Le farmacie indipendenti non portino la competizione con le catene del capitale su terreno degli sconti e dei ribassi di prezzo, perché ripeterebbero soltanto l’errore in cui per anni ha perseverato la gdo. E’ l’avvertimento che Sandro Castaldo, docente di marketing alla Sda Bocconi e senior partner di Focus Management, ha lanciato nel suo intervento alla convention di Club Salute, il network della Cooperativa Farmaceutica Lecchese che riunisce una sessantina di farmacie tra Liguria, Piemonte e Lombardia.
Professore, lei come molti altri esperti sostenete che le promozioni hanno rovinato la gdo. Che cosa significa?
Alla crescente competizione che negli anni ha caratterizzato il canale della grande distribuzione organizzata, la maggior parte delle insegne ha risposto imboccando la strada più ovvia: si sono messe ad agire sulla leva prezzo, con promozioni indiscriminate a volantino e scaffale. Il risultato è che hanno aumentato il traffico e i volumi, ma è anche calata drasticamente la marginalità perché le vendite si sono progressivamente concentrate sui prodotti promozionati, tanto che oggi nella gdo un terzo degli acquisti si deve a una promozione.
Il consumatore, in sostanza, insegue sconti e 3×2…
Di più: sono cambiati i modelli di acquisto e si sono moltiplicati i cosiddetti “cherry pickers”, ossia i clienti opportunisti, che comprano principalmente prodotti promozionati e non si fanno problemi a cambiare insegna o punto vendita in base alla campagna o al volantino della settimana. In altri termini le promozioni hanno alimentato il nomadismo e l’infedeltà del consumatore, quando invece la prima preoccupazione di un retailer dovrebbe essere quella di fidelizzare.
E’ l’adagio popolare dell’erba cattiva che scaccia quella buona…
Proprio così. Sconti e promozioni hanno scoraggiato il cliente fedele, che ha capito che dalla sua fedeltà non ricavava più vantaggi. Ha compreso la solfa e si è adeguato.
I dati più recenti, però, dicono che nella gdo la pressione promozionale è in calo…
Sta accadendo per la prima volta. E’ il segno che si sta prendendo coscienza degli errori commessi, un motivo in più perché la farmacia tragga la sua lezione: quando arriverà il capitale, non cerchi la competizione sulla leva prezzo. Come dico spesso, lo sconto è la clava del marketing, avvantaggia soltanto il competitor più forte.
E allora, dove dovrebbe lavorare la farmacia?
Sulla loyalty, sul valore. E sulla personalizzazione: oggi il consumatore cerca i retailer che non lo fanno sentire un numero, che lo gratificano e lo premiano perché è fedele ma anche perché ne conoscono specificità e orientamenti.
Spieghi meglio: le promozioni non erano superate?
Quelle a pioggia sì. Le promo mirate sono un’altra cosa, possono consistere in un servizio aggiunto o in una premialità, ma partono tutte da un’approfondita conoscenza del cliente. Tesco, insegna leader della gdo inglese, ha lanciato di recente una campagna con lo slogan: “Non facciamo promozioni sulle carni ai vegetariani”. In altre parole: conosciamo così bene i nostri clienti che sappiamo chi non compra carne e perché.
E come ci riescono?
La digitalizzazione, quella che ha fatto riscoprire al consumatore la propria individualità, è anche lo strumento che oggi consente una profilazione dettagliata della clientela e agevola l’approccio one-to-one. La carta fedeltà di Tesco ha un indice di penetrazione del 95%, cosa che consente al gruppo di analizzare il basket dei suoi clienti e leggerne le motivazioni di acquisto: così individuano i vegetariani e così sono in grado di fare promozioni mirate in base alle preferenze del singolo.
Per molti farmacisti le carte fedeltà sono soltanto una leva per fare 3×2, da quanto lei dice sembra invece che servano esattamente all’opposto…
E’ così. Certo, all’inizio è necessario fare un po’ di push per invogliare le persone a registrarsi; con la carta, però, raccogliamo nel tempo una serie di dati che consentono di profilare il cliente e quindi coltivarne la fedeltà, con incentivi personalizzati. Del resto chiediamoci: perché Alitalia ha la carta Millemiglia e Ryanair no? Perché Amazon lavora in continuazione su algoritmi che “leggono” gli acquisti dei suoi utenti?
Insomma le carte fedeltà scacciano l’erba cattiva, non quella buona…
Le carte fedeltà così come i social, il web e tutte le altre risorse che in gergo si chiamano touchpoint, punti di contatto. Però bisogna lavorare in modo intelligente: ci sono insegne del retail che usano il loro profilo Facebook e il loro sito istituzionale per conoscere e clusterizzare; è su questo terreno che si giocherà la competizione con le catene del capitale, non sulla leva prezzo.