Scanner Europa, una nuova rubrica: le farmacie dei Paesi vicini raccontate dai farmacisti italiani che ci lavorano. Prima puntata: il farmacista prescrittore e i servizi
Come lavora il farmacista prescrittore in Inghilterra? E in Francia? Quali sono i servizi offerti con maggiore frequenza dalle farmacie transalpine? E quali, invece, quelli che in Germania le farmacie del territorio erogano in convenzione con le krankencassen, le mutue tedesche? Sono alcune delle domande alle quali dà risposta Scanner Europa, la nuova rubrica di Pharmacy Scanner. Il titolo già dice molto: una volta al mese ci faremo raccontare da tre farmacisti italiani che lavorano all’estero cosa fanno le farmacie dei Paesi dove si sono trasferiti, approfittando della loro esperienza diretta e del fatto che, avendo fatto tirocinio e qualche anno di lavoro nelle farmacie italiane, possono raccontare la loro esperienza all’estero comparandola alla realtà della farmacia italiana.
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Gli ospiti di Scanner Europa

Alessandro Mangiapia (dal Regno Unito)
Vive in Inghilterra, a Leeds, da quasi dieci anni; prima ha lavorato per sei anni in una farmacia del territorio, da quattro invece è in una “Gp practice”, una medicina di gruppo o Casa della salute della salute. «Sono in un team che include quattro medici di base, cinque infermieri e altri tre farmacisti oltre a me», spiega a Pharmacy Scanner «per diventare farmacista prescrittore ho dovuto seguire un corso di sei mesi».

Giovanni Scancariello (dalla Germania)
Lavora da 13 anni in Germania e da sei è direttore manager con specializzazione in medication management (stesura di piani terapeutici, deblistering eccetera). La farmacia che dirige ha una superficie di circa 200 metri quadrati, la metà dei quali dedicati alla vendita. «Il nostro team è di 18 dipendenti» spiega «quattro farmacisti, sei tecnici, tre Pka, ossia magazzinieri, gli altri corrieri che recapitano i farmaci alle Rsa per cui facciamo deblistering oppure ai clienti».

Francesco Scrivo (dalla Francia)
Lavora in Francia da due anni, in una farmacia di Bonnière-sur-Seine, cittadina di 5mila abitanti sulla Senna a un’ora circa da Parigi. «Lavoro qui come farmacista collaboratore» spiega «quando non c’è la titolare sono io a gestire la farmacia perché qua non c’è il farmacista direttore e il suo ruolo lo svolge chi presiede la farmacia. Per i parametri francesi quella dove lavoro è una farmacia “semi-rurale”, perché le rurali sono quelle dei paesini di due o trecento abitanti.
Alessandro, quindi tu sei uno di quei famosi farmacisti prescrittori inglesi che qua in Italia vengono guardati con molto interesse. Cosa fai?
(Mangiapia). Io mi occupo delle prescrizioni, quindi tutto quello che riguarda medicinali, sostituzioni, richieste degli specialisti, richieste dei pazienti. In generale, quando qualche farmaco è carente mi occupo di trovare un’alternativa equivalente o simile.
Materialmente, in che cosa consiste il tuo lavoro? In breve, il medico dopo che ha visitato il paziente lo manda da te perché tu faccia la prescrizione?
(Mangiapia) Anche, ma non solo. Spesso è l’healthcare assistant, una figura simile all’infermiere, che invia da me il paziente, per esempio dopo avergli misurato la pressione: se è alta, gli prescrivo la terapia in base alle linee guida cliniche. La diagnosi invece rimane esclusiva del medico, o quasi.
Ripeti le ricette, anche?
(Mangiapia) Sì, su richiesta dei pazienti oppure in caso di dimissioni dall’ospedale con nuove prescrizioni provvedo a riallineare la terapia, si chiama reconciliation.
Stanno iniziando a proporla anche le farmacie italiane…
(Mangiapia) Sì anche in Inghilterra le farmacie aperte al pubblico propongono questo servizio, in particolare agli studi medici che non hanno un farmacista nel team.
I farmacisti prescrittori lavorano anche nelle farmacie?
(Mangiapia) Certo che sì. Il conflitto di interessi si evita perché il farmacista prescrittore non può mai dispensare quello che prescrive.
