Anche se in determinate circostanze sono una scelta pressoché obbligata, quella degli acquisti diretti è un’opzione che le farmacie dovrebbero sempre soppesare con attenzione. Perché non è sempre vero che l’incremento di marginalità connesso al “direct-to-pharmacy” si traduce poi in un reale guadagno per il farmacista titolare. È l’avvertimento che Erika Mallarini, docente della Sda Bocconi, ha lanciato nei giorni scorsi in una discussione originata dall’articolo di Pharmacy Scanner che due settimane fa riportava gli ultimi dati di Iqvia sugli acquisti diretti.
Professoressa, proviamo a riassumere: attenzione a fare i vostri conti, lei dice, è vero che con un acquisto diretto la farmacia mette assieme il margine del distributore e quello del rivenditore, ma non è detto che questo si traduca in un incremento del Gmroi. Ossia?
Il Gmroi, cioè Gross margin return of investment, misura il ritorno dell’investimento non sulla singola confezione di un prodotto, ma sulle giacenze di magazzino di quello stesso prodotto. Nel retail è ormai il principale parametro di riferimento: il Roi, Return of investment, lo usano i fornitori, perché a loro interessa vendere bene. Il Gmroi invece ti dice non solo se vendi bene, ma anche se compri bene.
Tradotto per noi comuni mortali?
Faccio un esempio che propongo spesso all’università: diciamo che voglio comprare un appartamento per investire, cioè da affittare. Ne trovo uno che posso mettere in locazione a 500 euro al mese e un altro da 1.200 euro al mese. Quale scelgo?
Provo a dare la risposta anche se sarà certamente sbagliata: quello da 1.200 euro…
E infatti è sbagliata. La risposta giusta è: dipende da quanto costano i due appartamenti, ossia dal capitale che devo investire. I farmacisti che guardano soltanto a quanto intascano per ogni confezione venduta è come se guardassero esclusivamente all’affitto. Il Gmroi, invece, dice quanto rende l’investimento in rapporto alla giacenza media, ossia alle scatole in magazzino. Cioè al costo dell’appartamento, per tornare al nostro esempio.
Pane al pane e vino al vino: negli acquisti diretti il fornitore tende a “sovraccaricare” la farmacia, cosa che non accade quando il farmacista acquista dal distributore. Sta dicendo che comprare dall’industria, mettendo assieme il margine del distributore e quello della farmacia, non è sempre così conveniente come i titolari pensano?
Sto solo dicendo che le farmacie devono fare bene i loro conti, usando il Gmroi anziché il margine. Posso citare la mia esperienza di presidente delle Farmacie comunali di Corsico, nell’hinterland milanese: da quello che ho osservato, nell’80% dei casi è più conveniente comprare dal grossista.
Però l’industria è ormai la sola a praticare alle farmacie dilazioni di pagamento importanti…
La leva finanziaria non cambia i termini della questione, anche se i farmacisti non sempre lo capiscono. Facciamo un confronto con il mass market: in quel canale tutte le principali insegne hanno aderito a un Cedi, un centro di acquisto, e ormai i distributori sono spariti o si sono specializzati. Però attenzione, nella gdo ci sono solo catene. Nel canale farmacia saranno le catene a farsi i loro Cedi, ma se i distributori muoiono le farmacie indipendenti da chi vanno a comprare?
E qui veniamo al secondo argomento della sua riflessione: alle farmacie non conviene disintermediare i grossisti…
Se i titolari indeboliscono la distribuzione intermedia, indeboliscono le loro farmacie. Questo è un dato di fatto.
Resta da capire quali siano le cause del boom che il “direct-to-pharmacy” ha avuto nel 2022 e sembra proseguire in questa prima parte del 2023. Molti incolpano le carenze…
All’origine c’è la pandemia. Nel pieno dell’emergenza, molte aziende hanno allentato le soglie di spesa sugli acquisti diretti per non mettere in difficoltà le farmacie, e hanno cominciato ad accettare ordini di valore ridotto. Nel 2022, finita la pandemia, i fornitori hanno confermato questa politica per non mettere in crisi le loro reti vendita. Ma ora hanno cominciato a rialzare le soglie e servire direttamente soltanto in presenza di ordini di una certa consistenza, anche perché l’aumento dei costi, carburante innanzitutto, si sono fatti sentire.
Non resta che seguire l’evoluzione del direct-to-pharmacy con i dati di Iqvia.