Il consumatore italiano che compra online tende a ritenere l’e-commerce più economico del negozio tradizionale, anche quando così non è. Oppure scatta l’effetto “trading up”: chi acquista a distanza viene invogliato a spostarsi sul prodotto più costoso perché al prezzo aggiunge il beneficio del fattore servizio, ovvero la consegna direttamente a casa o nel posto desiderato, senza costi aggiuntivi. Sono alcune delle indicazioni che emergono dal white paper realizzato da IRi per indagare sul mercato online del beauty: condotto su dati di sell-out provenienti da un panel di retailer che comprende distributori tradizionali attivi anche nel commercio digitale (Coop, Unes, Selex), insegne specializzate con estensione online della rete (Douglas, Kiko, Bottega Verde) e “pure player” dell’e-commerce (Amazon, Supermercato24), l’indagine non ha preso in considerazione il canale farmacia ma offre comunque spunti di riflessione utili anche alla filiera.
I numeri di mercato, per cominciare: Pharmacy Scanner aveva già parlato una settimana fa di online nel beauty (con i dati di una ricerca firmata Human Highways per Cosmetica Italia, secondo la quale sono circa 4,7 milioni gli italiani che negli ultimi sei mesi hanno acquistato sul web almeno un cosmetico). Ora le rilevazioni di IRi aggiungono nuovi elementi: messe assieme tutte le insegne del panel, il comparto personal care genera nel canale online vendite maggiori di oltre due volte a quelle del grocery (il largo consumo confezionato: alimentari e altri beni di uso comune). E a ottobre il beauty è cresciuto nell’e-commerce del 27,1% su base annua, nel canale fisico ha fatto registrare un decremento dello 0,6%.
Ma le indicazioni di maggiore rilievo riguardano il carrello della spesa: nei negozi tradizionali il personal care pesa per l’11% del valore totale degli acquisti, nell’online vale più del doppio. La differenza, spiega IRi, va imputata anche alla differente incidenza di prodotti premium nei due carrelli: le marche che hanno una connotazione qualitativamente maggiore e un posizionamento di prezzo elevato rappresentano oltre il 30% della spesa per personal care, ma arrivano al 50% se il riferimento è la sola categoria Igiene e bellezza.
Per la società di ricerche, all’origine di questa propensione alla spesa che contraddistingue il consumatore online si possono rintracciare diversi fattori. Innanzitutto, dice il White paper, la percezione del consumatore «è quella di ritenere che online si trovano prodotti meno cari rispetto allo store fisico, o comunque si può beneficiare di promozioni/offerte speciali che fanno risparmiare». Nella realtà, invece, «il prezzo delle referenze commercializzate online è mediamente maggiore rispetto ai negozi tradizionali (vedi tabella sotto, ndr)».
Il consumatore online, dunque, potrebbe percepire un risparmio che in realtà non c’è, oppure potrebbe essere invogliato a preferire il prodotto più costoso, eventualmente in offerta, perché aggiunge al prezzo il fattore servizio, ovvero la consegna direttamente a casa o nel luogo desiderato e senza costi aggiuntivi. «Il consumatore» spiega IRi in termini ancora più chiari «riconosce il valore del servizio offerto dall’online» e lo valuta anche in rapporto al prezzo, sul quale la ricerca evidenza politiche commerciali eterogenee tra i diversi player. «Dal punto di vista delle aziende che operano nel segmento del personal care» è la conclusione della società di ricerche «l’e-commerce può rappresentare un vantaggio in termini di marginalità».