Anche i farmacisti prescrittori delle farmacie aperte al pubblico?
(Mangiapia) In questo caso i farmacisti possono prescrivere soltanto in regime privato, cioè a carico del paziente. E dunque possono anche dispensare.
Nel tuo lavoro di farmacista di una medicina di gruppo, come sono i tuoi rapporti con le farmacie del territorio? Ti senti con i tuoi colleghi ogni giorno?
(Mangiapia) Sì, ovviamente, tutti i giorni. Ci sono contatti frequenti e una buona collaborazione, abbiamo persino un gruppo WhatsApp: quando un farmaco risulta irreperibile, chiedo alle farmacie chi ne ha in stock e se una mi dice “io ho dieci scatole” gli invio i pazienti che ne hanno bisogno. In sostanza ci aiutiamo molto.
Questo è un punto interessante: un farmacista che lavora in una Casa della salute, secondo te, agevola i rapporti tra la struttura e le farmacie del territorio?
(Mangiapia) Certo, assolutamente. Stando in contatto con loro, sappiamo direttamente cosa manca e dunque quando e con che cosa sostituire. Così cerchiamo di risolvere nel più breve tempo possibile le mancanze di farmaci.
Potete prescrivere tutti i farmaci o c’è qualche limitazione?
(Mangiapia) Sono tre le categorie che non possiamo prescrivere: metadone, buprenorfina e fentanile sublinguale, in tutti e tre i casi per la terapia disintossicante. Tutto il resto possiamo prescriverlo.
Francesco, vediamo le funzioni del farmacista prescrittore in Francia. Tu in farmacia cosa puoi prescrivere?
(Scrivo) I vaccini e solo due antibiotici, fosfomicina (per la cistite) e moxicillina. In entrtambi i casi, la prescrizione è consentita soltanto dopo aver sottoposto il paziente a un Trod (test rapide d’orientation diagnostique, l’equivalente dell’inglese Poct): se l’esito è positivo, possiamo dispensare l’antibiotico.
E i vaccini?
(Scrivo) Dagli 11 anni in su possiamo prescriverli e somministrarli tutti. Invece, rispetto all’esperienza inglese abbiamo limiti più rigidi. Ho capito, per esempio, che Oltremanica il farmacista può sostituire anche il prinicipio attivo, noi qui in Francia possiamo “switchare” soltanto tra farmaci con la stessa molecola.
Concentriamoci sui servizi, ossia il tema di questa puntata. Ripartiamo dall’Inghilterra: Alessandro, in Italia stiamo seguendo con attenzione la novità rappresentata dal progetto Pharmacy First, che da circa un anno ha affidato alle farmacie del territorio la presa in carico di sette patologie a bassa complessità. In sostanza, i pazienti che si rivolgono al medico per questi disturbi vengono inviati direttamente in farmacia. Sembra però che ci siano un po’ di problemi, molte farmacie fanno fatica a raggiungere il numero di visite mensili che dà diritto alla remunerazione…
(Mangiapia) Invece ce ne sono delle altre che hanno fatto l’opposto, cioè hanno effettuato un po’ troppe visite.
Ecco appunto, raccontaci un po’.
(Mangiapia) Per cominciare, le farmacie che visitano i pazienti devono attenersi scrupolosamente a un protocollo che viene visualizzato sul gestionale e che dice quali domande fare, come proseguire in base alle risposte, le controindicazioni e via a seguire. In caso di problemi, il consiglio è sempre quello di rimandare l’assistito al medico. Tutte le domande e le risposte raccolte in base al questionario vengono salvate e inviate automaticamente al medico, perché appaiono sulla cartella elettronica del paziente.
Sembra però che tra i problemi di Pharmacy First ci sia una certa resistenza dei medici a inviare i pazienti in farmacia…
(Mangiapia) In realtà le case della salute, inclusa la mia, li mandano a frotte in farmacia. Ci sgravano di parecchio lavoro, quindi se c’è la possibilità li mandiamo volentieri.
(Scancariallo) La verità è che molti farmacisti si fanno problemi per le possibili resistenze dei medici. In realtà noi gli facciamo un favore, è interessante vedere che in molti Paesi c’è collaborazione tra farmacisti e medici.
