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Sullo 0,65% ai distributori intervento dell’Aifa per ora a impatto zero. Si cerca convergenza

Filiera

Pare aver avuto sinora impatto zero, almeno a giudicare dalle notizie che arrivano dalla filiera, la nota con cui l’Aifa era intervenuta una decina di giorni fa sulla controversa norma della Legge di bilancio per il 2025 (il comma 324) che aveva rivisto le spettanze di industriali e grossisti togliendo uno 0,65% ai primi per darlo ai secondi. Nella sua comunicazione, in sostanza, l’Agenzia del farmaco avvertiva che, alla luce della norma di cui sopra, da lì in avanti le sue delibere in materia di nuove classificazioni avrebbero recato nelle premesse un richiamo alle disposizioni di legge sui nuovi margini, mentre all’articolo 1 (classificazione ai fini della rimborsabilità) avrebbero riportato un’indicazione diretta a ricordare che la quota dello 0,65% viene ceduta dal produttore al grossista «fermo restando il prezzo ex-factory di cui al presente articolo, pari al 66,65 % del prezzo al pubblico o, in alternativa, al 58,65% nel caso dei medicinali di cui all’articolo 13 del decreto-legge 39/2009 (i farmaci in lista di equivalenza, ndr)».

Secondo alcune ricostruzioni di fonte industriale, l’intervento dell’Aifa sarebbe il frutto di sollecitazioni provenienti dal ministero della Salute e aveva per obiettivo quello di fornire una lettura della norma contestata che riconducesse a più miti consigli le imprese di generici, finora tutte d’accordo nel sostenere – sulla scorta di diversi pareri legali – che lo 0,65% non le riguarda. In effetti, la nota dell’Agenzia del farmaco è stata subito accolta dai distributori come il chiarimento che si attendeva, ma ha lasciato del tutto indifferenti i genericisti che insistono sulla propria linea (cioè tenersi per sé lo 0,65%).

Il fatto, è la linea sostenuta dai produttori (in via informale, perché le organizzazioni di rappresentanza si guardano bene dall’intervenire ufficialmente), è che l’Aifa non avrebbe chiarito un bel niente, anzi avrebbe semplicemente clonato la disposizione – già confusa – della Legge di bilancio. Senza contare, argomentano ancora le imprese, che il decreto Abruzzo è una legge speciale, dunque per modificarlo serve un’altra legge speciale. Questo, tra l’altro, sarebbe il motivo per cui dal ministero della Salute tarda a giungere la circolare interpretativa che Adf e Federfarma Servizi invocano da un paio di mesi circa: gli stessi tecnici del Ministero, dicono voci sempre di fonte industriale, si sarebbero resi conto che il provvedimento è indifendibile ed è per questo che alla fine il dicastero avrebbe preferito mandare avanti l’Aifa.

Che cosa fare per superare l’impasse, a questo punto? A Cosmofarma, a quanto risulta, filiera e politica si sarebbero esplorate vicendevolmente con l’obiettivo di esplorare la disponibilità di tutti a mettere in piedi un tavolo al quale discutere non solo di margini ma anche di altri problemi che riguardano la filiera e la distribuzione del farmaco. Occorrerà tempo per capire se il percorso è calcabile, intanto però non si può fare a meno di notare con una certa ironia la piega presa dalla vicenda: a fine novembre, alla convention romana di Federfarmaco e Federfarma Servizi, ci fu un vivace scambio di opinioni tra il vicepresidente di Egualia, Salvatore Butti, e il presidente delle cooperative della distribuzione, Antonello Mirone, con il primo che proponeva di discutere della disposizione sullo 0,65% (allora ancora in bozza) assieme agli altri temi della governance farmaceutica tanto casi agli industriali (tetti, payback eccetera) e Mirone che invece premeva perché il provvedimento passasse subito dato che le aziende della distribuzione erano a corto di ossigeno. Alla fine, con il senno di poi, forse sarebbe stato meglio scegliere subito la carta della concertazione.

 

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