Distintività, posizionamento e compliance saranno nel 2026 le parole d’ordine di network e catene della farmacia, che si trovano davanti un consumatore cui insegne e brand delle varie aggregazioni risultano sempre più familiari. È in sintesi la riflessione che arriva dalla tavola rotonda proposta da Scanner Orizzonti 2025, il forum di Pharmacy Scanner sulla farmacia organizzata, per anticipare con i rappresentanti di catene e network che cosa serbe il nuovo anno per la filiera.
A dare il “la” al dibattito i dati dell’Osservatorio catene, curato quest’anno da New Line Ricerche di Mercato, che danno quasi una farmacia su due affiliata a un circuito. «Emerge con evidenza che un numero crescente di farmacie avverte il bisogno di aggregarsi, di fare squadra» ha commentato Vincenzo Masci, group commercial & marketing director di Phoenix Pharma Italia (cui fanno capo le insegne Benu e Valore Salute) «le catene crescono e le farmacie indipendenti intuiscono che non è più tempo di improvvisare, bisogna lavorare in modo integrato per alzare lo scontrino medio, gli ingressi in farmacia e via a seguire. Attenzione però: aggregarsi è importante ma non ci si può più fermare al semplice gruppo di acquisto, dev’esserci dietro un concept, un progetto, perché altrimenti al consumatore non si riesce a proporre niente, non si offrono soluzioni; un gruppo d’acquisto serve soltanto a ottenere condizioni migliori a monte, che poi però non si traducono in una proposta strutturata al cliente finale».
Concorda Marco Mariani, direttore generale di Farmacentro e di Mia Farmacia. «Credo che oggi la prima cosa sia far capire ai farmacisti che stare in rete e seguire le indicazioni del circuito conviene. Non sempre lo percepiscono e spiegarglielo è il lavoro più difficile che abbiamo di fronte noi network delle farmacie indipendenti: non tutte fanno sempre quello che noi diciamo loro. Fanno fatica a tenere i soci allineati alle indicazioni della centrale persino i network come il mio, che aggregano un numero contenuto di farmacie; noi facciamo ogni sforzo organizzando incontri frequenti con i soci e soprattutto raccogliendo in continuazione dati, che usiamo per far vedere ai farmacisti che un network strong assicura un valore aggiunto alle farmacie affiliate in termini di scontrino medio. Ma c’è ancora tanto da lavorare.
Vincenzo Masci (Phoenix Pharma Italia): «Un numero crescente di farmacie indipendenti capisce che non è più tempo di improvvisare, bisogna lavorare in modo integrato per far crescere ingressi e valore dello scontrino».
Anche per Alessandro Bruschi, direttore generale di Sofad e di Farmà Plus, il network di Farvima, oggi la farmacia indipendente non può non aggregarsi. «Far parte di un network strong significa innanzitutto efficientamento, cioè ottimizzazione degli acquisti, del magazzino, della rotazione e via a seguire» ha ricordato «noi stiamo lavorando intensamente nell’efficientamento della parte inbound della farmacia, anche se poi sono d’accordo con Masci quando dice che un’aggregazione deve avere un progetto con una chiara focalizzazione sul sell out. I risultati che otteniamo sono significativi, soprattutto in termini di ottimizzazione della gestione scorte e rotazione. Siamo molto contenti di quello che stiamo portando avanti anche se vediamo che c’è ancora parecchio da lavorare, assieme ai nostri partner dell’industria».
Per Davide Tavaniello, co-founder e co-ceo di Lafarmaciapunto, anche la formazione è uno dei fronti dove i circuiti fanno spesso la differenza. «I dati dell’Osservatorio catene dicono che le farmacie indipendenti beneficiano di una media ingressi superiore alle catene, ma le catene stanno invece davanti quanto a valore dello scontrino medio. L’Osservatorio però non fornisce un dato, che ha la sua rilevanza, ossia i volumi. Lo faccio notare perché il valore dello scontrino dipende in primo luogo dalle scelte assortimentali: espongo prodotti che costano di più e quindi il cliente spende di più, oppure sono più bravo io nella capacità di execution e quindi ho una media pezzi per scontrino più alta che esprime la capacità di consiglio dei miei farmacisti. Sono dati che noi tutti monitoriamo con grande attenzione e se Lafarmaciapunto è migliorata in maniera significativa in questi indicatori è perché abbiamo fatto tantissima attività formativa; quindi la capacità di cross-selling e up-selling rappresentano per noi parametri fondamentali per misurare l’efficacia della formazione che offriamo ai nostri farmacisti».
