Online e delivery, il Ministero apre un tavolo. E sui marketplace l’Ue dà ragione alla Francia (e all’Italia)
L’e-commerce del farmaco sarà al centro di un «approfondimento» che il ministero della Salute condurrà con il supporto di un tavolo tecnico al quale sono state invitate istituzioni e filiera farmaceutica. Ad annunciare la novità una circolare diramata nei giorni scorsi da Federfarma, che cita una comunicazione proveniente dalla direzione generale Dispositivi medici e farmaci del dicastero. Il gruppo di lavoro sarà coordinato dal sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, e avrà per obiettivo quello di analizzare «le problematiche relative all’attività di dispensazione al pubblico di medicinali per uso umano, con particolare riguardo alla vendita online». Anche se, al momento, ancora non è stata fissata una data per il primo incontro.
La lista degli invitati, poi, è nutrita ma sembra incompleta: tra i convocati figurano Farmindustria ed Egualia (generici), Assoram e Adf (ma non Federfarma Servizi), Aifa, Nas e Conferenza delle Regioni, Federfarma, Fofi e Assofarm ma non le sigle delle parafarmacie e della gdo. Incuriosiscono soprattutto queste ultime assenze, dato che i principali “pure player” dell’online farmaceutico (eFarma, Farmaè e Top Farmacia, per esempio) riportano tutti a parafarmacie.
Può darsi che la lacuna sia soltanto apparente e che il Ministero debba ancora far partire tutte le convocazioni, oppure non è da escludere che in realtà il tema dell’online sia solo la “copertina” e in realtà il vero focus sia un altro. Quale? Magari l’home delivery: come si ricorderà, a luglio Federfarma aveva inviato una segnalazione al Ministero in cui chiamava in causa applicativi e piattaforme web «che fanno intermediazione tra paziente e farmacie per la consegna a domicilio del farmaco, incluso il trasporto». La normativa, ricorda il sindacato, vieta la vendita online dei farmaci con ricetta e impone un bollino ministeriale ai siti web che vendono online sop e otc. App e piattaforme non recano alcun bollino ma il consumatore può comunque ordinare a distanza un farmaco con ricetta, con invio del codice nre e pagamento del prodotto o del ticket.
Fa propendere per questa ipotesi anche il fatto che, nella stessa circolare, Federfarma segnala alle farmacie associate «verifiche in corso sul territorio da parte del Nas, su sollecitazione dell’Autorità giudiziaria, relativamente a iniziative locali in materia di consegna dei medicinali a domicilio». Le rappresentanze territoriali del sindacato, quindi, sono invitate «a sensibilizzare le farmacie riguardo all’esigenza di dedicare la massima attenzione alle attività di vendita online e di consegna a domicilio dei medicinali, tenendo conto di quanto a suo tempo comunicato da Federfarma». Forse, se il vero tema al centro del tavolo è stato “sfumato”, è perché sull’home delivery il ministero della Salute aveva già istituito un altro gruppo di lavoro, un paio di anni fa, che però si spense dopo pochi incontri senza produrre nulla.
Si vedrà, intanto però dalla Corte di giustizia Ue arriva un pronunciamento che farà sicuramente da riferimento ai lavori del nuovo tavolo. Si tratta, in sintesi, delle conclusioni dell’avvocato generale, il polacco Maciej Szpunar, sulla causa che vede contrapposti l’Udgpo (Union des groupements de pharmaciens d’officine) e Doctipharma, marketplace francese (di Docmorris) che ospita le vetrine virtuali di diverse farmacie fisiche per ommercializzare farmaci senza ricetta e prodotti dell’healthcare. L’associazione francese, che rappresenta i gruppi di acquisto partecipati dai farmacisti, aveva portato in tribunale Doctipharma perché in Francia (come in Italia, che nel procedimento è intervenuta con una propria memoria) l’e-commerce dei farmaci senza obbligo di ricetta è riservato ai siti delle farmacie in calce e mattoni e non ai cosiddetti portali generalisti.
Nel 2016 il Tribunale commerciale di Nanterre diede ragione all’Udgpo, quindi nel 2019 la Cassazione annullò la sentenza e rimandò la decisione alla Corte di appello di Parigi, che a seguire si è rivolta alla Corte Ue con una domanda di pronuncia pregiudiziale. A metà luglio, quindi le conclusioni dell’avvocato generale, che come noto rappresentano soltanto un orientamento a uso e consumo dei giudici per la sentenza finale (ma spesso ne anticipano le decisioni). Ma cos’ha detto Szpunar? In sintesi, le leggi nazionali che vietano un servizio come quello proposto da Doctipharma sono contrarie al diritto Ue, a meno che «non venga dimostrato che tale divieto sia tanto opportuno quanto necessario per la tutela della salute pubblica». E non c’è dubbio, ha continuato l’avvocato generale, che la tutela della dignità di una professione regolamentata come quella del farmacista, «costituisce un motivo imperativo di interesse generale». Analogamente, «la necessità di garantire una fornitura sicura e di qualità di medicinali al pubblico costituisce un obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone» e stesse considerazioni valgono per «la prevenzione dell’uso irrazionale ed eccessivo dei medicinali non soggetti a prescrizione medica». Ogni misura, ha ricordato Szpunar, dev’essere proporzionata all’obiettivo che si prefigge e non discriminatoria, ma è anche vero che la delicatezza della materia (la salute) autorizza gli Stati membri ad adottare disposizioni cautelative anche quando «l’esistenza del rischio» non è pienamente dimostrata.
Bisognerà aspettare la sentenza di merito della Corte Ue per conoscere l’esito effettivo del contenzioso, ma i farmacisti francesi hanno già accolto come un punto a favore le conclusioni del magistrato polacco. E attendono fiduciosi il pronunciamento finale dei giudici europei. Che avrà anche in Italia orecchie molto attente.