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Wearable, quale spazio in farmacia per il mercato dell’e-health

Mercato

Si chiamano “wearable”, cioè indossabili, e rappresentano l’ultima frontiera del digitale applicato alla salute: fanno parte della categoria gli smartwatch da polso che tengono traccia dell’attività fisica quotidiana, i dispositivi wi-fi che monitorano la qualità del sonno o vigilano sulle nostre abitudini alimentari, i tracker e i sensori inseriti in magliette o guanti che rilevano i parametri vitali gli occhiali per la realtà aumentata. Quello dei wearable per la salute e del più ampio segmento dell’Iot (internet of things, internet delle cose, termine che indica tutti i prodotti con chip e trasmettitore radio che si collegano al web come uno smartphone) rappresenta un mercato in espansione anche se ancora acerbo: nel 2017 si sono venduti in tutto il mondo 115,4 milioni di dispositivi, una cifra forse non eclatante ma in crescita del 10,3% rispetto all’anno precedente. Si fa fatica a trovare dati sul mercato italiano, ma sondaggi e ricerche dicono che le potenzialità ci sono. Si può citare per esempio l’indagine Total Retail 2017 di Pwc, dalla quale l’Italia emerge come il Paese europeo dove si registra più interesse per i wearable: il 55% degli italiani afferma di possedere o ha intenzione di acquistare un dispositivo indossabile, perché questi device monitorano e migliorano lo stato di salute dell’individuo.

 

 

L’indagine, poi, mette in evidenza la forte connotazione salutistica che il consumatore italiano vede nei wearables: la maggior parte del campione, infatti, utilizza o è disposto a utilizzare un dispositivo wearable per tenere traccia del fitness quotidiano o per monitorare attività che sono strettamente legate al benessere.

 

 

Se la fotografia del mercato italiano scattata da Pwc è corretta, diventa allora valida anche per le farmacie di casa nostra la domanda che qualche mese fa si poneva la rivista americana Dsn per le farmacie d’Oltreoceano: non c’è il rischio che il canale arrivi tardi alla “festa”? Appurato che per il pubblico italiano come quello americano i “wearable” rientrano a tutti gli effetti nel mercato dell’e-health, vale la pena che le farmacie se ne interessino o il business può essere lasciato a quei canali che già lo stanno cavalcando, online in prima fila? Negli Stati Uniti, riferisce la rivista, tra i primi a lanciarsi nel settore dell’Iot c’è (guarda caso) Walgreens. E con ottimi risultati, a quanto pare. «I dispositivi indossabili abbinati alla nostra app per smartphone non sono una moda passeggera» dice a Dsn Jim Graham, senior manager Walgreens delle relazioni con i media. «Le tecnologie per il fitness e il monitoraggio della salute hanno un enorme potenziale. Una volta che inizi a monitorare frequenza cardiaca, pressione sanguigna e aderenza al farmaco, apri meravigliose opportunità per pazienti, farmacisti e medici per condividere dati in tempo reale, per modificare trattamenti e migliorare la salute».

Conferma Frank McGillin, direttore commerciale di Waltham: «Proprio perché non ci troviamo di fronte a una moda passeggera, il farmacista può fare la differenza: la sua expertise consente di seguire meglio e più da vicino il paziente, aggiornarlo, raccogliere dati e, ultimo ma non meno importante, creare partnership commerciali anche con le aziende tecnologiche più all’avanguardia. Governare questo segmento ripagherà coloro che apriranno la strada».

L’accenno ai dati svela il vero tesoro che si cela dietro a questo mercato. «Le reali opportunità che i wearable offrono alla farmacia» spiega Alexis Norman, dirigente della divisione B2B digital health di Nokia «riguarda la disponibilità di dati di consumo aggregati provenienti dai dispositivi per la perdita del peso, per la glicemia o per il cuore». Non fosse chiaro, basta dire che Fitbit, azienda leader nel mercato dei wearables, ha registrato in dieci anni di business dati cardiologici per 90 miliardi di ore e 8.500 miliardi di passi, informazioni biometriche per 167 miliardi di minuti di fitness, dati sulla qualità del sonno per 5,4 miliardi di notti.

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