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Indagine Censis: un italiano su due già usa l’AI per avere informazioni su salute e farmaci

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L’Intelligenza artificiale è già entrata prepotentemente nel mondo della salute: sono infatti quasi uno su due (il 49,6%, per la precisione) gli italiani che dichiarano di utilizzare piattaforme di AI generativa – come ChatGPT, Gemini o Grok – per cercare in rete o nella letteratura informazioni su piccoli disturbi e farmaci senza obbligo di ricetta. Lo dice la ricerca del Censis “L’automedicazione al tempo dell’Intelligenza artificiale”, condotta per Assosalute su un campione rappresentativo della popolazione adulta italiana (stratificato per genere, età e area geografica) con l’obiettivo di indagare l’impatto dei Large language model (Llm, modelli di machine learning in grado di comprendere e generare testo in linguaggio umano) sulle abitudini informative degli italiani.

Il ricorso all’AI, rivela la ricerca, mostra una chiara connotazione generazionale: tra i giovani tra i 18 e i 34 anni la quota di chi utilizza chatbot per informarsi su piccoli malesseri e farmaci sale al 71,2%, mentre tra i 35-64enni si attesta al 63,7% e crolla al 10% tra gli over 65. Anche la frequenza d’uso cambia: il 22,3% dei giovani consulta regolarmente piattaforme di IA, contro il 16,9% degli adulti e lo 0,5% degli anziani. Sul piano territoriale, la diffusione è uniforme, con valori compresi tra il 46% e il 53% nelle diverse macro-aree del Paese.

 

 

La fiducia accordata alle informazioni ottenute dall’AI, dice ancora il Censis, è relativamente elevata ma con differenze significative tra le diverse fasce: il 70,5% di chi utilizza chatbot afferma di riporre “molta” o “abbastanza” fiducia nelle risposte ricevute, tuttavia la fiducia cala drasticamente tra gli over 65 (30,6%), mentre aumenta tra i laureati (75,3%). È un segnale che l’uso dell’AI per la salute si colloca dentro un profilo di alfabetizzazione digitale medio-alto: chi è più abituato a selezionare fonti online tende a percepire queste tecnologie come un ulteriore strumento, non come un sostituto del professionista.

 

 

Il comportamento successivo alla consultazione dell’AI rappresenta uno dei nodi chiave dell’indagine. Il 63% degli utilizzatori approfondisce o verifica le informazioni con medico o farmacista, confermando che il modello italiano di automedicazione resta ancorato a relazioni professionali di fiducia. Ma resta una quota significativa – il 37% – che non effettua verifiche ulteriori. È l’area di maggiore attenzione: l’assenza di confronto con una figura sanitaria apre alla possibilità di interpretazioni errate o sovrastima delle capacità diagnostiche dell’Intelligenza artificiale.

 

 

Nonostante la crescita dell’uso delle piattaforme, avverte comunque la ricerca, l’autorevolezza del medico resta «inscalfibile», come la definisce il Censis: il 75,9% degli italiani è convinto che competenze, esperienza e capacità di giudizio del medico rimarranno sempre superiori all’AI. Parallelamente, il 77,9% ritiene che le tecnologie non potranno sostituire il rapporto umano con il professionista sanitario. Al tempo stesso, però, il 44,8% pensa che l’Intelligenza artificiale diventerà in futuro più affidabile anche sui temi della salute.

 

 

Il quadro che emerge, dall’indagine, in sintesi, è quello di una popolazione che usa l’AI come estensione delle fonti informative, non come sostituzione del medico o del farmacista. L’automedicazione rimane un modello maturo, fondato su familiarità con i farmaci e capacità di riconoscere la soglia oltre la quale è necessario rivolgersi a un professionista. Tuttavia, l’ingresso in scena dell’Intelligenza artificiale introduce un “gradiente di rischio” nuovo: la possibilità che una parte degli utenti più intensi maturi un’eccessiva autosufficienza decisionale, scivolando fuori dal perimetro dell’automedicazione responsabile.

Le riflessioni finali del Censis, di conseguenza, sottolineano tre priorità: promuovere canali digitali certificati e riconoscibili per fornire informazioni affidabili su piccoli disturbi e farmaci senza ricetta; rafforzare il dialogo tra cittadino, medico e farmacista anche dentro l’ecosistema dell’AI; sostenere un processo di “upgrading” dell’alfabetizzazione sanitaria, così da rendere l’AI uno strumento utile anziché una scorciatoia rischiosa. L’Intelligenza artificiale, è l’avvertenza conclusiva, non è una minaccia al modello italiano dell’automedicazione responsabile ma un nuovo terreno in cui tale modello deve essere attivamente difeso e aggiornato. Non c’è inazione possibile: la sfida è orientare l’evoluzione, non subirla.

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