Per Tavaniello tuttavia s’impone anche un’altra riflessione: «Diciamo le cose come stanno, la farmacia beneficia sul farmaco di un monopolio che è il vero generatore del suo traffico. Appurato questo, per lavorare sugli ingressi si possono mettere in campo tante strategie: per esempio, si può decidere di abbassare i prezzi del meno cinquanta e andare a prendere il traffico delle farmacie vicine per portarsi dentro più clienti. Se noi non lo facciamo, non è perché siamo incapaci ma perché l’esperienza dice che la quota di traffico che si guadagna abbattendo i prezzi non basta a recuperare il margine perso con i tagli prezzo. Di fatto, chi fa questo gioco finisce soltanto per uccidere il canale. Quello che dovremmo fare tutti, quindi, è chiederci quali sono le strategie che aiutano a generare traffico senza cannibalizzare il margine. Noi stiamo lavorando su questo, e abbiamo deciso di puntare sui servizi, sulla creazione di valore, sull’accessibilità e fruibilità della farmacia».
Sulle riflessioni del ceo di Hippocrates ha espresso qualche dubbio il direttore di Pharmacy Scanner, Alessandro Santoro, che moderava la tavola rotonda: «Sulla capacità di un’insegna di fare prezzi competitivi incide però anche la sua bravura ad acquistare. Il caso Pharmacie Lafayette (l’ad Hervé Jouves era l’ospite d’onore di questa edizione di Scanner Orizzonti, ndr) lo dimostra: qualche anno fa il gruppo aveva minacciato di non rifornirsi più dalle aziende che non riducevano i loro prezzi ex-factory . È un tipo di trattativa che oggi in Italia non credo se lo possano permettere nemmeno insegne di grandi dimensioni come Lafarmaciapunto, se Pharmacie Lafayette lo può fare è perché le aziende sanno che quando la centrale dice alle farmacie affiliate “non comprate più quella marca” le farmacie lo fanno».
Alessandro Bruschi (Farmà Plus): «Il posizionamento passa dalla coerenza tra quello che la rete propone e quello che arriva al consumatore attraverso il farmacista. Per assicurarla, in Farmà Plus consideriamo centrale la relazione con l’affiliato».
Per mettere al centro il cliente, in sostanza, va messo al centro il farmacista, come ha rimarcato Alessandro Bruschi: «Il posizionamento passa dalla coerenza tra quello che la rete propone e quello che arriva al consumatore attraverso il farmacista. Per assicurarla, in Farmà Plus consideriamo centrale la relazione col farmacista, perché veniamo da una storia di farmacisti, alle nostre spalle c’è un distributore nazionale e dei distributori regionali che nascono su iniziativa di farmacisti. Per questo motivo, lavoriamo tantissimo con progetti che puntano a coinvolgere gli affiliati. Quest’anno per esempio abbiamo lanciato Officina Farmà, che riproporremo anche nel 2026: la sua funzione è quella di mettere attorno a un tavolo farmacie del network, centrale e industrie. Dagli incontri di lavoro fatti finora sono emersi spunti significativi, che ci aiuteranno a rispondere meglio alle sollecitazioni che il mercato ci pone. Credo che operazioni come questa siano fondamentali: l’insegna, i touchpoint, le app, tutto aiuta a fare distintività ma il vero lavoro è quello di sviluppare uno spirito di squadra tra i farmacisti del network. Noi lo facciamo affidando la relazione con il farmacista affiliato a una rete di network specialist, inviando mensilmente dati sulle performance delle farmacie aderenti, coinvolgendo i titolari nella progettazione delle iniziative di rete».
Davide Tavaniello invece ha voluto riportare la discussione sul tema del prezzo. «Alla fine, quando si parla di catene, la discussione cade sempre lì. Anche perché la farmacia ha sempre lavorato sul prezzo, basta guardare i volantini: al 20 del mese partono gli sconti perché bisogna fare fatturato. Per carità, è una scelta. Ma nella vita bisogna essere coerenti, in quello che si vuole essere e in quello che si vuole comunicare. Noi stiamo cercando di portare avanti una proposta diversa da quella che storicamente ha caratterizzato il mondo delle catene e dei gruppi all’interno di questo canale. Come? Puntando molto sulla parte servizi, sulla relazione. Quindi condivido quanto hanno detto gli altri sull’importanza del capitale umano, ma non va dimenticato che il farmacista collaboratore lavora bene quando trasmette al cliente il posizionamento che è stato scelto a monte. Qual è il nostro? Per noi la farmacia non è un negozio commerciale ma un presidio sanitario territoriale, basta vedere le novità introdotte con il ddl Semplificazioni e le discussioni in corso con i medici di famiglia per fare della farmacia lo spoke delle Case di comunità. Per questi ai miei collaboratori dico sempre che questa è la strada da prendere, il nostro posizionamento è quello della farmacia come presidio territoriale e lo dobbiamo sviluppare con coerenza».
