttosto potrebbero scattare integrazioni o partnership tra retailer e grossisti, ma il patrimonio di contatti e fiducia di cui godono i rivenditori – e la farmacia in modo ancora maggiore – sono insostituibili.