L’erosione degli ingressi patita dal canale farmacia nel 2025 (174 scontrini al giorno per farmacia, l’1,1% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) impone una riflessione sulle contromisure da mettere in campo prima che l’emorragia divenga irrecuperabile. E se l’obiettivo è quello di rinsaldare il patto con il paziente, la prima preoccupazione dei farmacisti dev’essere quella di costruire con lui una relazione di valore. È il messaggio che arriva dalla tavola rotonda organizzata venerdì 12 dicembre nell’ambito della terza edizione di Scanner Orizzonti, il forum di Pharmacy Scanner dedicato alla farmacia organizzata. Un confronto serrato, moderato da Gadi Schoenheit di Homnya, che ha messo a fuoco come servizi, loyalty e informazione possano diventare leve di relazione stabile con il cliente, a patto di superare una logica puramente transazionale.
Ad aprire il dibattito è proprio Schoenheit, che ha subito chiarito il senso del titolo: «Quando leggo “come riportare i clienti in farmacia” lo interpreto in positivo, come costruire una relazione continua col cliente, non come riportarlo perché non ci va più». A supporto richiama una ricerca realizzata da Homnya per Cosmofarma nella primavera scorsa su 400 farmacie “high performing”. Tre, secondo lo studio, i lati del triangolo che spiega i risultati: analisi dei bisogni del territorio, forte informazione medico-scientifica – anche nell’area degli integratori – e relazione strutturata con la sanità locale. «Quando queste tre cose funzionano insieme, sei clienti su dieci entrano in farmacia perché hanno un bisogno e trovano un farmacista che lo affronta».
Vincenzo Telesca (MedEA): ««Spesso le farmacie considerano i servizi come la telemedicina qualcosa che si deve fare, non li ritengono un investimento strategico».
Il primo intervento è affidato a Vincenzo Telesca di MedEA, che sposta subito il focus sui servizi e sulla telemedicina. La farmacia, osserva, è ormai a tutti gli effetti un presidio sanitario territoriale, ma spesso continua a considerare i servizi come un’attività “a latere”. «Il servizio viene visto come qualcosa da fare perché si deve, non come un investimento strategico». Da qui la critica al concetto di “farmacia dei servizi” inteso come semplice passaggio dal prodotto al servizio: «Non funziona se il servizio viene dispensato come una scatoletta». L’esperienza di MedEA – centinaia di migliaia di prestazioni gestite – mostra che Ecg, holter e altri esami, se proposti in modo isolato, non creano relazione. «Il paziente entra, fa l’esame ed esce. Non viene ingaggiato».
Carlo Carmagnola (E-fidelity): «I servizi possono diventare uno strumento per favorire il ritorno del cliente: se registro la misurazione della pressione, posso inviare due mesi dopo un sms al cliente per invitarlo a tornare a rilevarla».
La proposta è un cambio di paradigma: il farmacista come “case manager”, capace di prendere in carico il paziente attraverso percorsi per patologia. Cardiovascolare, diabete, ipertensione, sindrome metabolica: «Sono i pazienti che entrano ogni giorno in farmacia e a cui oggi il servizio, inteso come singola prestazione, spesso non viene offerto». Nei percorsi immaginati da MedEA più esami vengono offerti in combinazione – pressione, Ecg, profilo lipidico, fundus oculi – insieme a un’anamnesi strutturata e al supporto finale di un medico internista. «Così si crea continuità, follow-up, relazione». Telesca porta anche esempi concreti, come quello dei disturbi del sonno e delle apnee, intercettabili in farmacia attraverso segnali indiretti e poche domande mirate. «Individuare chi non sa di avere un problema è uno dei valori aggiunti della presa in carico».
Andrea Rota (Curasept): «Nell’igiene orale la sanità territoriale è spesso privata, ma questo non riduce il ruolo del farmacista. Il paziente parodontale viene trattato dall’odontoiatra e poi è seguito sul territorio dal farmacista».
Il dibattito si sposta poi sulla frequenza di visita con Carlo Carmagnola di E‑fidelity. I dati dell’osservatorio loyalty mostrano che, al di là dello scontrino medio, la vera differenza tra i migliori e i peggiori clienti è quanto spesso entrano in farmacia: «Si passa da chi viene ogni due settimane a chi viene due volte l’anno». In un contesto in cui la frequenza tende a diminuire, Carmagnola individua tre leve. La prima è il prezzo, attraverso strumenti come il couponing, già ampiamente usati nella Gdo. «In farmacia il coupon può essere agganciato a 15, 30 giorni, per stimolare il ritorno». La seconda è considerare il cliente tale anche prima e dopo l’ingresso fisico, grazie alla comunicazione e alla presenza sui nuovi media. «Metà del volantino serve solo a ricordare che il punto vendita è lì». La terza leva riguarda i servizi, anche gratuiti, come la misurazione della pressione, trasformati in occasioni di contatto continuo: «Se registro l’evento, posso mandare un promemoria: “Sono sessanta giorni che non vieni a misurare la pressione”».
Alla domanda su come integrare loyalty e percorsi clinici, Carmagnola distingue tra fidelizzazione transazionale e comportamentale. «Non ti premio perché spendi, ma perché fai determinati comportamenti». Il servizio, in quest’ottica, chiude il cerchio: «Si passa dal venire per convenienza al venire perché la farmacia risponde ai tuoi bisogni a 360 gradi».
Altra prospettiva quella proposta da Andrea Rota di Curasept, che riprende il triangolo iniziale soffermandosi su informazione medico-scientifica e relazione con la sanità del territorio. Nel caso dell’igiene orale, spiega, la sanità territoriale è spesso privata, ma questo non riduce il ruolo del farmacista. «Il paziente parodontale viene trattato dall’odontoiatra e seguito sul territorio dal farmacista». Qui torna il concetto di case manager, costruito attraverso relazioni solide con cliniche, università e società scientifiche. «Non vogliamo togliere prezzo, vogliamo aggiungere valore».
Rota richiama anche l’effetto acceleratore del Covid, che ha spinto molti farmacisti verso un modello consulenziale. «Finita l’emergenza, solo il 20-25% ha continuato su quella strada, gli altri sono tornati a un modello distributivo». Da qui l’esigenza di segmentare le farmacie e di lavorare sulla relazione micro-territoriale, anche facendo dialogare informatori che operano presso odontoiatri e farmacie. «La relazione si costruisce facendoli parlare tra loro».
Nella parte finale, il confronto converge sulla formazione. Per Schoenheit, costruire il farmacista case manager significa investire in conoscenza, protocolli chiari, capacità di porre le domande giuste e supporto clinico. «È un lavoro di squadra che richiede visione e team preparati». La promessa è di tornare sul tema con una nuova ricerca che metterà a confronto farmacie high e low performing, approfondendo passaggio generazionale e gestione delle risorse umane. La chiusura, quasi una battuta, riassume lo spirito dell’incontro: fare “case management” anche del dibattito stesso, con un follow-up. «Rifacciamolo tra un anno», propone Schoenheit. Perché la relazione, in farmacia come nei convegni, si costruisce nel tempo.




