Selezionare, disporre, trasmettere, ascoltare. Sono i quattro verbi sui quali dovrebbe lavorare la farmacia che vuole presidiare solidamente il comparto della dermocosmesi secondo Nadio Delai, presidente della società di ricerche Ermeneia. Per Cosmetica Italia Delai ha curato la postfazione del volume L’Italia allo specchio. Volti, gesti e storie dei nostri 50 anni, realizzato dall’associazione dei produttori in occasione del suo cinquantesimo compleanno, nella quale lo studioso ripercorre valori estetici e rivendicazioni sociali di cinque diverse generazioni. Ne risulta un saggio che fornisce diverse chiavi di lettura con le quali interpretare il consumatore di oggi e le sue attese.
Presidente, dal suo libro emerge un percorso storico nel quale individua alcuni elementi di continuità. Uno su tutti, il progressivo e costante sviluppo da parte del consumatore della sua soggettività…
Le due parole-chiave sono soggettualità e soggettività. La prima rimanda al processo che ha portato nel tempo gli italiani a sentirsi sempre più persona, individui anziché anonimi componente della massa. E’ un’evoluzione che è iniziatanegli anni ’60 e prosegue tutt’ora. Il secondo concetto, invece, fa riferimento alla progressiva consapevolezza che ognuno di noi è diverso dall’altro. Oggi domina l’orizzontalità in quanto reazione d’insofferenza alle verticalizzazioni del passato.
In altre parole si contestano saperi e gerarchie…
Sì ma anche questo ciclo sta già mostrando la corda. Le distorsioni generate dalle innovazioni che più hanno alimentato l’orizzontalità, il web e i social, stanno stancando. Non posso fare a meno di pensare a Evan Williams, uno dei fondatori di Twitter, che qualche mese fa aveva ammesso che internet sta diventando sempre più brutto.
Tornerà la ricerca di intermediazione?
Ridiventeranno importanti le competenze. Ma attenzione, non sarà un mero ritorno al passato: rimarranno in primo piano valori di oggi come la sostenibilità, la naturalità, la sicurezza. E l’informazione.
E quali sono i processi che la farmacia deve monitorare?
Innanzitutto l’evoluzione demografica. Quando si parla di invecchiamento della popolazione tutti pensano alla diffusione delle cronicità e alla spesa farmaceutica, c’è anche un altro fenomeno da tenere in considerazione: i clienti della cosmetica sono sempre più spesso persone mature che non solo vogliono mantenersi sane ma intendono anche continuare a curare il proprio aspetto. Non a caso questo pubblico “maturo” – anche anziano ormai è un aggettivo politically uncorrect – frequenta sempre più spesso spa e centri di bellezza.
Dal punto di vista anagrafico, è proprio il pubblico che più frequenta la farmacia…
Infatti il farmacista gode di un vantaggio tattico non indifferente: per gli ultra50enni c’è sempre più corrispondenza tra il farmaco che prendono per curarsi o prevenire complicazioni e il cosmetico che usano per mantenere sana la pelle o il viso. Sia perché molti sanno ormai che cos’è il rischio di interazioni, sia perché tutto viene ricondotto nell’ampia sfera del mantenersi in salute.
Che cosa può fare la farmacia con questa fetta di pubblico?
Vanno tenute presenti due cose: generalmente, si tratta di persone e nuclei familiari con una buona capacità di spesa. Purtroppo, con la crisi si sono invertiti i rapporti e sempre più spesso sono i giovani che devono far quadrare i conti, non i loro genitori o i nonni. Secondo, è un pubblico formato prevalentemente da pensionati, dunque hanno tempo e non vanno di fretta. E apprezzano il tutoring che soltanto un farmacista è in grado di fornire.
E in più, non vanno sul web quanto i Millennials
Sì ma attenzione a non cullarsi nei falsi miti. Una mia recente ricerca ha svelato che il 36% dei 60enni e oltre usa il web e il 75% è d’accordo con l’affermazione secondo la quale è fondamentale imparare a usare internet, perché viene utilizzato sempre più spesso. E per finire, non dimentichiamo che molti sono invogliati a usare Skype o le chat per parlare con figli e nipoti.
Insomma anche per i clienti “maturi”, come dice lei, l’omnicanalità ha il suo rilievo…
La parola d’ordine è mescolare hi-tech e hi-touch, ossia integrare ogni genere di touchpoint: soggettualità e soggettività rimandano alla dimensione individuale del percorso d’acquisto, se nella cosmetica i monomarca stanno spopolando è perché lo hanno capito e si sono adeguati.
E la farmacia cosa può fare?
Molte farmacie hanno investito sul reparto cosmetico, ma poi lo abbandonano a se stesso. Invece dovrebbero essere applicati i quattro verbi-chiave: selezionare le marche, curare il lay out, comunicare e ascoltare – il cliente, è chiaro. Capisco che per molte farmacie ci sono problemi di spazio da affrontare, ma va messo in campo ogni genere di touchpoint che inviti il cliente a dialogare con il farmacista: due poltrone vicino al banco della cosmetica, un numero verde, una chat o il sito internet della farmacia. Il messaggio dev’essere: siamo qui per ascoltarvi e consigliarvi.