In un anno di emergenza pandemica e misure restrittive, il comparto del commercio perde il 6,8% a valori e l’8,5% a volumi, con i soli beni alimentari in controtendenza rispetto all’andamento complessivo (+4,5% nei fatturati e +3,8% nei pezzi). E’ la fotografia che l’Istat ha scattato nei giorni scorsi sulla base dei dati raccolti a gennaio: nel confronto annuo, dice l’analisi, i consumi di beni non alimentari nel settore retail scendono del 15,5% in valori e del 17,1% in volumi; in quello mensile (cioè gennaio 2021 su dicembre 2020) la contrazione è del 3 e del 3,9% rispettivamente.
A soffrire di più, osserva l’Istat, sono le piccole superfici e gli specializzati, che risentono pesantemente della contrazione degli acquisti non alimentari; vendite in crescita, invece, nella grande distribuzione (+3,6%), dove a trainare sono soprattutto i discount di alimentari (+14,1%). Bene anche il commercio elettronico (+11,7%), com’era prevedibile considerato che tutto si è spostato in casa: smart working, didattica, tempo libero. Tutte le altre voci del commercio non alimentare sono negative, con forti perdite per calzature, articoli da viaggio, abbigliamento, giochi e giocattoli. Giù anche la cosmetica e il cura persona.
«I dati dell’Istat» commenta il presidente del Codacons, Carlo Rienzi «certificano quale infleunza covid abbia avuto sulle abitudini dei consumatori, che sempre più numerosi guardano al prezzo per orientarsi nelle loro scelte: il ricorso massiccio al discount attesta il generale impoverimento delle famiglie». Oltre al canale discount, può mostrare dati nettamente positivi soltanto l’e-commerce, che in un anno cresce del 38,4%. «E’ la conferma» commenta Federconsumatori «del radicamento di abitudini che hanno conosciuto un forte exploit nel primo lockdown. Va messa sotto attenzione, invece, la grave crisi che sta investendo gli esercizi di piccole dimensioni e i negozi di vicinato, ossia i canali che durante e dopo il lockdown avevano rivelato tutta la loro utilità in termini di servizio di prossimità».