Inflazione al galoppo, consumi a rischio: come lavorare sui prezzi per non perdere clienti e margine
I rincari di energia e materie, scattati prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e ora acuiti dal conflitto, soffiano sull’inflazione e spingono le famiglie a prestare particolare attenzione alla loro spesa. Per i retailer, quindi, sarà importante nelle prossime settimane mettere sotto osservazione l’andamento dei prezzi nei diversi panieri dell’offerta e strutturare gli assortimenti in modo da dare ancora più importanza al valore e alla sostenibilità. E’ il consiglio che arriva da Andrea Petronio, senior partner di Bain & Company, secondo un articolo di Alimentando, periodico rivolto agli operatori del settore food. Le riflessioni proposte nel servizio partono da una fotografia piuttosto preoccupante del presente: a marzo l’inflazione è balzata al 7,5%, i beni alimentari sono aumentati a febbraio tra il 3,2 e il 6,9% e i prezzi del comparto cura persona sono cresciuti sull’anno del 4%.
«Per le imprese i costi operativi sono lievitati a causa dei rincari dell’energia» osserva Petronio «a febbraio il mercato regolamentato è cresciuto del 94% anno su anno, quello non regolamentato del 31%. A marzo è seguito un ulteriore rincaro del 12,5% rispetto al mese precedente». I consumatori, di conseguenza, dovranno vedersela con prezzi in costante crescita, salari reali in contrazione e una diffusa incertezza, dovuta alla crisi russo-ucraina: il prezzo del Brent è aumentato del 44% e le filiere logistiche sono sottoposte a crescenti tensioni, tanto che il tempo trascorso dai container nei porti europei è cresciuto del 36%. In questo scenario, spiega Petronio, le famiglie rivedranno ancora al ribasso la propria spesa: nei consumi più voluttuari, il rischio concreto è quello di un taglio degli acquisti; nei beni essenziali, i cosumatori tenderanno in modo crescente a preferire formule improntate alla convenienza.
Come possono rispondere i retailer? Nell’immediato, è il consiglio di Petronio, occorrerà perimetrare e tenere aggiornato lo spazio di manovra disponibile per lavorare sui prezzi e ridurre i costi di acquisto. Servirà quindi monitorare ancora più serratamente l’andamento dei prezzi e l’umore dei consumatori, per evitare assolutamente “prezzi fuori mercato” sui prodotti di maggiore visibilità. Sarà anche importante avere un’esatta contezza degli effetti reali che i rincari delle materie prime esercitano sui prezzi del sell in, in modo da negoziare solidamente con i fornitori. E occorrerà lavorare sugli assortimenti per indirizzare i consumatori sui prodotti che massimizzano il margine. Senza dimenticare la razionalizzazione di attività non indispensabili: analisi recenti, spiega il consulente di Bain & Company, dimostrano che sono possibili recuperi di efficienza tra il 5 e il 10%.
Sarà opportuno, poi, mettere in campo interventi «visibili e convincenti» per difendere i clienti acquisiti e acquistarne di nuovi: tra questi, Petronio suggerisce la promozione dei prodotti a marchio e un incremento dei prezzi dei prodotti a bassa elasticità (quelli cioè dove eventuali rincari non comprimono la domanda), per proteggere i margini salvaguardando al contempo la leadership di prezzo sui top sellers. Infine, occorrerà ottimizzare l’investimento promozionale evitando di scontare laddove non ci sia un vantaggio tangibile.
«Nel medio termine» conclude l’esperto «occorrerà infine semplificare e ristrutturare gli assortimenti attorno a una proposta per il cliente ancora più focalizzata, di valore e senza sprechi . Sarà necessario localizzare quanto più possibile le forniture accorciando la supply chain. Saranno imprescindibili maggiori collaborazioni di scala con fornitori e partner strategici e bisognerà investire in strumenti, tecnologie e abilitatori con cui accelerare la trasformazione energetica, digitale e sostenibile. Evitando però di catapultare la propria organizzazione e le proprie risorse in una ricerca affannosa di soluzioni di breve impatto».