Questo ovviamente non significa che il brand – l’insegna – non abbia la sua rilevanza, ma prima vengono i contenuti. «Non ho difficoltà ad ammetterlo» ha detto Tavaniello «noi finora abbiamo lavorato molto poco sul brand. Oggi che la nostra catena si chiama Lafarmaciapunto lo sanno pochissimi. Questo perché un brand è una promessa e tu puoi iniziare a comunicare solo quando sai di essere in grado di mantenere quella promessa. Se non ci riesci, è inutile che comunichi. Abbiamo voluto prima lavorare sull’infrastruttura e ora credo che con il 2026 potremo cominciare a comunicare in maniera importante».
«Ma sulla compliance» ha chiesto Santoro a Tavaniello «è vero che le catene hanno meno problemi dei network perché i loro interlocutori sono dipendenti anziché indipendenti?». «Di certo anche noi organizziamo riunioni di area a cadenza mensile e con tutti i nostri farmacisti e i direttori di farmacia abbiamo una relazione diretta che fa la differenza. Poi però, anche noi abbiamo le nostre “pecore nere”, quelli che disallineati. Da questo punto di vista abbiamo fatto negli anni passi avanti enormi, però se oggi mi chiedete quanto sono soddisfatto della nostra capacità di execution, rispondo non del tutto, perché continuiamo a registrare disallineamenti. Ora implementeremo una serie di tool – come la checklist compilata dall’area manager quando visita una farmacia – che dovrebbero aiutarci nell’execution. L’obiettivo è quello di monitorare le cose che vengono fatte, per capire se corrispondono al programma definito dalla sede. Vogliamo arrivare a un’execution perfetta, perché l’industria chiede risultati e se non c’è un’execution puntuale questi risultati non arrivano».
Davide Tavaniello (Lafarmaciapunto): «Per noi la farmacia non è un negozio commerciale ma un presidio sanitario territoriale, basta vedere le novità introdotte con il ddl Semplificazioni e le discussioni in corso con i medici di famiglia per fare della farmacia lo spoke delle Case di comunità».
«Certo» ha concordato Tavaniello «in Francia la farmacia indipendente fa esattamente quello che dice la centrale e così l’azienda che viene tagliata fuori, dopo un paio di mesi si ripresenta e sottoscrive alle loro condizioni. È questa la vera differenza, lì i network sono in grado di ottenere condizioni commerciali che sono molto vicine a quelle negoziate dalle catene reali; la centrale che movimenta più volumi porta a casa più profitto. Ma non si può nemmeno pensare che una catena faccia i soldi sulla pelle degli altri, li deve fare lavorando anche se non soprattutto sulle sue dinamiche. Perché poi alla fine gli stipendi li paghiamo con quello che ci rimane in tasca».
In ogni caso, ha ripreso Santoro, se si fa una panoramica delle parole d’ordine che network e catene hanno lanciato quest’autunno nelle loro convention, si ricava netta l’impressione che su tutte dominano due parole, riconoscibilità e distintività. Viene allora da chiedersi se non saranno questi i leitmotiv del 2026 per quanto riguarda le farmacie organizzate: si apre una nuova fase nell’evoluzione delle insegne che riconosce crescente rilevanza al brand e a tutto ciò che c’è dietro. «Prima va messo in chiaro un punto» ha obiettato Vincenzo Masci «il grande punto di forza di questo canale è indubbiamente il farmacista, che fa la differenza perché alla fine tu hai una persona che può spostare direttamente i volumi, le quantità, i bisogni e le scelte del consumatore finale. Detto questo, sulla distintività noi siamo stati tra i primi, con Lloyd’s e poi con Benu, a proporre un modello di farmacia con un carattere e un concept molto distintivo. Ma resta il fatto che la differenza la fai se sei capace, se fai non tanto brand awareness quanto piuttosto brand equity, cioè rendi il tuo brand parte integrante dei valori del farmacista che sta nel punto vendita».
