Prezzi fissi o scontati, promozioni, offerte sui prodotti a marchio, carrello della spesa a prezzo unico. È quanto dovranno impegnarsi a mettere in campo dal primo ottobre al 31 dicembre le aziende del commercio – farmacie incluse – che questa settimana decideranno di aderire al “Trimestre anti-inflazione”, la campagna contro il cro-prezzi del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit). Federfarma, che figura tra i firmatari del protocollo-quadro siglato ad agosto (assieme ad Assofarm e Farmacieunite per la filiera farmaceutica; Mnlf, Fnpi e Unaftisp per le parafrmacie; Ancc-Coop, Ancd-Conad e, Federdistribuzione per la gdo; Confcommercio e Confesercenti per i dettaglianti), ha richiesto alle sue rappresentanze territoriali di trasmettere entro giovedì prossimo (21 settembre) i nominativi delle farmacie partecipanti, in modo da poterli inviare a sua volta al Ministero entro il sabato successivo.
Ma quali sono, nel dettaglio, gli obblighi che assume chi parteciperà alla campagna? Per non incorrere negli strali dell’Antitrust, il protocollo resta sul punto molto vago: i retailer aderenti, in sostanza, si impegnano ad adottare «azioni atte a offrire, nel trimestre ottobre-dicembre, una selezione di articoli a prezzi contenuti, ivi compresi quelli rientranti nel carrello della spesa, e a non aumentare il prezzo di tale selezione nel periodo di riferimento». Tale selezione verrà decisa liberamente dal singolo rivenditore all’interno del perimetro rappresentato dai cosiddetti «beni di prima necessità, alimentari e non alimentari, del largo consumo», e nel caso delle farmacie riguarderà le due categorie dell’infanzia e del cura persona.
Se il Ministero preme per avere l’elenco dei partecipanti entro il 23 settembre è perché l’intenzione è quella di sostenere la campagna con una massiccia comunicazione, diretta anche a evidenziare gli esercizi aderenti. A tal fine, il Mimit fornirà ai retailer un bollino digitale (da utilizzare sui social) e una vetrofania da affiggere, a beneficio dei consumatori che vorranno cercare i punti vendita dalla convenienza garantita. Intanto la campagna continua a far discutere, soprattutto nel mondo della grande distribuzione organizzata: molte imprese, in particolare, sottolineano l’asimmetria dell’accordo, al quale l’industria ha aderito tardivamente e con l’ancora più vago impegno a «richiedere alle associate di valutare, nell’ambito della loro autonoma libertà di impresa, specifiche iniziative che possano portare al contenimento dei propri listini». Il timore, in sostanza, è che il peso di sconti e prezzi fissi possa ricadere interamente sulla gdo, che nell’ultimo anno ha già assorbito una parte importante del caro-prezzi.
L’asimmetria vale anche per le farmacie: per quanto il paniere dei prodotti potenzialmente interessati sia contenuto, il protocollo non è stato firmato né dai grossisti né dai produttori, che dunque nel trimestre avranno mani libere. Anzi, secondo alcune fonti raccolte da Pharmacy Scanner, alcuni fornitori avrebbero già annunciato rialzi sui listini a novembre per convincere i titolari ad acquisti in contro-aumento. Il rischio dunque è che la gran parte delle farmacie faccia spallucce all’iniziativa del Mimit, e per scongiurarlo Federfarma ripete da giorni che le parafarmacie aderiranno in blocco alla campagna.
Probabilmente, le speranze di presentare al Ministero una lista di adesioni sufficientemente corposa fanno affidamento soprattutto sulle catene del capitale, che sulla carta possono reggere meglio delle farmacie indipendenti l’onere di sconti e prezzi fissi protratti per un trimestre. Al momento, però, la maggior parte delle insegne sta ancora valutando il da farsi: una veloce ricognizione tra i principali gruppi, infatti, rivela che soltanto Boots e Lloyds-Benu Farmacia ha già deciso di dire sì alla campagna del Mimit (la catena di Phoenix con la sua marca privata più, forse, una selezione di prodotti che va oltre infanzia e cura persona).
Probabile che sulla decisione finale di molti retailer (farmacie e non) peseranno anche gli ultimi dati di Circana (ex IRi) sull’andamento dei consumi: se finora, è l’analisi, le famiglie hanno difeso dall’inflazione la loro capacità di acquisto ricomponendo la spesa a favore delle marche private e dei prodotti dal prezzo più basso, oggi si comincia sempre più spesso a tagliare anche i volumi, ossia comprare di meno. Tanto è vero che nel cura persona, a fronte di prezzi in crescita del 10% nel Largo consumo, si osserva un calo del 4% nelle confezioni vendute. Nella stessa categoria, la farmacia cresce un po’ di meno a valori (+8%) ma resta nettamente in positivo nei volumi (+3,4%).