Milano Finanza: Dr.Max in trattative per rilevare Farmacie Italiane (che nega). Cosa si sa e perché la notizia interessa tutti
Dr.Max, che in Italia conta 210 farmacie di proprietà (cui se ne aggiungono tremila in altri cinque Paesi europei), sarebbe in «trattative avanzate» per rilevare Farmacie Italiane, la catena controllata per il 72,65% dal fondo F2i e per il 26,9% da Farmacrimi. A dare la notizia un articolo pubblicato venerdì scorso da Milano Finanza, che fornisce alcuni elementi di dettaglio: Dr.Max, al momento, starebbe negoziando soltanto con l’azionista di maggioranza, ma è molto probabile che il “deal” venga poi allargato anche agli altri soci (oltre a Farmacrimi c’è Medeor, che detiene una partecipazione dello 0,45%), anche perché il gruppo con casa madre a Praga è solito prendersi l’intero pacchetto.
Al momento, tuttavia, dai diretti interessati non arrivano conferme: nessun commento da Dr.Max, dove fonti ufficiose si limitano a ricordare che l’obiettivo è sempre quello di diventare la prima catena in Italia per numero di punti vendita e quindi permane l’interesse a crescere per linee esterne; da Farmacie Italiane, invece, arriva una smentita esplicita anche se con qualche avvertenza. «Non risultano trattative in corso» dice a Pharmacy Scanner il ceo Umberto Gallo «anche se con i fondi – come noto – tutto è in vendita se dall’altra parte arriva un’offerta interessante». In ogni caso, prosegue Gallo, «la nostra priorità rimane quella di completare entro novembre il refinancing per iniziare da dicembre a comprare nuove farmacie, secondo il business plan che ci eravamo dati quest’estate».
Smentite o mancate conferme a parte, tra gli addetti ai lavori la rivelazione di Milano Finanza ha suscitato ben poco stupore: sono almeno un paio di anni che circolano rumors di una imminente “exit” di F2i da Farmacie Italiane, tanto che secondo alcune fonti il fondo – prima di approdare a Dr.Max – sarebbe andato a offrire le sue filiali a Hippocrates. A spingerlo, si dice, l’insoddisfazione dell’azionista di riferimento per le performance della catena: come riferisce il quotidiano milanese, il bilancio del gruppo si è chiuso a dicembre con un fatturato consolidato di circa 250 milioni (260 con l’online), un ebitda di quasi 20 milioni e un utile netto di qualche centinaio di migliaia di euro. Sul piatto poi vanno messi una novantina di milioni di indebitamento, che farebbero quindi lievitare il valore del possibile deal sopra i 300 milioni. Da correggere invece i numeri che fornisce Milano Finanza riguardo alla rete di Farmacie Italiane: sono 44 – e non 51 – gli esercizi che fanno capo all’insegna di F2i, più cinque parafarmacie e un e-commerce (Farmacialoreto.it, che probabilmente Dr.Max terrà fuori dalla trattativa dato che già dispone di un proprio online più performante).
Non resta che attendere gli sviluppi, per i quali però potrebbe essere necessario armarsi di pazienza: Dr.Max, come fanno notare diversi osservatori ricordando i precedenti (per esempio le acquisizioni prima di Valuefarma e poi di Neo Apotek), è solito comprare prendendo le sue controparti “per stanchezza”, cioè dopo logoranti negoziazioni e consistenti limature della richiesta iniziale.
Vale comunque la pena stare alla finestra e aspettare, perché se il deal dovesse essere confermato potrebbe essere l’atto di apertura di una nuova stagione di acquisizioni. C’è attesa, per esempio, per quello che farà l’anno prossimo il fondo francese Antin Partners, che era entrato in Hippocrates nel 2021 con un investimento il cui orizzonte strutturale si aggira attorno ai cinque anni. Ma nel nuovo anno potrebbero concretizzarsi anche altri deal: secondo alcuni rumors, per esempio, Cef starebbe valutando da qualche mese la cessione delle sue 40 farmacie di proprietà, che risulterebbero sempre più difficili da gestire dopo la “gemmazione” di Q Farma.
Il rischio è che quelli che vendono finiscano per essere più numerosi di quelli che comprano, un corto circuito che potrebbe comportare una pesante svalutazione del valore delle sedi farmaceutiche, con un effetto domino lungo tutta la filiera. Anche per questo, c’è chi fa il tifo per i quattro emendamenti al ddl Concorrenza che puntano ad aprire la titolarità della farmacia agli investitori istituzionali con partecipazioni nella produzione farmaceutica o nelle cure sanitarie (oggi soggette a incompatibilità).