Allora, qual è il motivo per cui con Pharmacy Forst molte farmacie inglesi fanno fatica a raggiungere le visite minime che danno diritto al compenso?
(mangiapia) Le soglie minime aumentano ogni mese, un anno fa dovevi fare una visita al mese per ricevere i mille pound previsti (circa 1.200 euro, ndr), adesso se non vado errato sono trenta. Poi dipende dalle zone e dalle medicine di gruppo, come sono organizzate e che cosa fanno. Noi cerchaimo di mandare alle farmacie quanti più pazienti possibile, perché significa meno lavoro pr il medico che può usare il suo tempo per qualcos’altro di più proficuo. Il problema è che spesso a mandare il paziente in farmacia non è il medico ma un membro dello staff che non è clinico e quindi non conosce il servizio.
Quindi va un po’ migliorata la comunicazione e l’organizzazione…
(Mangiapia) È un problema di training: lo staff amministrativo avrebbe l’opportunità di evitare una visita in ambulatorio ma non lo fa perché non conosce i servizi.
Francesco, veniamo a te. Anche in Francia la farmacia di servizi è molto sviluppata, le farmacie fanno parecchi servizi. Quali sono i più “gettonati”?
(Scrivo) Noi facciamo molti “entretien”, ossia colloqui ai fini della terapia, per esempio con i pazienti oncologici e le donne in gravidanza, nei quali diamo consigli non solo sui farmaci ma anche sull’alimentazione, sugli stili di vita e altro ancora. Poi ci sono le vaccinazioni e la prescrizione degli antibiotici.
Sono offerti da tutte le farmacie francesi?
(Scrivo). No, molto dipende dalle risorse di cui dispone ogni farmacia. Circa un 30% di loro non può permettersi di fare questi servizi, per esempio perché hanno un fatturato inferiore al milione e mezzo di euro e quindi non hanno abbastanza personale, non investono sulla formazione, proprio non sono in grado di organizzarli.
E forse non dispongono nemmeno degli spazi necessari?
(Scrivo) Certo. Le farmacie rurali che operano in paesini di 200-300 abitanti non hanno proprio modo di proporre questi servizi, neanche vaccinare o erogare un tampone per covid.
Spiegaci meglio in che cosa consistono gli “entretien”: sono consulenze orientate alla terapia farmacologica? Consigliate come seguire le terapie e come assumere i farmaci?
(Scrivo) Sì: lavoriamo sulla terapia farmacologica, cioè su quello che già il paziente assume, quindi lo consigliamo perché spesso anche la terapia non è tanto conosciuta, nemmeno quella oncologica. Il paziente va dal medico, che gli prescrive il piano terapeutico ma spesso non sta lì a spiegargli in dettaglio quando assumere i farmaci, come integrarli con quelli che già consuma, quali sono le possibili interazioni o le cautele da prendere con ciò che si mangia (integratori inclusi). In sostanza, facciamo con il paziente il punto delal situazione e lo aiutiamo nella sua routine quotidiana, modificandone i comportamenti quando in qualche modo interferiscono con la terapia o non l’aiutano.
È in questi momenti che fate quella ricognizione farmacologica che invece Alessandro Mangiapia fa nella Casa della salute?
(Scrivo) Esatto. E non solo: nei colloqui con una paziente in gravidanza, per esempio, quando sono tra la 32esima e la 36esima settimana consigliamo il vaccino per la bronchiolite, in modo da evitare problemi al nascituro. E se accettano, le vacciniamo noi stessi.
E questi colloqui li richiede il paziente oppure prendete voi l’iniziativa in base alla persona che avete davanti?
(Scrivo) Li proponiamo noi a seconda dei destinatari del servizio. A volte il gestionale ci invia un alert, per esempio nella vaccinazione contro l’hpv: se il paziente rientra nel range, il monitor ci ricorda di consigliare la vaccinazione. La proponiamo, oppure proponiamo l’entretien se il paziente rientra nelle categorie cui è rivolto, e lui decide.
E la remunerazione è adeguata?
(Scrivo) Si può dire di sì. Il compenso non va al farmacista che effettua il servizio ma alla farmacia, che così può investire nella formazione o in altro personale, perché più siamo e meglio è.
