Nel primo trimestre di quest’anno gli ingressi in farmacia – calcolati in base agli scontrini battuti – mostrano un andamento “double face”: in calo del 5,2% rispetto ai tre mesi precedenti (ottobre-dicembre 2021) ma in netta crescita sull’anno, anche se con differenze importanti tra esercizi grandi, medi e piccoli. È quanto rivela la fotografia che Francesco Cavone, direttore retail di Iqvia, ha mostrato alla VII Convention di Federfarma.co e Federfarma Servizi, ospitata a Milano Marittima (Ravenna) il 26-27 maggio scorso. Su base mensile, dicono i dati, il 2022 è cominciato con gli ingressi in netta contrazione a gennaio e febbraio (-5 e -19% sul mese subito precedente, vedi sotto), cui poi è seguito un parziale recupero a marzo (+17%). Ne risente il valore dello scontrino medio, che nel primo trimestre si assesta a 25,60 euro mentre nel 2021 aveva superato nettamente i 26 euro.
L’andamento degli ingressi, confronto mese su mese precedente
È evidente che l’andamento degli ingressi nei primi due mesi di quest’anno risente del repentino calo della domanda di tamponi antigenici che ha caratterizzato le ultime settimane di gennaio e buona parte di febbraio, mentre il recupero di marzo è da legare a sua volta al “rimbalzo” dei contagi (e quindi del tracing) scattato attorno metà mese.
L’andamento degli ingressi, confronto mese su mese precedente
Se invece l’analisi non poggia più su base mensile ma annuale (cioè 2021 vs 2020 e 2022 vs 2021), il quadro che ne risulta si fa nettamente più luminoso: gli ingressi crescono in modo costante di trimestre in trimestre per tutti i cluster di farmacia (grande, media e piccola, vedi sopra), a conferma che i consumatori si stanno mettendo progressivamente alle spalle le abitudini acquisite con lockdown e distanziamenti.
Questo però non significa che la normalità pre-pandemica sia stata ripristinata. Come indicano le rilevazioni di Iqvia, infatti, il crescente ritorno dei clienti in farmacia ha privilegiato più i piccoli esercizi che i grandi e i medi. Nel primo trimestre del 2022, infatti, le grandi farmacie (cioè il primo terzo dei punti vendita del canale per fatturato) hanno visto crescere gli ingressi del 6,7% rispetto allo stesso periodo del 2021, le medie hanno registrato un incremento del 6,3% e le piccole dell’11,2%. Lo stesso fenomeno caratterizza l’intero 2021, anche se le distanze sono ridotte: +8,1% per le grandi, +6,5% per le medie e +9,1% per le piccole.
Confcommercio: lavoratori in smart working (mln)
Spiegazioni? La più plausibile, al momento, punta il dito sullo smart working: anche se quarantene e distanziamenti sono finiti, c’è una consistente quota di lavoratori e aziende che ancora non hanno abbandonato il lavoro agile, dunque centri città e distretti dello shopping (dove abitualmente si concentrano le grandi farmacie) ancora non rivedono il traffico di un tempo. Uno studio di Confcommercio diffuso nelle settimane scorse fornisce qualche cifra: nel 2019 gli italiani che avevano la propria abitazione come luogo di lavoro erano appena 184mila, nell’aprile 2020 sono cresciuti a circa 9 milioni e attualmente si aggirano attorno ai 4,5 milioni. E negli anni a venire i numeri, anziché ridursi, potrebbero crescere: secondo un sondaggio condotto dall’associazione commercianti con Swg, circa 6,2 milioni di italiani è pronto a prendere in considerazione l’idea di adottare modelli di smart working stabile, due terzi in modo continuativo e un terzo in modalità mista (2-3 giorni a lavorare in ufficio e gli altri da casa).
Smart working: propensione per comparti
Lo scenario impone una riflessione all’intero mondo del retail: lo smart working ha stravolto i flussi di traffico tradizionali e ha modificato in molte famiglie i percorsi di acquisto abituali, che non passano più dal luogo di lavoro come accadeva un tempo. Nel primo trimestre di quest’anno, osserva Confcommercio, le vendite di beni non alimentari nei negozi di piccola superficie sono cresciute dell’11,7%, una riscoperta del retail di prossimità che secondo l’associazione potrebbe essere legata alla «rivitalizzazione» delle periferie e dei piccoli centri proprio grazie allo smart working.
Ma tra le ricadute del lavoro agile, ricorda Confcommercio, c’è anche il boom dell’e-commerce: nel primo trimestre 2022 le vendite online superano del 60% quelle relative al primo quarto del 2019, l’ultimo trimestre pre-pandemico. Al riguardo l’associazione cita uno studio della sua omologa francese, la Fevad, secondo il quale il 92% dei lavoratori d’Oltralpe in smart working dichiara di avere sostituito con lo shopping online parte degli acquisti effettuati nei negozi tradizionali.
C’è anche un altro dato, di nuovo fonte Confcommercio, che aiuta a cogliere il fenomeno in tutta la sua complessità: a praticare e preferire lo smart working sono principalmente le professioni intellettuali e tecniche e il ceto impiegatizio, ossia coloro che solitamente hanno buona confidenza con internet e computer perché li usano per lavoro. Inoltre, mostrano propensione al lavoro agile soprattutto i più giovani: in particolare, dice di essere favorevole allo smart working il 56,5% dei millennials, e dato che stiamo parlando dei nati dopo il 1980, anche in questo caso siamo di fronte a una categoria di lavoratori perfettamente a proprio agio con internet, app e shopping online.
Home delivery, la progressione nel food con la pandemia
È evidente, dunque, che le dinamiche con cui evolvono gli ingressi nel canale farmacia si faranno nel tempo sempre più complesse. E se sulla carta lo smart working sembra spingere gli ingressi delle piccole farmacie, non va trascurata la propensione all’omnicanalità delle fasce più aperte al lavoro agile, che significa e-commerce e home delivery. Anche riguardo a quest’ultimo tema Confcommercio offre dati eloquenti: rispetto al pre-pandemia il food delivery – ossia il recapito a casa di piatti pronti – ha praticamente triplicato il giro d’affari. E anche questa è un’evidenza sulla quale le farmacie, grandi e piccole, dovrebbero riflettere.