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Anche in Francia l’online mette a rischio confini e regole nazionali

Filiera

Anche nel mondo della farmacia internet sbiadisce progressivamente le frontiere. Se n’erano già accorti i titolari tedeschi, che da anni soffrono la concorrenza delle farmacie online olandesi sul farmaco etico (dato che in Germania è consentita la vendita a distanza anche dei farmaci con ricetta). Ora lo stanno vivendo sulla propria pelle i farmacisti francesi, che sentono sul collo il fiato delle “e-pharmacies” belghe. Racconta le vicissitudini dei titolari transalpini un articolo del Quotidien du pharmacien che prende le mosse dall’asfitticità del mercato online della farmacia francesi. I numeri non sono molto diversi da quelli che Iqvia diede a febbraio per l’Italia: gli esercizi d’oltralpe autorizzati a vendere a distanza sono circa 540, quelli però che hanno un sito realmente attivo non sono più di una trentina.

Vuol dire che quando si tratta di acquistare farmaci otc o prodotti per la salute l’online non attira i francesi? Per Cyril Tétart, presidente dell’Apfel, l’associazione che rappresenta le “web-farmacie” francesi, la verità è un’altra: le norme in materia di comunicazione al pubblico con cui devono fare i conti i farmacisti francesi sono talmente severe che alla fine l’unica pubblicità che arriva ai consumatori è quella (cattiva) sui rischi della contraffazione e del commercio illegale.

In altri Paesi, invece, le cose sono diverse. E così, lamenta Tétart, una delle più importanti farmacie online belghe, Newpharma, può tranquillamente raggiungere le case dei francesi con massicce campagne via mail che ai titolari dell’Esagono sono invece vietate. «Queste differenze» commenta il presidente dell’Apfel «consentono a Newpharma di ritagliarsi una presenza importante nel mercato francese, dove realizza quasi un terzo del suo giro d’affari. In tutto una ventina di milioni di euro.

Secondo i calcoli di Tétart, se alle web-farmacie francesi fosse consentito di fare comunicazione il loro giro d’affari sul farmaco senza ricetta si decuplicherebbe (attualmente non supera l’1%). Anche se i paletti sulla pubblicità non sono l’unico problema. Per l’Afpel, infatti, pesa anche la vigilanza straordinaria che le Agenzie regionali di Salute (l’equivalente delle nostre Asl) dedicano alle farmacie online: «Via web posso vendere soltanto una scatola di Nurofen alla volta» dice ancora Tétart «il mio collega che lavora offline ne può dispensare tranquillamente due o tre».

Poi ci sono le incombenze burocratiche che la legge pone a carico di chi acquista a distanza: tra caselle da riempire e box da convalidare, servono almeno sette od otto clic per terminare la procedura, quando le ricerche dicono che in media il navigatore abbandona al terzo clic. Gli ordini online, così, languono e i farmacisti ci pensano due volte prima di investire. Anche perché aprire un sito internet con tutti i crismi richiede una spesa iniziale di 100mila euro e altri 10mila euro al mese per i costi di gestione. Troppo, quando la media è di 50 ordini al giorno dal sito.

I titolari italiani faranno i loro conti.

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