Mediamente, in una settimana quanti colloqui fate nella vostra farmacia?
(Scrivo) Più o meno riusciamo a farne uno al giorno, in questo periodo un po’ meno perché d’inverno siamo presi dai disturbi di stagione e siamo oberati, però verso aprile dovremmo incrementare la media.
Un colloquio al giorno rappresenta un discreto impegno, bisogna che la farmacia disponga di un adeguato organico. In quanti siete nella tua?
(Scrivo) Noi siamo in dieci, tre farmacisti e sette preparatori, ossia l’equivalente del Pharmacy technician inglese e del Pharmazeutisch-technische assistent tedesco.
Di queste figure parleremo in modo più approfondito in una delle prossime puntate, comunque è interessante. Ma la tua farmacia ha quanti metri quadri misura? È grande?
(Scrivo) No, abbastanza piccola: l’area commerciale è circa 70 metri quadri.
E riuscite a starci tutti?
Ci stiamo, ci stiamo. Non dimentichiamo che qui in Francia il tempo pieno è di 35 ore, quindi durante la settimana turniamo: la presenza di solito è di cinque persone, a volte sei.
Alessandro, in Inghilterra le farmacie quali orari praticano di solito?
(Mangiapia) Dipende dall’ubicazione: il contratto base prevede 40 ore settimanali, ma le farmacie che si installano vicino a un’altra farmacia già in attività ne devono associrare 80 alla settimana, quindi un salasso.
(Scancariello) Noi qua facciamo 60 ore, 10-11 ore al giorno su 6 giorni.
Gianni, veniamo a te: raccontaci quali sono i servizi che offrono le farmacie tedesche…
(Scancariello) I servizi in Germania sono una novità recentissima. Il contratto ne prevede cinque: analisi della polimedicazione, accompagnamento del paziente all’uso dell’inalatore per chi è all’inizio della terapia, consulenza sull’ipertensione, misurazione della pressione e consulenza sulla terapia oncologica. In aggiunta le farmacie possono vaccinare, ma solo per influenza e covid.
È un menù piuttosto limitato…
(Scancariello) In effetti non si può confrontare la farmacia tedesca con quella italiana, francese o inglese, perché in Germania la farmacia non è considerata un presidio sanitario come in questi Paesi. Per i pazienti è soltanto un punto di dispensazione del farmaco: il medico mi ha dato la ricetta, vado in farmacia a prendere il farmaco e finito lì. Peccato, perché comunque la qualità della farmacia tedesca è molto alta e i controlli delle autorità sanitarie sono severi. Pensate che a volte a farli sono ispettori in incognito che si presentano al banco come se fossero clienti comuni, per verificare la qualità del servizio.
Però, tecnica da mistery shopper. E i farmacisti titolari tedeschi non spingono per avere più servizi?
(Scancariello) I farmacisti tedeschi purtroppo sono un po’ conservativi, tra loro discutono soltanto di strategie di marketing, rimorsi dalle assicurazioni sanitarie, remunerazione sul dispensato. Non si curano di allargare le competenze, come hanno fatto in Francia e in Inghilterra.
(Scrivo) Quello che ho imparato qui è che i servizi non sono una cosa fine a se stessa: i francesi apprezzano se la farmacia li propone e poi fanno scattare il passaparola; lì fanno il vaccino, lì aggiornano il piano terapeutico per la pressione… secondo me si dovrebbe spingere molto sui servizi.
(Scancariello) Sono d’accordo: io vivo quasi al confine con Olanda e Belgio quindi conosco bene la realtà di questa parte d’Europa e dico che la farmacia italiana gode di una considerazione da parte della popolazione molto alta, cosa che invece non succede né in Olanda né in Belgio né in Germania. Quindi, se in Italia si riuscissero a fare le stesse cose che fanno le farmacie francesi e inglesi, sarebbe un successone.
Questa osservazione dell’immagine di cui gode la farmacia da parte del pubblico è interessante, la rigiriamo subito. Però Gianni prima dimmi una cosa: tu dicevi che la collaborazione tra farmacie e medici in Germania è buona; però quando è stata introdotta la vaccinazione antinfluenzale nelle farmacie tedesche i medici i medici si sono arrabbiati.
