Mallarini: ingressi in farmacia e tempo di permanenza in calo strutturale, è disruption da digitale

Interviste

Dietro al calo degli ingressi in farmacia e alla contrazione del tempo medio che il cliente trascorre con il farmacista ci sono le preoccupazioni innescate dalla pandemia, ma anche la progressiva digitalizzazione del paziente italiano, che trova sempre meno ostico e più comodo utilizzare Whatsapp e altre piattaforme di teleconsulto per chiedere informazioni o consigli spiccioli. Ne è convinta Erika Mallarini, associate partner di Focus management, che ai farmacisti titolari lancia un avvertimento: il calo del tempo medio trascorso in farmacia non è un fenomeno transitorio da covid, ma un’evoluzione strutturale che impone scelte di campo.

Mallarini, cominciamo con una fotografia del fenomeno: qual è l’emorragia degli ingressi che sta patendo la farmacia?
In un recente convegno organizzato da Federsalus si è parlato di un calo delle visite del 4,3% annuo. Alcune rilevazioni di Focus Management dicono che prima della pandemia il cliente trascorreva mediamente in farmacia sette minuti a visita, nel lockdown la permanenza è scesa a 2 minuti e nel periodo delle zone gialle è risalito a 4 minuti. Ma la nostra opinione è che siano curve di consolidamento, nei mesi a venire la permanenza tornerà a scendere e probabilmente si assesterà attorno ai tre minuti a visita.

Nessun ritorno al passato, quindi?
Molto difficile. Siamo di fronte a un fenomeno strutturale, che c’entra soltanto in parte con il calo delle ricette conseguente alla pandemia.

E allora da che cosa dipende?
Finora, gli italiani erano soliti andare dal farmacista quando avevano bisogno di un consiglio o di un chiarimento sulla ricetta o sul farmaco prescritto: davanti alla farmacia si passa quasi ogni giorno, il medico non ha la stessa accessibilità. Con la pandemia però le cose sono progressivamente cambiate: un numero crescente di medici ha cominciato a usare mail, sms e Whatsapp per parlare ai loro pazienti e un numero crescente di pazienti ha cominciato a prendere confidenza con i canali digitali. E come rivela un’indagine condotta da Doxapharma qualche mese fa, i curanti stanno apprezzando l’evoluzione.

Sta dicendo, quindi, che con Whatsapp e posta elettronica i pazienti tendono a rivolgersi al medico più spesso di prima?
La ricetta la fa il medico ed è lui che sceglie i farmaci. Ovvio che l’assistito – se può scegliere – si rivolge in prima battuta al prescrittore. Ma il teleconsulto sta piacendo anche ai pazienti: come in tutti i fenomeni, parte prima la ristretta categoria degli innovatori, poi una pausa e in ultimo si accoda la massa. E’ quello che succederà anche con la medicina a distanza.

Quando i medici torneranno a prescrivere come prima, dunque, no tornerà tutto come prima…
I medici di famiglia non potranno più prescrivere quanto prima. La vaccinazione contro-covid assumerà una cadenza annuale, sostituendo la campagna antinfleunzale, e i generalisti dovranno dedicare alla somministrazione molto più tempo. Ne avranno di meno per i loro pazienti, una parte dei quali dovrà spostarsi sull’out of pocket, cioè sulla sanità privata.

I farmacisti quindi come dovranno rispondere?
Dovranno imparare a fare teleconsulto anche loro, dotarsi di piattaforme per comunicare a distanza con i loro pazienti come già stanno facendo i medici. L’industria del farmaco lo ha già capito e sta lavorando in questa direzione, così come sta studiando algoritmi per Alexa l’assistente vocale di Amazon, correlati alle principali patologie.

 

 

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