La farmacia dei servizi piace ai giovani delle generazioni Y e Z, cioè i nati degli anni Ottanta e Novanta, non solo in America ma anche in Italia. Per gli Usa fa testo la ricerca firmata da Wolters Kluwer di cui Pharmacy Scanner ha scritto un paio di settimane fa, per lo Stivale “garantisce” Erika Mallarini, docente della Sda Bocconi. Alla quale abbiamo rivolto lo stesso interrogativo con cui si concludeva l’articolo citato poc’anzi: se anche in Italia le cose stanno come dice Wolters Kluwer, non è che la farmacia sta puntando al target sbagliato?
Professoressa, ricordiamo cosa veniva fuori dall’indagine americana: tra generazione Z e Millennials, più di un giovane su due pensa che si rivolgerà a una farmacia per richiedere una prestazione sanitaria non urgente. I giovani italiani invece?
Le ricerche che abbiamo condotto con Channel&Retail Lab dicono che c’è lo stesso orientamento: in media, oggi il 6-7% degli ingressi in farmacia avviene perché si deve richiedere una pretazione, di questi il 78% riguarda un giovane under 35.
I motivi?
La richiesta principale è un’ecg per ragioni legate all’attività sportiva, oppure una prestazione di autoanalisi. Ma sono molto apprezzati anche i pacchetti per un check up.
La ricerca americana spiegava che la farmacia dei servizi piace ai giovani perché è smart: accesso rapido, attese e burocrazia ridotte…
Vale anche per i giovani italiani, al punto che – sempre secondo le nostre ricerche – più del 50% è pronto a cambiare farmacia se nella nuova trova i servizi di cui ha bisogno. Questo significa che si è disposti ad andare anche un po’ più lontano pur di avere un accesso semplificato a certe prestazioni.
In sostanza, prevale la ricerca della cosiddetta convenience…
Proprio così. Non dimentichiamo che questi sono giovani nati quando le smart clinic odontoiatriche erano già una realtà consolidata. Noi vediamo nelle retail clinic soltanto un’alternativa economica all’ospedale o allo studio odontoiatrico, per loro non c’è niente di negativo in una struttura che opera sulla strada o è ospitata in un centro commerciale. Anzi, di questo modello apprezzano soprattutto due cose. Primo, la trasparenza dei prezzi: entro, chiedo un preventivo e so subito quanto andrò a pagare; secondo, la semplicità: i giovani sono quelli che hanno meno pratica con richieste, impegnative, ricette e così via, preferiscono i percorsi dove alla prima richiesta si riceve subito una risposta. E poi, raramente i loro bisogni rientrano nel campo della cronicità, più spesso siamo nel campo dell’acuzie.
La ricerca diceva anche che queste generazioni n America hanno scarsa simpatia per la farmacia drugstore…
Stesso orientamento per i giovani italiani: farmacia grande o piccola non importa, conta invece la leggibilità di un’impronta commerciale: un’area vendita affollata di espositori e cestoni, insomma una farmacia bazar, convince meno di una farmacia ordinata e ben organizzata, con spazi dedicati e quant’altro. Percepiscono un messaggio di sicurezza.
Una farmacia ben organizzata: vale anche per l’offerta dei servizi? Quanto conta, per questi giovani, che la farmacia abbia un’agenda elettronica e magari consenta la prenotazione online?
Tantissimo, anche perché risponde al loro bisogno di prestazioni accessibili velocemente e in modo smart. Consultare online l’elenco dei servizi offerti dalla farmacia e, sempre online, prenotarsi scegliendo il giorno e la fascia oraria più comoda significa semplificarsi la vita. Queste, lo ricordo, sono persone native digitali, sono abituate ad apprezzare tutte le comodità che derivano da app e mobile.
Un altro tema in qualche modo collegato: nei confronti di questo pubblico, quanto è azzeccata la comunicazione con cui la farmacia reclamizza i suoi servizi?
Purtroppo la farmacia comunica i propri servizi peggio di quanto faccia con tutto il resto della sua offerta. Non solo è inadeguata, è vecchia e incomprensibile. Anche quando l’elenco delle varie prestazioni viene riportato in dettaglio sulle vetrine: quanti clienti sanno che cos’è una Moc, oppure un holter? Il paziente che si vede prescrivere dal medico un esame non fa domande, se ne va con la ricetta in un centro diagnostico e attende il suo turno. Chi si rivolge alla farmacia deve sapere a che cosa serve un certo servizio. Anche la parola autoanalisi andrebbe bandita: occorre spiegare.
I farmacisti, in sostanza, fanno fatica a liberarsi del vecchio retropensiero da ricetta rossa: il paziente che si vede prescrivere un esame dal suo medico, non chiede a che cosa serve ma va semplicemente a farlo…
Questo è anche il motivo per cui le farmacie dovrebbero “lavorare” sulle giovani generazioni: il 72% degli over 65 che si vedono prescrivere un esame chiedono anche al medico un suggerimento sulla struttura cui rivolgersi, quindi nella maggioranza dei casi è lui che orienta. Millennials e generazione Z, invece, sono autonomi e non trovano niente di strano a rivolgersi a un canale diverso dai tradizionali.