Il 58% di chi ha fatto la spesa online durante la crisi non l’aveva mai fatto prima e di questi l’83% di dichiara che continuerà anche nel post-covid. In questi tre mesi di pandemia, inoltre, il 21% degli italiani ha cambiato negozio di riferimento e un terzo ha sperimentato nuovi brand. Sono le tre evidenze di maggiore interesse per i farmacisti titolari tra quelle che emergono dall’ultima ricerca condotta da Nielsen e Business School del Politecnico di Milano sotto l’egida dell’Osservatorio Multicanalità. Lanciata per fare il punto su consumi, retail e online alla vigilia dell’avvio della cosiddetta fase 2, l’indagine mette sotto i riflettori il Largo consumo ma propone anche alcune istantanee del nuovo consumatore in tempi di covid che la farmacia non può trascurare.
C’è innanzitutto la digitalizzazione: nella settimana del 20-26 aprile, dice Nielsen, l’e-commerce della gdo ha avuto un picco del +305%, per poi stabilizzarsi nei giorni successivi attorno a un tasso del +150%; nello stesso periodo, aggiungiamo noi sulla scorta delle rilevazioni di Iqvia, l’online della farmacia è cresciuto del 105% ma due settimane prima, all’inizio di aprile, l’incremento aveva raggiunto il +138%.
La spinta impressa da covid alla digital transformation del nostro Paese, in sostanza, ha l’effetto di un “time-lapse”, quelle riprese a fotogrammi accelerati che condensano in pochi secondi intere ore di girato. «In qualche settimane siamo andati avanti di cinque anni» commenta Stefano Cini, marketing analytics director di Nielsen «siamo atterrati in un’era futura dove acquisti e fruizione dei media utilizzano la tecnologia digitale».
Attenzione però: l’online ha ricevuto da covid un’accelerazione spaventosa, ma – come dice Cini – «se il digitale è tutto, non tutto è esclusivamente digitale». Si affermano così due fenomeni in apparente contraddizione: da una parte il boom dell’e-commerce (e dei pagamenti digitali così come di home delivery e click&collect, che non incontrano più le resistenze di un tempo), dall’altra la riscoperta del negozio fisico di prossimità dall’altra. Tiene unite le due tendenze l’omnicanalità, che fa balzare dai grandi marketplace digitali ai piccoli negozi di vicinato un consumatore ormai avvezzo a muoversi disinvoltamente tra online e fisico. L’omnichannel, avverte non a caso Cini, è la chiave con cui le aziende possono capire come muoversi nel post-covid.
Ma il ritratto del consumatore che affronta la fase 2 mostra anche altre evidenze: per cominciare è più povero, non solo economicamente. «Sarà una grossa sfida spingerlo a ripristinare i consumi non essenziali» osserva Cini «e sarà importante farlo anche trovando strade alternative a sanguinose strategie promozionali». E poi è spaventato: il 58% ritiene che l’emergenza non sia del tutto superata. E così, anche nella fase 2 lo shopping resta quello “sincopato” del lockdown: la frequenza di spesa cala del 13%, lo scontrino medio aumenta del 27%, raddoppia il numero di referenze nel carrello. E nel fresco le vendite di prodotti a peso fisso in confezioni di plastica crescono di quasi quattro volte rispetto agli sfusi a peso variabile, un’evidente segnale dell’attenzione estrema per igiene e sicurezza che contraddistingue chi compra.
Il consiglio finale che arriva dall’Osservatorio, quindi, è quello di lavorare su ecosistemi omnicanale basati sulle reali esigenze dei consumatori. «Occorre conquistare spazi di relazione e fedeltà prima e dopo l’acquisto» dice Giuliano Noci, ordinario di Strategia e marketing al Politecnico di Milano «si deve lavorare non tanto sulla fedeltà del cliente, quanto piuttosto sulla fedeltà al cliente».