(Scancariello) E lo sono ancora.
Allora come sono i rapporti tra farmacie e medici tedeschi?
(Scancariello) Più o meno come in Italia. Serve che si parlino e che si spieghino se vogliono collaborare di più. Posso capire il loro punto di vista sulla vaccinazione, in Germania vaccinarsi in farmacia costa di meno che farlo dal medico…
(Scrivo) Ah i prezzi sono diversi…
(Scancariello) Sì è così, quindi la gente preferisce rivolgersi alle farmacie perché qui in Germania la sanità tedesca è molto cara.
Alessandro, invece in Inghilterra la considerazione di cui godono le farmacie com’è?
(Mangiapia) Le persone si fidano. Quando abbiamo iniziato a fare i vaccini Covid, la gente preferiva rivolgersi alla loro farmacia di fiducia piuttosto che ai centri vaccinali, dove c’erano file interminabili. Noi invece vaccinavamo senza prenotazione e ad apprezzare erano soprattutto gli anziani, che facevano fatica a prenotare online. Venivano da noi e li accontentavamo velocemente, facendo solo attenzione a evitare assembramenti.
Quello dei servizi è un tema molto vasto, sicuramente ci torneremo in un’altra puntata. Intanto però vorrei sapere se, per la vostra esperienza diretta, le farmacie dovrebbero giocare la carta dei servizi? È un’opportunità professionalmente qualificante e va anche incontro a un bisogno della popolazione?
(Scrivo) Senz’altro sì e aggiungo: rende anche più varia la nostra professione. La farmacia che fa i servizi ha un appeal maggiore per chi vuole studiare farmacia e poi diventare farmacista. Quando ho fatto il tirocinio, era per la maggior parte un mettere a posto le scatolette. Mi era passata la voglia di fare il farmacista, che ci sto a fare oltre a stare nascosto dietro al banco a orecchiare qualche conversazione?
E in Francia?
(Scrivo) Quando sono arrivato qua eravamo nel bel mezzo del post-Covid, si facevano i test antigenici. Poi mi hanno proposto di specializzarmi per prescrivere, fare gli entretien eccetera. E in più gestisco i social, faccio video, foto. In sostanza, la giornata è varia e passa prima. Poi ci sono le 35 ore e anche questo ha il suo peso.
Gianni, concordi?
(Scancariello) Certo. Secondo me l’attenzione della farmacia deve spostarsi dalla confezione. Non è facile, ma se vogliamo salvare la farmacia e renderla più attraente per i giovani, che oggi si iscrivono sempre meno a farmacia, dobbiamo cambiare.
Hai toccato un argomento interessante che usiamo per l’ultimo giro di opinioni: in Italia, lo saprete, c’è quella che qualcuno ha definito una crisi della vocazione di farmacista. Nei Paesi dove lavorate, invece, qual è la situazione delle facoltà di farmacia?
(Mangiapia) Gli iscritti ci sono, invece scarseggiano i laureati ma è un problema storico che dipende dal fatto che l’università costa. Quindi la carenza di persona non discende da un calo di vocazioni, ma dal fatto che pochi possono permettersi di iscriversi all’università.
(Scrivo) In Francia invece mancano i farmacisti sia perché molti giovani vogliono lavorare subito, già a 18 o 19 anni. Questo, e il fatto che al primo anno gli studi di farmacia sono comuni con medicina e ostetricia, fa sì che ogni anno mancano circa mille iscritti a farmacia rispetto al fabbisogno, e questo si ripete ormai da tre o quattro anni. È per questo motivo che poi vanno a cercare all’estero, come nel mio caso.
L’università in Francia è gratis?
(scrivo) Non proprio gratis, ma costa meno che in Italia e soprattutto le tasse d’iscrizione non sono commisurate al reddito.
Gianni, in Germania?
(Scancariello) In Germania gli iscritti sono diminuiti tantissimo negli anni, più che in Italia. Per invertire la tendenza le stanno provando tutte, ma purtroppo manca l’appeal. Non è un problema di retribuzione, è proprio un problema di attrattività della professione al banco: molti preferiscono andare nell’industria oppure negli ospedali, eccetera. Probabilmente perché lavorare di notte o fare i turni non interessa.
La prossima puntata ad aprile.