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Deblistering, il mosaico dei provvedimenti regionali: farmacie non sempre coinvolte

Filiera

Strana sorte quella del deblistering, ovvero lo sconfezionamento e riconfezionamento dei farmaci in dosi personalizzate: in molti Paesi europei beneficia del credito dei servizi sanitari e figura a pieno titolo tra le prestazioni qualificanti delle farmacie del territorio, in Italia invece è lasciato in una sorta di limbo anche dal legislatore nazionale, tant’è vero che a oggi tale attività non è «né vietata né dichiarata pericolosa per la salute pubblica». Il virgolettato è del Consiglio di Stato, che in una relazione istruttoria di qualche mese fa ha messo in risalto le incongruenze del quadro normativo: manca una legge che inquadri il deblistering, il ministero della Salute ha espresso in varie occasioni «estrema prudenza circa la possibilità di ammetterlo», eppure alcune Regioni hanno comunque provveduto a disciplinare la materia senza che nessuno, a livello nazionale, abbia espresso censure o piantato paletti. Risultato: alcune farmacie riconfezionano e altre no, oppure lo fanno comunque «nel disinteresse delle Regioni».

Peggio ancora, continua il Consiglio di Stato, il Ministero non è neanche in grado di fornire un quadro compiuto delle disposizioni adottate dalle Regioni che sul deblistering hanno adottato protocolli o delibere. Eppure, sulla materia sono state fatte indagini e analisi. Una delle ultime per esempio, è quella pubblicata da Massimo Farina e Laura Cedrini dello Studio EmmEffe, società specializzata in organizzazione e gestione sanitaria, che ha il pregio di tracciare una ricognizione dettagliata della normativa regionale vigente con riferimenti e raffronti dettagliati.

A livello nazionale, ricorda l’indagine, il deblistering trova le sue basi giuridiche nella normativa sulla Farmacia dei Servizi (Legge 69/2009 e Decreto Legislativo 153/2009) e nelle disposizioni che autorizzano le Regioni a sperimentare sistemi di riconfezionamento personalizzato (Legge 189/2012). Tuttavia, come osservano Farina e Cedrini, l’assenza di linee guida univoche a livello centrale non ha impedito un approccio proattivo da parte delle Regioni, sebbene con esiti differenziati: alcune amministrazioni hanno già prodotto documenti operativi dettagliati, mentre altre sono ancora in una fase di studio.

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Circolari e delibere regionali, un prospetto sinottico

(Cliccare per ingrandire)

 

Chi lo fa e a chi è rivolto.

Procedure e requisiti.

Farmaci e dosi unitarie.

Vigilanza, apparecchiature.

 

 

Tra le Regioni più avanzate si distingue la Lombardia, che con la circolare G1.2022.0007474 ha definito un modello chiaro per il confezionamento personalizzato nelle farmacie pubbliche e private. Le farmacie devono comunicare l’avvio dell’attività all’Azienda sanitaria competente, predisporre una procedura interna, garantire la formazione del personale e utilizzare locali assimilabili a quelli dei laboratori galenici. Il farmacista, sottolinea l’indagine, mantiene sempre la responsabilità diretta del processo, anche se alcune fasi possono essere delegate a personale opportunamente formato.

Il Veneto, invece, con la dgr 423/2024, amplia le modalità operative prevedendo anche la possibilità di condividere sistemi automatizzati tra più Centri servizi (ossia le Rsa), oppure di esternalizzare il servizio a soggetti terzi, incluse le farmacie dei servizi (anche se a fornire i medicinali da riconfezionare è sempre la Asl). Centrale rimane la figura del farmacista di riferimento e la tracciabilità completa del farmaco, in linea con la normativa nazionale e con il dm 77/2022 sulla riforma dell’assistenza territoriale.

L’Umbria ha scelto la strada della sperimentazione nelle farmacie di comunità, approvata con la dgr 498/2024. Il confezionamento personalizzato si inserisce tra le prestazioni della Farmacia dei Servizi e prevede il riconoscimento economico per ogni blister o bustina allestita (13 euro). Particolare attenzione viene data alla riconciliazione della terapia, alla gestione dei farmaci dispensati e alla supervisione farmacologica, sempre nel rispetto delle Norme di buona preparazione.

Più recente è l’intervento della Toscana, che con la dgr 824/2024 introduce sistemi automatizzati per la dispensazione personalizzata nelle Rsa, su base volontaria. La procedura prevede il coinvolgimento obbligatorio di un farmacista di riferimento e della struttura rischio clinico delle Asl competenti. Al momento, sottolineano Farina e Cedrini, la disciplina della Regione non prevede il coinvolgimento diretto delle farmacie del territorio ma si focalizza sulle Rsa. Si avverte però, da parte degli amministratori, una forte attenzione al tema dell’aderenza terapeutica, come dimostra il convegno che Confcommercio Salute, Sanità e Cura organizzerà il prossimo 4 giugno a Firenze per parlare di gestione delle Dosi unitarie personalizzate nelle Residenze sanitarie assistenziali.

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Infine, la Liguria si è mossa in direzione di un progetto operativo, pur senza ancora formalizzare una disciplina normativa completa. Il Consiglio regionale ha promosso iniziative di confronto, come il convegno organizzato nel febbraio da Confcommercio salute, sanità e cura, durante il quale sono stati presentati dati che confermano i benefici del deblistering in termini di riduzione degli errori terapeutici e miglioramento dell’efficienza organizzativa nelle Rsa.

Secondo la ricerca, l’attuale scenario normativo rappresenta sì una frammentazione, ma anche un’opportunità: «L’esperienza regionale» scrivono gli autori «può fungere da laboratorio per identificare buone pratiche da armonizzare a livello nazionale». La standardizzazione dei protocolli, la formazione del personale, l’adozione di sistemi automatizzati e con l’adozione di disciplinari tecnici anche certificabili, siano elementi chiave per rendere il deblistering un servizio sicuro, efficace ed economicamente sostenibile anche nelle farmacie di comunità.

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