Continuano ad arrivare indizi inequivocabili sulla crescente stanchezza del consumatore italiano verso le promozioni. Gli ultimi in ordine di tempo arrivano da Nielsen: ad aprile la pressione promozionale nella gdo si è fermata al 30,2%, quasi un punto in meno rispetto all’inizio dell’anno. Calano anche le referenze in promozione, che nello stesso periodo scendono di 0,6 punti e si fermano al 15,3%. Ma soprattutto, calano dello 0,6% (a valori) le vendite dei prodotti promozionati, mentre aumentano del 3,1% quelle degli articoli che non partecipano alle promozioni. In altri termini, l’efficacia delle promozioni continua a calare e nel primo quadrimestre di quest’anno passa in territorio negativo.
Già IRi, qualche settimana fa, aveva fornito dati eloquenti sulla parabola calante delle promozioni: nel 2013 la loro efficacia poteva vantare un indice di 113, l’anno passato si è fermata a 95. Colpa di promozioni sempre meno efficienti nelle tattiche di prezzo (nel 2016 ha fallito il bersaglio il 48% delle iniziative, dice sempre IRi) ma anche di un consumatore che si mostra sempre meno sensibile alle lusinghe di sconti e offerte. E, scrivono diversi osservatori, comincia a chiedersi sempre più spesso quale sia il reale prezzo dei prodotti che acquista.
Daniele Cazzani, partner dell’Osservatorio fedeltà dell’Università di Parma e responsabile Promozioni e Crm di Salmoiraghi & Viganò (Luxottica Group), confuta nel suo blog il principio che i consumatori cerchino soltanto le promozioni: «Il prezzo» ricorda «è sempre un driver importante» ma quando parlano di “risparmio” gli italiani fanno riferimento a concetti diversi: «c’è chi cerca la promozione di prezzo in quanto tale (cherry pickers), chi (money savers) ha un approccio più razionale e attento al value for money; altri ancora guardano al risparmio di tempo o a componenti di servizio (garanzie, servizi post vendita ecc) cui danno valore tanto quanto il prezzo del prodotto acquistato».
L’impressione, continua Cazzani, è che buona parte delle attuali promozioni sembrano nascere da «logiche di breve periodo» e rispondere a «obiettivi altrettanto brevi e tattici» di volumi o sell-out. Ma così «la leva prezzo rischia di diventare un boomerang», perché «mina alle radici il valore dei brand e il suo posizionamento nella mente del consumatore». Inoltre, avverte il blogger, il prezzo è leva facilmente imitabile dai concorrenti.
Perché allora, suggerisce Cazzani, non cominciare a chiedersi se sia possibile far progredire le vendite e assieme la relazione con il Cliente? «La disponibilità di dati sul suo comportamento permetterebbe di declinare la leva promozionale sui singoli, col grande valore aggiunto di definire per ciascun cliente diversi obiettivi: incentivo all’acquisto, aumento dello scontrino, aumento della frequenza d’acquisto. A tutto vantaggio dell’efficacia di tale leva».
La parola “promozione” assumerebbe così nuovi significati, in linea con un modello moderno di retail che valorizza «anche tramite la leva prezzo i contenuti di prodotto e di servizio». Non è un’evoluzione facile, avverte Cazzani, perché incide su consuetudini diffuse che resistono nonostante «i risultati delle odierne promozioni». Ma è in quella direzione che ci si deve incamminare, «per garantire sostenibilità ai conti economici e una base solida a strategie che abbiano orizzonti più ambiziose del solo “oggi”».