Focus Management: c’è un problema sicurezza con il cliente che compra abituamente cosmetici in farmacia
Anche nel mercato della bellezza ci sono corsi e ricorsi storici. E se nel primo semestre, causa lockdown e chiusure forzate, la profumeria se l’è passata nettamente peggio della farmacia (-38,5% a valori contro -3%, dicono i dati di Cosmetica Italia), nella fase 2 le cosa hanno cominciato a prendere un altro verso, con le profumerie in progressiva ripresa e la farmacia più in affanno di prima a causa dei nuovi focolai settembrini.
Il fatto è che quando tutti i canali di vendita sono aperti e in competizione reciproca, la farmacia risente rispetto agli altri della propria immagine di presidio sanitario frequentato da malati o da persone che hanno malati in casa. E se già questa “fama” scoraggia il cliente che acquista nell’extrafarmaco, diventa ancora più dissuasiva per il consumatore di cosmetici. Lo conferma un’indagine condotta recentemente da Focus Management: se in media più di un italiano su due (68%) percepisce la farmacia come un “focolaio” di infezione, tra i clienti che comprano cosmetici nel canale (almeno un prodotto negli ultimi due mesi) la quota sale al 74%.
«E’ un segnale che impone attenzione» commenta Erika Mallarini, associate partner della società di ricerche «perché se è vero che stiamo parlando di persone che comunque hanno comprato in farmacia, è altrettanto vero che il dato non va sottovalutato: perché il cliente del cosmetico che non si sente sicuro rinuncia al consiglio e sceglie i prodotti abituali per non sostare troppo. E quando è interessato a qualcosa di nuovo si rivolge all’online oppure – se c’è bisogno di provare o avere assistenza – va in profumeria. I dati sono eloquenti: nei tre mesi successivi al lockdown la farmacia ha recuperato un po di terreno principalmente sui solari, la profumeria su tutto».
Per Mallarini, è allora indispensabile che i farmacisti mettano la questione sicurezza in cima alle loro priorità. «Quasi tutti i canali del retail hanno concentrato l’attenzione su questo tema: molti hanno fatto tanta comunicazione, ma c’è anche chi ha avuto la sensibilità di intervenire su lay out e display. Un esempio? Se prima la matrice era la calata, perché l’occhio spaziava dall’alto verso il basso e trovava il suo punto di maggiore attenzione a media altezza, adesso c’è la tendenza a preferire un’esposizione orizzontale, perché il cliente non si sofferma più sui prodotti come prima. Anche l’uso dei materiali ha il suo impatto: nel cartone covid resta attivo molto più a lungo che altrove, quindi molti lo hanno del tutto eliminato».
Altro tema da mettere sotto la lente, infine, la comunicazione. «Occorre rassicurare e dare visibilità alle misure di igiene e prevenzione» spiega Mallarini «un cliente che vede che nel punto vendita sono applicate scrupolosamente le regole del distanziamento si sente più sicuro. In molti punti vendita, ormai, si usa il QRcode per dare informazioni dettagliate al pubblico. Non dico che debba fare la stessa cosa la farmacia del paesino di montagna, ma quella di Milano dovrebbe considerare seriamente questo genere di comunicazione».