Tavolo e-commerce, ecco i paletti del Ministero sull’home delivery: obiettivo, salvare la Pianta organica
Consegne soltanto nel territorio del comune, o anche nei comuni limitrofi se gli abitanti sono meno di 20mila. E niente farmaci (cioè nomi, immagini o prezzi) sull’app del provider, che deve limitarsi a mettere in contatto il cliente con la farmacia. Sono alcune delle disposizioni con cui il ministero della Salute si appresta a inquadrare l’home delivery del farmaco per colmare il vuoto normativo in cui oggi si muovono gli operatori del settore. Ad anticiparle Gabriella Guasticchi, direttore generale Dispositivi medici e farmaci del dicastero, nella seduta del tavolo sull’e-commerce di martedì scorso (30 settembre), che ha ripreso a lavorare collegialmente dopo quasi un anno di pausa.
Come Pharmacy Scanner aveva anticipato la settimana passata, la riunione è servita per illustrare le proposte messe a punto dal Ministero con il duplice obiettivo di aggiornare la legislazione sull’e-commerce e soprattutto normare compiutamente l’home delivery, come da tempo chiedevano Federfarma e altri. Esplicito, in tal senso, l’intervento iniziale della delegazione della Fofi, che ha individuato nell’attuale «vuoto normativo» la molla che spinge alcuni operatori a «superare i limiti fissati dall’ordinamento nazionale alla vendita online dei medicinali» e fare e-commerce sui farmaci con ricetta. Sulla stessa linea Federfarma Servizi: è «incoerente» un sistema che detta regole severe per produttori, distributori e farmacie ma si rivela «lasco» con l’home delivery.
A queste sollecitazioni, il Ministero intende rispondere con un pacchetto di interventi normativi che, come ha spiegato in avvio dei lavori il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, dovrebbe trovare posto nel nuovo Testo unico sulla farmaceutica, il decreto legislativo che il Governo dovrebbe varare per la fine del 2026 (il ddl delega è stato presentato la settimana scorsa). In particolare, le misure per l’home delivery si preoccuperanno – come ha detto Guasticchi – di «preservare il ruolo centrale del farmacista: non intendiamo rinunciare a questa intermediazione perché altrimenti vengono a mancare qualità e sicurezza del servizio».
Da questo principio discendono una serie di paletti: per cominciare, «divieto assoluto per gli intermediari digitali (i corrieri di home delivery, ndr) di effettuare la vendita, mostrare i medicinali con foto e prezzi, gestire i pagamenti». Questi ultimi, in particolare, dovranno avvenire soltanto in farmacia, direttamente oppure attraverso il sito online della farmacia stessa. Non solo: se il sito diventa una piattaforma di intermediazione (attraverso il quale, cioè, i pazienti inviano la ricetta dem, pagano e ordinano il farmaco per riceverlo a domicilio) l’esercizio dovrà esporre il bollino europeo delle farmacie online, anche se formalmente non fa e-commerce. Possibile anche esporre il logo del provider con cui viene proposto il servizio di home delivery, per informare i pazienti e consentire loro di seguire la consegna sull’eventuale app del corriere.
Altro paletto che si preannuncia severo, la distanza: il destinatario dovrà risiedere nel comune in cui è ubicata la farmacia, fatta eccezione per i centri con meno di 20mila nel qual caso il limite si estende ai comuni limitrofi. Questo, hanno spiegato i tecnici del Ministero, per preservare la pianta organica, «che serve a garantire la sostenibilità di una rete di cui non possiamo fare a meno». Gli effetti però rischiano di essere paradossali: si afferma nelle premesse di voler difendere il rapporto tra paziente e farmacista, ma con questa limitazione un cliente che fa il pendolare e ha la sua farmacia di fiducia vicino a dove lavora (per esempio Milano), non può chiedere al farmacista che meglio lo conosce di recapitargli i farmaci a casa perché abita in un altro comune (per esempio Trezzano sul Naviglio, quasi 22mila abitanti).
Giro di vite, ancora, sui requisiti dei corrieri: le norme in arrivo imporranno esplicitamente il rispetto delle Norme di buona distribuzione, il che significa contenitori coibentati per la conservazione dei farmaci alle temperature indicate e niente trasporti promiscui (il flacone dello sciroppo assieme ai cartoni delle pizze, come ha detto qualcuno). E la consegna dovrà essere completata entro 48 ore dall’ordine, «salvo motivi di urgenza esplicitati e concordati», sempre allo scopo di preservare la Pianta organica e quindi la sostenibilità della rete. Anche se qualcuno tra i partecipanti al tavolo si è mostrato scettico sull’efficacia di questi paletti: è il caso, in particolare, della delegazione di Federfarma, che ha ricordato l’esistenza di catene di farmacie con «90, 100, 150 punti vendita e un’unica partita iva», che possono consegnare in centinaia di comuni senza violare il limite dei confini territoriali e delle 48 ore.
Ma in tema di home delivery dal tavolo del Ministero ha fatto capolino anche un altro potenziale rischio: l’ha evocato la delegazione della Conferenza delle Regioni, allorquando ha chiesto alla dg Guasticchi se le regole prospettate dal dicastero riguarderanno anche «la distribuzione da parte delle strutture pubbliche, o se sarà specificato che c’è possibilità anche di un home delivery anche da parte delle strutture pubbliche». In altri termini, hanno chiarito ulteriormente le Regioni, andrà «eventualmente chiarito che la consegna domiciliare non è un servizio esclusivo delle farmacie del territorio, perché confliggerebbe con l’attività di home delivery che viene fatta per i soli farmaci della distribuzione ospedaliera da parte delle strutture pubbliche». Non s’è parlato di Pht, ma a qualcuno al tavolo il pensiero sarà certamente venuto.
Molto più snella, invece, l’esposizione delle proposte normative che in tema di e-commerce metterà a punto il Ministero: di fatto, l’unica vera novità consiste in un’apertura nei confronti delle app, dalle quali le farmacie potranno fare e-commerce (limitatamente ai farmaci senza ricetta) al pari del loro sito internet. Impossibile fare altrimenti, hanno fatto notare i tecnici del dicastero, considerato che «oggi il grosso della promozione, della distribuzione e della vendita passa attraverso smartphone e tablet, che non esistevano nel 2009 (quando venne adottata la direttiva sull’online, ndr)». Via libera, quindi, alla possibilità di vendere anche attraverso gli applicativi per mobile, a patto però che anche su queste piattaforme venga esposto con la dovuta visibilità il bollino che certifica l’autorizzazione della farmacia al commercio online.
Nessun cenno, infine, a un’apertura nei confronti dei marketplace (Amazon e simili, per intenderci) secondo gli indirizzi della sentenza della Corte di giustizia europea del gennaio 2024. Si capirà qualcosa di più quando il Ministero farà pervenire ai partecipanti al tavolo una bozza scritta delle proposte, sulla quale – come ha detto Guasticchi – saranno ancora possibili minimi ritocchi.