Regolamento Ue sui farmaci veterinari: le ricadute da online e “cascata prescrittiva”

Mercato

Dal 28 gennaio scorso, con l’entrata in vigore del Regolamento Ue 2019/6, anche i medicinali veterinari senza ricetta entrano nel novero dei farmaci che in Europa possono essere venduti a distanza, cioè via e-commerce. Sembra un’apertura simile a quella che l’Unione concesse sei anni fa al commercio elettronico degli otc, in realtà si tratta di un provvedimento dal respiro ben più ampio perché in questo caso vengono meno i confini nazionali: come recita l’articolo 104, i distributori autorizzati possono vendere via internet «alle persone fisiche o giuridiche» stabilite in tutti i Paesi dell’Unione, «a condizione che i medicinali veterinari non siano soggetti a prescrizione e siano conformi alla normativa pertinente dello Stato membro in cui tali medicinali sono venduti al dettaglio».

In parole povere, dal 28 gennaio medici veterinari, allevatori e proprietari di pet possono acquistare farmaci veterinari senza obbligo di ricetta anche da rivenditori online residenti in altri Paesi dell’Ue, a patto che i prodotti acquistati soddisfino le regole del Paese di arrivo. Non a caso, lo stesso Regolamento getta le basi per un’armonizzazione delle procedure nazionali riguardanti la classificazione dei farmaci veterinari (regime prescrittivo) e l’autorizzazione all’immissione in commercio.

 

 

Non solo: in tema di e-commerce, la nuova normativa detta regole di garanzia che ricordano da vicino quelle relative all’e-commerce degli otc: i siti autorizzati alla vendita di farmaci veterinari senza ricetta devono recare un logo di riconoscimento (vedi immagine sopra) e questo logo deve puntare a una pagina dell’autorità regolatoria nazionale dove sono elencati i distributori digitali autorizzati, come succede per il commercio elettronico degli otc. Con la differenza, di cui s’è già detto, che nel caso dei veterinari il consumatore (proprietario di pet, allevatore o medico) può acquistare anche da un retailer estero, che nel suo Paese è autorizzato alla vendita via internet.

In Italia, come scrive in una nota esplicativa il ministero della Salute, possono richiedere autorizzazione e logo le farmacie, le parafarmacie e i grossisti autorizzati alla vendita diretta, nonché «gli altri esercizi commerciali che già vendono medicinali veterinari di cui all’articolo 90 del decreto legislativo 193/2006», ossia i negozi specializzati e le catene del pet shop. E qua già scatta un interrogativo di peso: il Regolamento amplia sensibilmente il novero dei medicinali veterinari senza obbligo di ricetta che in Italia possono essere venduti online, perché finora avevano accesso al digitale soltanto antiparassitari, disinfestanti per uso esterno e medicinali per piccoli animali da compagnia (pesci d’acquario, uccelli da gabbia e voliera, animali da terrario, furetti, conigli da compagnia, piccoli roditori), ossia i prodotti di cui al già citato articolo 90 del d.lgs 193/2006. Diventa allora legittimo chiedersi se, con il nuovo Regolamento, specializzati e pet shop verranno autorizzati a vendere online ciò che offline non possono dispensare, ossia le restanti referenze del “senza ricetta”. D’altronde, che senso avrebbe concedere a questi esercizi il logo europeo e poi lasciare al consumatore l’onere di scoprire che sui loro siti l’offerta di farmaci veterinari è ridotta ad antiparassitari e poco altro?

Qualche chiarimento al riguardo dovrebbe arrivare dalle disposizioni con cui il Governo italiano (come quelli degli altri Paesi Ue) deve definire le indicazioni di dettaglio (anche se il Regolamento di fatto è già in vigore). Da Roma però ancora non si hanno notizie, sebbene altri Stati abbiano già fatto da tempo i loro compiti (la Germania, nel settembre scorso, per esempio).

Intanto però nel Regolamento sono nascoste altre novità di consistente impatto per la farmacia. Una delle più importanti riguarda la cosiddetta “cascata prescrittiva”, ossia il protocollo con cui i medici veterinari individuano un’alternativa al farmaco da prescrivere quando quest’ultimo è carente. Finora, come spiega a Pharmacy Scanner il presidente dell’Anmvi, Marco Melosi, in caso di indisponibilità l’indicazione era quella di ripiegare in prima battura su un farmaco analogo ma destinato a un’altra patologia, quindi su un farmaco indicato per un altro animale e infine su un medicinale per uso umano. Il nuovo Regolamento, che ha tra i suoi obiettivi anche quello di contrastare le carenze facendo perno sul Mercato unico, prescrive invece ai veterinari di anteporre alle soluzioni alternative la ricerca del farmaco indisponibile in tutti i Paesi dell’Ue, anche se il confezionamento non è in lingua italiana.

«Sulla carta questa disposizione è già in vigore» spiega Melosi «e ci trova anche favorevoli, ma perché i medici la applichino mancano gli strumenti. Non si può pensare che il veterinario possa ordinare il farmaco da un distributore finlandese senza nessuna traduzione. Serve una banca dati europea, che già c’è ma al momento è accessibile soltanto all’industria. Andrebbe aperta anche a noi veterinari».

Roberto Valente

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