Masci ha voluto insistere con forza sul tema: «Se vuoi essere distintivo parli con i tuoi farmacisti e spieghi loro qual è il tuo concept e il tuo storytelling. Quando abbiamo lanciato prima Lloyd’s e poi Benu, per prima cosa ci siamo chiesti come trasmettere il nostro concept a chi sta davanti al consumatore finale, cioè ai nostri farmacisti, perché solo così puoi fare distintività. E aggiungo che sul punto non c’è tanta differenza una catena di proprietà e un network, perché se non sei capace di parlare coi tuoi farmacisti, che siano dipendenti o affiliati, la compliance non la generi. E attenzione, per compliance non parliamo soltanto di adesione alle attività della centrale, serve anche compliance verso le strategie e i valori che vuoi comunicare al cliente finale».
Per essere distintivi, in sostanza, occorre guadagnarsi la compliance dei farmacisti e per guadagnarsela occorre comunicare, lavorare sullo spirito di squadra. «Quando tre anni fa abbiamo iniziato a integrare Comifar e Admenta» ha raccontato Masci «ho cominciato a incontrare i farmacisti titolari di Valore Salute e ho sentito raccontarmene di ogni: la rete faceva promesse che non manteneva, il category management era quasi inesistente eccetera. Allora ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cominciato a spiegare ai farmacisti il nostro progetto. Lì è la chiave di volta, la capacità di comunicare ai tuoi farmacisti, che siano dipendenti o indipendenti, i valori dell’insegna e la tua brand equity, ossia alla fin fine il posizionamento». Ma è un lavoro che va fatto a ogni livello della rete: «I nostri category manager» ha continuato Masci «non si limitano a ricevere un planogramma per passarlo alle farmacie dicendo prendete e applicatelo. Lo spiegano, lo discutono, convincono i nostri affiliati che quello è l’assortimento corretto. È solo in questo modo che si ottiene la compliance del farmacista, lo si rende interprete del nostro posizionamento verso il cliente finale».
Sulla stessa linea Marco Mariani: «Concordo, viviamo tutti lo stesso problema. Noi con Mia Farmacia abbiamo deciso a un certo punto quasi da zero: abbiamo fatto un check dei materiali in dotazione alle nostre farmacie, abbiamo censito spazi e strutture, abbiamo visto quello che c’era e non c’era e quello che veniva utilizzato dai farmacisti. Qualche materiale l’abbiamo sostituito perché era vecchio e abbiamo investito nella brandizzazione delle nostre farmacie, sia comunicazione interna sia nelle vetrine, perché le ricerche ci dicono che il 60% degli italiani ormai comincia a identificare le diverse insegne delle reti. Questo è un punto importante: tutti stiamo investendo in comunicazione sul punto vendita perché è ovvio che il farmacista deve essere ingaggiato, deve vendere quello che diciamo, perché una delle regole del marketing dice che il posizionamento non lo decido io ma è quello che percepisce il consumatore finale. Se è il consumatore che sceglie perché andare una farmacia o in un’altra, bisogna che abbia ben chiari i contenuti dei diversi brand. E qui dovremo lavorare parecchio perché, ripeto, noi abbiamo a che fare con farmacie indipendenti che vanno convinte e motivate giorno dopo giorno. Possiamo fare bellissimi progetti, ma questi poi devono camminare sulle gambe delle persone che stanno dentro il punto vendita».
Convincere, generare compliance negli affiliati, è la parola d’ordine dei network, per quest’anno e il prossimo. «Noi, in Mia Farmacia, insistiamo con tutti i soci perché designino un delegato della farmacia che segua le nostre attività» ha osservato Mariani «perché se parliamo solo con il titolare poi lui in molti casi non comunica con il suo staff. E così, quando i nostri mystery shopper girano per le farmacie della rete, trovano collaboratori che non sanno niente delle iniziative di rete. Abbiamo persino farmacisti aderiscono a due network, anche se il nostro contratto di affiliazione lo vieta. Aiuta il fatto che oggi sono sempre di più i network che selezionano: un tempo si prendevano tutte le farmacie perché l’obiettivo era quello di mostrare numeri importanti all’industria. Oggi invece prendiamo a bordo solo le farmacie che sposano il nostro modello e quindi si fanno portavoce del nostro brand».
