Skin ADV

Servizi in farmacia, continua il dibattito: quando sono redditivi e quali errori non fare

Filiera

Servizi e telemedicina ancora sotto i riflettori dopo l’articolo di Pharmacy Scanner della settimana scorsa sulla farmacia di Trieste che in un anno ha totalizzato circa 400 ecg. Tanti i commenti sui social da parte di farmacisti e titolari: ci sono stati quelli che, sentendosi forse sfidati, hanno messo sul tavolo i loro numeri (anche migliori), quelli che hanno fatto i loro complimenti alla collega friuliana e infine coloro che si sono chiesti quali utili ricavi dai servizi la farmacia triestina, con il malcelato sospetto che la sua attività fosse di fatto in perdita. Come avevamo scritto, l’obiettivo del servizio non era quello di fare i conti in tasca a nessuno (cosa che peraltro avrebbe richiesto il suo tempo) ma soltanto fornire un riferimento con cui misurare le medie – non proprio brillanti – alle quali sta viaggiando una buona parte delle sperimentazioni regionali in corso sulla farmacia dei servizi.

È fuori di dubbio, in ogni caso, che ha ragione chi sottolinea che non si può ragionare su organizzazione e gestione dei servizi in farmacia senza tenere sott’occhio il conto economico, ed ecco allora che torniamo volentieri sul tema affrontando di petto l’argomento sostenibilità (economica). Con tre domande secche che abbiamo girato a consulenti e manager della farmacia, per mettere a confronto le loro opinioni e offrire nuovi contributi al dibattito.

 

I servizi di telemedicina possono generare un utile oppure vanno valutati principalmente per il traffico che portano e il contributo che danno all’immagine della farmacia?

Emanuele Mormino, founder di Pharmaway, non ha dubbi: se si è ben organizzati, dalla telemedicina si possono ricavare utili anche interessanti. «Ci sono ben altri servizi che la farmacia propone in perdita senza stare a farsi troppe domande» osserva «per esempio il profilo lipidico oppure la misurazione della pressione, quando per farla il titolare compra una macchina che costa anche cinquemila euro e poi offre il servizio gratis». Nelle farmacie che assiste, continua Mormino, si contano a regime tra le 500 e le 600 prestazioni di telemedicina all’anno, il 60% circa ecg e il 35% holter. «E tutte» rimarca «una volta superato il periodo di rodaggio ci ricavano un utile». Alessandro Orano, ceo di Skills Management, sottolinea invece l’importanza della pianificazione: «I servizi professionali sono da approcciare con serietà e la farmacia che li affronta senza un supporto e un piano serio rischia di perdere tempo e soldi. Peraltro, mi sembra poco saggio affrontare un impegno così complesso pensando solo a generare traffico, ad aiutare i propri clienti o a farecross selling. Devono essere pensati come centro di profitto e ricevere i necessari investimenti». Non nasconde qualche scetticismo, invece, Damiano Marinelli, altro noto consulente della farmacia. «Io non sono contro i servizi anzi» avverte «però troppo spesso rivedo tra i farmacisti titolari mentalità e approcci che erano della cosmesi quando tutte le farmacie dovevano avercela. Qualcuno una volta mi ha detto: io con il beauty fatturo 200mila euro all’anno. E io gli ho risposto: va bene, ora togli l’iva al 22%, calcola qual è il tuo margine al netto degli sconti e sottrai i costi, c’è il rischio che alla fine vai in perdita. Stesso discorso sui servizi: per farli bene servono almeno due stanze, se usi personale dedicato ti sobbarchi costi in più e se invece usi i collaboratori già in forza alla farmacia sottrai addetti alla vendita: ogni farmacista serve in media sei clienti ogni 30 minuti, più o meno il tempo che prende un’ecg, e il margine generato si aggira – sempre in media – sui 45 euro; se fai telemedicina in locali distaccati, poi, non hai neanche l’opportunità di sfruttare il cross selling. La verità? I servizi nel tempo si canalizzeranno in un ristretto numero di grandi farmacie organizzate sul modello delle retail clinic». Propone invece le stesse considerazioni di Mormino Arianna Furia, Customers & channels retail director di Phoenix Pharma Italia/Benu Farmacia: «Monitoriamo attentamente i numeri che producono i nostri servizi» spiega «perseguiamo una strategia incrementale e le nostre analisi dicono che la telemedicina è quella che fa i maggiori volumi. Secondo noi i servizi possono senz’altro generare utili, ma non c’è dubbio che l’apporto più rilevante è sulle vendite abbinate: di queste, il 30% circa è innescata da un’autoanalisi o da un’altra prestazione effettuata in farmacia. Non meno importante, poi, il valore professionalizzante». Per Pasquale De Felice, ceo di Alma Farmacie (che di recente hanno aggiunto al menù delle prestazioni offerte anche il test del dna), è invece una questione innanzitutto di posizionamento: «Se la farmacia vuole presentarsi come un punto di riferimento per la salute delle persone» osserva «occorre che proponga anche i servizi. Che per noi, quindi, sono in prima battuta una scelta di campo, i cui benefici prescindono dalla profittabilità. Che comunque c’è anche se è indiretta, perché i vantaggi arrivano in misura principale dal cross selling».

