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Votino: il cliente infedele si riconquista non con il prezzo ma conoscendolo

Consumatore

Nel retail la parola d’ordine del momento è fiducia: fiducia del consumatore da conquistare, conservare, consolidare. Perché la fiducia genera fedeltà e tutte le ricerche più recenti concordano sul fatto che oggi chi acquista è sempre più infedele: il 35% degli italiani, dice Nielsen, cambia prodotto di spesa in spesa per inseguire attivamente i nuovi lanci; il digital, avverte Gfk, sta generando «consumatori infedeli, ondivaghi, molto difficili da prevedere e trattenere»; i brand, spiega una ricerca di Bain-Gfk, perdono in un anno il 62% dei propri consumatori (il 66% tra le marche meno note).

Poi c’è la fiducia verso l’insegna, con altri dati che invitano a riflettere: il canale discount, dice un’ulteriore ricerca di Gfk, vanta un indice di fedeltà del 21,2% (quota di acquisti sul totale), che rende ormai vicino il sorpasso sull’ipermercato (24,7%). E il discount, fa notare il marketer Gianluca Diegoli nel suo blog Minimarketing, non fa ricorso a programmi fedeltà, così come non li ha Amazon. Che però, dice Diegoli, «ha la fedeltà più elevata del mondo». Qual è allora la bacchetta magica? Per Antonio Votino, capo della divisione loyalty & direct marketing di IcTeam Lutech group, la risposta è semplice: «Il discount fidelizza con il prezzo, che è una leva di loyalty efficace ma “stupida”. Amazon invece non ha bisogno di programmi fedeltà perché è già in grado di profilare dettagliatamente il cliente grazie alle sue ricerche online e ai suoi acquisti; il box dei prodotti consigliati che appare sulle pagine di chi naviga sul marketplace è il risultato di quelle informazioni ed è una potentissima leva di fidelizzazione, perché è come se Amazon dicesse: ti conosco così bene che riesco a immaginare che cosa ti potrebbe servire».

Secondo gli esperti, il colosso dell’e-commerce continuerà a lavorare sui suoi algoritmi per migliorare ulteriormente questa vera e propria “capacità di consiglio”. Il medico e ingegnere Peter Diamandis, presidente di X Prize Foundation, arriva addirittura a prevedere che in futuro l’assistente di Amazon sarà in grado di gestire gli acquisti per conto nostro: basterà chiedergli, per esempio, “comprami una crema protettiva” e lui selezionerà tra i dermocosmetici il prodotto più adatto alla nostra pelle e ai nostri gusti (green, marca preferita eccetera).

«Al di là di previsioni e squarci di futuribile» riprende Votino «i casi rappresentanti da discount e Amazon dimostrano che le insegne hanno due strade per creare fedeltà: allettare il cliente con il prezzo oppure cercare di conoscerlo, forse anche meglio di quanto lui stesso si conosca. La prima opzione si addice poco alla farmacia, ma la buona notizia è che dalle esperienze maturate finora emerge netta un’evidenza: dove la leva promozionale fa perno non sul prezzo ma sulla loyalty generata dalla conoscenza del cliente, cioè la seconda opzione, il margine dei singoli prodotti è particolarmente positivo. E se la promozione è abbinata all’utilizzo di una carta fedeltà, arriva a superare quello dell’intera categoria merceologica di riferimento».

Per Votino, dunque, sbagliano i farmacisti titolari che diffidano delle carte fedeltà così come sbagliano i farmacisti che invece usano la leva promozionale come fanno i discount, ma senza la stessa consapevolezza. «Esistono oggi strumenti per la gestione economica del punto vendita» ricorda «che consentono di governare in tempo reale le attività promozionali: controllo dei costi, livelli di redditività eccetera. Il fatto è che se oggi molte farmacie fanno fatica a gestire i prezzi, definire la marginalità o controllare stock e flussi finanziari, è perché non dispongono di applicativi che consentono di amministrare direttamente nel punto vendita promozioni e gestione continuativa della clientela, mantenendo in evidenzia i costi e i ricavi di ogni attività».

In particolare, continua Votino, «la gestione del conto economico delle promozioni deve rispettare alcuni principi chiave: le decisioni devono essere informate, cioè basarsi su dati ed evidenze; i costi promozionali devono essere correlati ai ricavi d’esercizio, attraverso una visione del ciclo di vita del cliente (cioè del tempo complessivo nel quale ripete i suoi acquisti nel nostro punto vendita) e del suo contributo ai costi e ai ricavi; occorre prudenza, perché ogni promozione, anche gestita via mail, deve essere considerata anche per i costi presunti o per quelli che si manifestano dopo la chiusura della promozione stessa, in termini di mancati acquisti futuri; infine occorre arricchimento informativo, ed è qui che entra in gioco la carta fedeltà: è con tale strumento, infatti, che chi non è Amazon può raccogliere informazioni continuative su consumi e preferenze del consumatore, provenienti dalle analisi delle vendite per famiglia o per categoria merceologica».

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