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Foresti (Centro medico Santagostino): sì, vogliamo comprare farmacie

Filiera

Tutto vero: il Centro medico Santagostino, gruppo della Sanità privata con una quindicina di poliambulatori concentrati nel milanese e un fatturato 2016 che ha toccato i 15,7 milioni di euro (+43% sull’anno precedente), ha tra i suoi progetti quello di entrare nel mondo del retail farmaceutico e acquisire farmacie. Un ingresso soft, per piccoli passi, che mira a esplorare nuove formule nell’offerta di servizi e cure. Conferma a Pharmacy Scanner Luca Foresti, amministratore delegato di Società e salute spa, la holding di “venture capital sociale” cui fa capo il Santagostino.

Foresti, allora è fondato ciò che si dice: siete effettivamente interessati a comprare farmacie…
Sì, è così. Tutto nasce da una constatazione: con l’apertura della proprietà delle farmacie al capitale, si svilupperà una nuova offerta di servizi destinati a generare vero valore per i consumatori e per i farmacisti. Le esperienze maturate finora sono state di corto respiro, mi aspetto che con l’arrivo delle catene si svilupperanno ibridazioni tra i diversi canali del mercato della salute. E dato che il nostro gruppo coltiva da sempre una forte propensione a innovare, anche noi vogliamo dire la nostra.

Nell’ultimo numero di Pharmacy Scanner abbiamo dato notizia della partnership siglata negli Usa dalla catena di farmacie Publix e dal gruppo ospedaliero Bay Care, con la quale le due società presidieranno reciprocamente i due canali. Sarà il vostro stesso paradigma?
La sanità americana ha peculiarità che sconsigliano paralleli. Noi ci muoviamo sulla base della realtà che affronta il paziente di casa nostra quando si deve curare, anche se “paziente” è una parola che mi mette a disagio perché suggerisce l’idea dell’attesa. Il fatto è che oggi la sanità è un sistema di compartimenti stagni che frantuma il “patient journey”, cioè il percorso sanitario dell’assistito. Risultato, i pazienti sono sommersi da un carico cognitivo pesantissimo: spetta a loro capire a chi rivolgersi e dove andare, perché nessuno li informa e li guida, oppure lo fa male o in modo insufficiente.

E chi dovrebbe fare da “Virgilio” del patient journey?
Questa è la proverbiale domanda da un milione di dollari: chi sarà il pivot? Al momento io non ho una risposta e i potenziali candidati sono parecchi: il medico di famiglia, la farmacia, l’ospedale, i poliambulatori territoriali, le Ats lombarde (le ex Asl riorganizzate dalla riforma sanitaria regionale, ndr). Una cosa è certa: chi domani troverà la risposta giusta acquisirà un vantaggio competitivo enorme.

E’ per questo quindi che avete deciso di entrare nel retail farmaceutico? Quante farmacie intendete comprare?
Per ora siamo interessati a comprarne una soltanto, a Milano. Vogliamo muoverci un passo alla volta perché sappiamo di entrare in un comparto che non conosciamo e soprattutto non abbiamo alcuna idea sul modello migliore da mettere in campo. Si tratterà quindi di fare esperienza per distillare un format che andremo poi a replicare.

Recherà l’insegna del gruppo?
Posizionamento e brand rientrano tra le scelte tattiche, le valuteremo quando sarà il momento.

Punterete a una formula come quella del poliambulatorio Santagostino di Milano-piazzale Corvetto, dove farmacia e struttura sanitaria hanno ingressi affiancati?
In realtà abbiamo già due poliambulatori, Milano-Corvetto e Buccinasco, che operano in prossimità di farmacie, nessuna delle quali – lo sottolineo – è di nostra proprietà. E il prossimo anno ne apriremo un terzo Brescia. Siamo convinti che la concentrazione fisica delle strutture agevola il paziente, ma non basta. Serve anche la concentrazione dei dati, che non significa soltanto cartella clinica condivisa ma anche interconnessione: se c’è bisogno di una visita, devo poterla prenotare in qualunque struttura mi trovi, accedendo alle disponibilità tanto della sanità pubblica quanto di quella privata.

A proposito di sanità privata: quali sono i suoi clienti abituali?
Bisogna distinguere: un 10% circa è costituito da persone coperte da polizza sanitaria collettiva, come quelle stipulate di recente nel commercio o nel comparto metalmeccanico; si tratta di un pubblico eterogeneo che va dai manager e dai quadri aziendali agli operai. Poi ci sono i consumatori “out of pocket”, quelli cioè che pagano prestazioni ed esami di tasca propria. Si tratta di persone dalla buona capacità di spesa, con una vita lavorativa spesso intensa, che non vogliono aspettare i tempi della sanità pubblica. Il nostro gruppo ha sviluppato un’offerta a costi contenuti che si rivela particolarmente competitiva quando l’assistito Ssn deve pagare il ticket: la nostra è una strategia che coniuga qualità del servizio, tempi di risposta rapidi e prezzi che reggono il confronto con il pubblico.

E’ una strategia applicabile anche nella farmacia?
Certamente. Nell’etico non rimborsato e nel non etico è possibile offrire prodotti e servizi dove a prezzi ridotti corrispondono grandi volumi.

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