 

Quanto influisce l’organizzazione sui risultati? E quanto contano la disponibilità di spazi e personale e la comunicazione?

Mormino «Per fare telemedicina servono spazi e non solo: devono essere attrezzati, a prova di privacy ed ergonomici. Le farmacie che hanno iniziato da tempo a proporre la telemedicina hanno fatto “palestra” e compreso le dinamiche ottimali per gestire al meglio tutto il mondo dei servizi. Per esempio, l’esperienza dimostra che i clienti disposti a fare un’ecg anche in uno sgabuzzino o nel sottoscala sono sempre di meno, preferiscono andare in un’altra farmacia». Marinelli «Come ho detto, per farli bene servono spazi adeguati e personale, che hanno un costo. Se hai quattro collaboratori e uno lo dedichi alla telemedicina, significa brutalmente che decurti del 25% la forza lavoro al banco. Fondamentale anche la comunicazione perché non è per nulla scontato che i clienti sappiano cos’è una moc oppure un holter. E la classica lista alla parete o alla porta delle prestazioni offerte non serve a niente, occorre una comunicazione proattiva al banco». Furia «Nelle nostre farmacie dedichiamo ai servizi una stanza riservata, con area di attesa dove gli spazi lo consentono. Per la prenotazione i nostri clienti hanno a disposizione l’app dell’insegna, che stiamo rivedendo, e facciamo parecchia comunicazione, sia in store sia sui social, anche in questo caso con alcuni aggiornamenti in corso d’opera». De Felice «L’organizzazione è fondamentale: i nostri servizi sono sempre offerti in salette dedicate, a erogarli sono i nostri farmacisti e per scongiurare sovraccarichi di lavoro li distribuiamo in fasce orarie ben studiate. Senza contare che lavoriamo tantissimo sulle giornate, in media due al mese per farmacie con punte anche di quattro per alcune. Per ora comunicazione e prenotazioni sono gestite dalle singole filiali ma ci stiamo attrezzando per spostare questa attività sul nostro portale». Orano «I servizi sono una grande opportunità che richiede il supportodi un network, un distributore, un consulente. Non si possono improvvisare facendo un paio di giornate l’anno senza assicurare a tale attività continuità e programmazione».

 

Chi tra voi ritiene che dai servizi e dalla telemedicina in particolare si possa anche ricavare un utile, quale ritiene sia l’ordine di grandezza raggiungibile?

Mormino «A fronte di volumi come quelli di cui ho già detto, cioè 500-600 prestazioni all’anno, l’esperienza sul campo dice che è possibile arrivare anche a 28-30mila euro di ricavi all’anno; questo significa utili che, complessivamente, contribuiscono per l’1-2% al guadagno complessivo della farmacia. A questo poi va aggiunto quello che arriva dal traffico generato: ogni cliente guadagnato è un’opportunità in più, ogni cliente perso una in meno». Furia «I nostri dati dicono che la marginalità sui servizi si aggira attorno al 30-35% e anche noi registriamo mediamente utili che contribuiscono per circa l’1-2% al profitto netto della singola farmacia. Come già detto, va poi aggiunto al conto il 30% circa delle prestazioni effettuate genera una vendita abbinata». Marinelli «I servizi devono dare una marginalità media del 50%, altrimenti non c’è ritorno. Ma ribadisco, la prima cosa cui deve fare attenzione il farmacista titolare è quella di non cannibalizzare l’attività al banco».

Altri articoli sullo stesso tema