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Pet, Rapporto Assalco-Zoomark 2023: l’86% delle cliniche veterinarie fa cessione di farmaci

Mercato

Nel 2022 la popolazione complessiva dei Pet che vivono nelle case degli italiani è rimasta sostanzialmente stabile poco sotto i 65 milioni di di animali, tra i quali circa 9 milioni di cani, dieci milioni di gatti, quasi 13 milioni di uccelli ornamentali e 30 milioni di pesci. Tra le persone con almeno 18 anni di età, più di una su tre (37,7%) dichiara di avere un animale in famiglia e un’analisi sui cinque anni rivela che la pandemia è stata determinante: i proprietari di Pet erano il 32,4% nel 2018 e il 33,6% nel 2019, tra il 2015 e il 2022 chi ha in casa più di un animale è passato dal 9,9% al 17,2% della popolazione italiana. Secondo un sondaggio Doxa, il 42% delle famiglie italiane accoglie in casa almeno un animale da compagnia, il 28% delle famiglie è proprietaria di almeno un cane e il 22% di almeno un gatto.

I dati arrivano dal Rapporto Assalco-Zommark 2023, che come di consueto offre una fotografia dettagliata di un intero anno di mercato del Pet. La lente è puntata su Gdo e canali specializzati e dunque la farmacia resta fuori dall’analisi, ma i titolari che nei loro punti vendita trattano questa categoria di prodotti troveranno comunque diversi dati utili. Tra questi, per esempio, le statistiche sulla diffusione degli animali da compagnia tra gli anziani, ossia i frequentatori più assidui della farmacia: sono ormai quasi due milioni gli over 65 che possiedono un cane e 1,8 milioni quelli che ospitano un gatto. Secondo un’indagine di Senior Italia-Federanziani, nove ultra65enni su dieci ritengono che vivere con un pet abbia un impatto positivo sulla salute e sull’umore, riduca la sensazione di solitudine e accresca la serenità. Oltre il 70% dichiara inoltre di considerare gli animali conviventi come membri della famiglia a tutti gli effetti.

Questo “rapporto speciale” si manifesta più frequentemente nelle scelte relative al cibo: il mercato degli alimenti per cani e gatti vale ormai un giro d’affari di quasi 2,8 miliardi di euro per un totale di 673 tonnellate di pezzi venduti (canali Grocery e Specializzati, composti da petshop tradizionali, catene petshop e petshop gdo). E se anche qui l’inflazione si è fatta sentire, i proprietari di pet non hanno comunque tagliato gli acquisti (che a volumi sono rimasti quasi stabili, +0,8%) ma anzi hanno dimostrato una crescente attenzione per la dieta dei loro animali. Lo dimostra l’interesse che stanno riscuotendo due categorie di prodotti alimentari per pet, “rich in” e “free from”, che proprio come i loro equivalenti per l’uomo attirano le scelte dei proprietari più sensibili a un’alimentazione sana ed equilibrata. In particolare, le referenze con prebiotici, ingredienti naturali e minerali mostrano nel 2022 crescite a volumi rispettivamente del 17,4%, 16,8% e 10,6%; tra i “free from”, invece, i prodotti più “gettonati” sono quelli che in etichetta recano l’indicazione “poche calorie” (+25,1% a volumi), “senza cereali/a basso contenuto di cereali” (+12,7%) e “senza zuccheri” (+11,4%).

Delle indicazioni che arrivano da questi dati dovrebbero fare tesoro anche le farmacie che non trattano la categoria degli alimenti per pet, perché fanno comunque capire che tra i proprietari di animali c’è un’attenzione sempre maggiore per il benessere e lo stato di salute dei loro pet. Confermano altri dati: tra i criteri con cui chi ha un animale domestico sceglie il cibo ci sono la felicità dell’amico a quattro zampe (rispettivamente indicata dall’85% dei proprietari di cani e dall’84% dei proprietari di gatti), l’attenzione al suo benessere (83%) e la qualità (per l’82% dei proprietari di cani e l’80% di gatti). Il brand ideale, poi, si caratterizza per l’attenzione a diete e patologie specifiche e proprio per questo il proprietario di pet chiede innanzitutto un’ampia gamma di referenze per le diverse esigenze dell’animale.

Ma il maggior interesse, lo riscuotono senz’altro i dati relativi alla cessione di farmaci da parte delle strutture veterinarie private: in Italia, dice il Rapporto, se ne contano poco meno di 8.600, ossia 6.602 ambulatori, 858 studi, 1.062 cliniche e 74 ospedali veterinari. Si tratta per il 62% di strutture mono-titolari e per il 27% di associazioni professionali e in media impiegano 3,2 professionisti compreso il titolare. La dispensazione di farmaci da parte di tali strutture, spiega il rapporto, continua a crescere e ormai «le cliniche cedono il farmaco nell’86% dei casi, mentre gli studi e gli ambulatori che praticano la cessione si fermano al 57% del totale».

Inoltre, si allarga in modo significativo il fenomeno dei “pet corner”, ossia spazi circoscritti all’interno delle cliniche ambulatori veterinarie dedicate alla vendita di prodotti per la salute animale come parafarmaci, integratori o alimenti per diete specifiche. «Le motivazioni che oggi scoraggiano i veterinari dal dispensare farmaci» conclude il Rapporto «sono soprattutto fiscali e fanno riferimento all’applicazione dell’aliquota iva massima del 22%. La propensione al servizio di pet corner sale laddove cresce anche la dispensazione dei farmaci.  Si dispensano prodotti che vanno dagli otologici per l’igiene e la cura delle orecchie agli integratori alimentari, passando per gli alimenti dietetici».

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