Marco Mariani (Mia Farmacia): «Misuriamo i nostri farmacisti, e quello che vediamo è che facciamo talvolta fatica a farci seguire: ti mando in farmacia il cestone, sai che serve per una campagna con l’azienda X e poi quando vengo da te scopro che dentro quel cestone ci stanno altri prodotti».
Per Vincenzo Masci, il tema dell’execution si trascina dietro quello della governance. «Se non hai una struttura di persone – direttori, area manager, regional manager, direttori vendite – ben formata, non puoi governare il tuo retail. Noi, per esempio, per le farmacie di proprietà abbiamo un area manager ogni venti esercizi, nel caso di Valore Salute invece ne abbiqamo uno ogni quindici. Qusto perché il farmacista indipendente deve essere seguito con maggiore assiduità, va convinto e motivato. E poi servono gli strumenti: nel grocery c’è da qualche tempo Bemyeye, una piattaforma di riconoscimento per immagini che consente alla centrale di monitorare l’execution nei suoi punti vendita. Noi abbiamo deciso di adottare questo strumento prima ancora che l’industria venga a chiedercelo, per dimostrare che la fiducia che ripone nei nostri confronti è giustificata. Abbiamo anche previsto bonus e premialità per i dipendenti e per le farmacie del network che l’adottano, perché siamo convinti che questa piattaforma ci dà un vantaggio: se saremo in grado di dimostrare all’industria che le attività che concordiamo con lei vengono effettivamente realizzate in centinaia di farmacie, disporremo di una forza contrattuale importante che ci permetterà di ottenere dai nostri partner condizioni migliori, senza dover poi andare a fare sconti per raggiungere il risultato come diceva Tavaniello».
«Anche noi ci sforziamo di osservare e misurare quello che fanno le farmacie della nostra rete» ha ammesso Marco Mariani «in passato l’industria investiva con noi soltanto per la nostra numerica. Da qualche anno invece le aziende ragionano in termini di fee per performance, ti pago per i risultati che raggiungi, perché ormai molte dipendono da case madri ubicate in Svizzera o in America dove guardano soltanto il Roi e misurano ogni investimento sulla base di quello che rende. Ci misurano e quindi noi a nostra volta misuriamo i nostri farmacisti, e quello che vediamo è che facciamo spesso fatica a farci seguire: ti mando in farmacia il cestone, te lo mando gratis, sai che serve per una campagna con l’azienda X e poi quando vengo da te scopro che dentro quel cestone ci stanno prodotti che non fanno parte né dell’assortimento obbligatorio di Mia Farmacia né di altro. Stessa negli assortimenti: mandiamo i retail specialist a mettere a posto gli scaffali e il giorno dopo ricambiano tutto e ci rimettono i loro prodotti. Hai voglia a spiegargli: guardate che se avete dei listini vantaggiosi è perché noi negoziamo i prezzi con l’industria, ma se poi fate di testa vostra alla trattativa seguente le aziende non ci garantiscono più la stessa offerta»
Concorda Alessandro Bruschi: «Rispetto a modelli come Pharmacie Lafayette in Francia, noi di strada ne dobbiamo fare ancora tantissima, siamo molto lontani da quella capacità di execution che hanno i farmacisti francesi. Detto ciò, è vero che per noi il tema della compliance è fondamentale, anzi si può dire che noi in fondo siamo creatori di compliance. Per riuscirci Farmà Plus si è dotata di nuovi strumenti, tra i quali una piattaforma simile a quella di cui parlava Vincenzo Masci. Ma nel caso delle reti che lavorano cn i farmacisti indipendenti, è innanzitutto un tema culturale, di appartenenza: quando riesci a convincere un affiliato a sposare il tuo progetto, come hanno fatto tantissimi in Farmà Plus, riesci davvero a fare la differenza in termini di execution, di coinvolgimento dei collaboratori, di relazione con i clienti».
Anche Lafarmaciapunto ha iniziato ad adottare strumenti diretti verificare l’execution dei suoi punti vendita. «Anche noi siamo partiti a settembre con lo stesso progetto cui faceva riferimento Vincenzo Masci» ha ammesso Davide Tavaniello «proprio perché pure per noi è molto importante garantire la piena execution all’industria. Ma non dimentichiamo che c’è anche un altro beneficio: quando faccio execution corretta mi porto a casa anche un uplift di ricavi e top line, quindi entriamo in una logica win-win tra noi e industria». Il 2026 si preannuncia davvero un anno di grande maturazione per la farmacia organizzata.





