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Boston consulting: il negozio fisico non è morto, ecco dove l’online si può battere. Per ora

Filiera

Delle sette funzioni base che caratterizzano la vendita al dettaglio, quattro non sono state ancora “colonizzate” dall’e-commerce e si prestano quindi come base su cui il retail può costruire un cospicuo vantaggio competitivo con l’online. E’ quanto sostiene un articolo pubblicato sul blog di Henderson Institute, il think tank di Boston Consulting Group, che merita di essere letto anche dai farmacisti titolari perché – sorpresa, sorpresa – tre di quelle quattro funzioni dove il retail fisico è ancora prevalente sono caratteristiche elettive del canale farmacia.

Le premesse da cui muove l’analisi sono note: davanti alla crescita incalzante dell’e-commerce, che la pandemia ha soltanto accelerato, il retail tradizionale si trova di fronte al rischio di un declino progressivo. Negli Usa, ricorda Bcg, hanno chiuso 10mila negozi soltanto nel 2019; in Europa, una catena affermata della cosmesi come la tedesca Douglas chiuderà il 20% dei suoi punti vendita entro il 2022. E Gap, multinazionale americana dell’abbigliamento, sta pensando di lasciare il Vecchio continente nel giro di un anno. Nel giro di una trentina di anni, ricorda l’articolo, l’online ha fagocitato interi segmenti del commercio: prima le librerie e i negozi di audio e video («dove la complessità dell’assortimento è un problema per il consumatore e un costo imponente per il rivenditore), poi l’elettronica di marca e di consumo, gli articoli per la casa e quindi l’abbigliamento, dove la disponibilità di un assortimento completo, della ricerca mediante algoritmo e delle valutazioni degli acquirenti ha fatto passare in second’ordine i limiti dell’online (non si può né toccare né provare il vestito). E ora è la volta dei beni di prima necessità come salute e bellezza.

 

 

Davanti a questa “apocalisse del retail”, come qualcuno l’ha chiamata, il commercio fisico non deve alzare bandiera bianca. Perché ha ancora la possibilità di fare leva su alcuni elementi distintivi, quelli in cui l’esperienza del consumatore risulta ancora superiore nell’offline rispetto all’online. Sono sette in tutto, spiega Bcg con una semplificazione, le funzioni normalmente assolte dal retail; in tre di queste, l’online ha già conseguito una superiorità competitiva netta:

Pagamenti. La comodità di pagare con carte contactless o strumenti digitali (app, wallet eccetera) sta convincendo un numero crescente di consumatori e parallelamente si riducono le preocupazioni di un tempo per le transazioni elettroniche.

Esplorazione. La ricerca di prodotti e servizi nei siti online offre oggi la possibilità di esplorazioni più ampie, complete e aggiornate di quanto possano mai offrire cataloghi e assortimenti in negozio. Con i progressi dell’alta definizione, della larghezza di banda, dei browser e degli algoritmi di ricerca, oggi l’esperienza online è più ricca, interattiva e personalizzata che mai. E la proliferazione di smartphone e app ha reso la navigazione ancora più veloce.

Magazzino. Usualmente, la competitività dei rivenditori online poggia sulla possibilità di centralizzare il magazzino nei centri di distribuzione. Più grandi sono gli e-retailer, maggiori risultano le economie di scala disponibili, soprattutto con l’introduzione di tecnologie per la logistica automatizzate e della robotica.

Ci sono però altre quattro funzioni dove l’e-commerce ancora non ha raggiunto la superiorità e dove i negozi fisici possono ancora risultare competitivi:

Prossimità estrema. Nell’articolo originale, in inglese, Bcg usa il concetto di «ultraconvenience», che non significa convenienza (economica) ma comodità. E’ quella che spinge il consumatore a preferire il negozio di quartiere o sotto casa per gli acquisti veloci, che sorgono da un bisogno non pianificato e non tollerano le attese dell’online.

Tatto e sensi. Una buona parte dei consumatori preferiscono annusare un profumo prima di acquistarlo, provare un capo o fare un giro in auto: si tratta infatti di prodotti che chiamano in causa sensi e sensazioni, che il cliente vuole provar prima di scegliere.

Esplorazione immersiva. Ci sono negozi che offrono un’esperienza unica e coinvolgente, a prescindere da quello che poi acquistiamo. E i consumatori amano visitarli anche solo per lasciarsi incantare dai prodotti che vendono. Un esempio? Gli Apple Store.

Consulenza personale e fiducia. Assieme alla prossimità estrema, è la funzione elettiva della farmacia. L’assistenza e l’approvazione di un consulente specializzato rappresentano spesso per il consumatore che la scelta che sta facendo è quella corretta: ci piace sentirci conosciuti e compresi.

Per sopravvivere all’apocalisse del retail, è allora il consiglio, i negozi fisici devono concentrarsi su una o due di queste quattro funzioni, per costruire un’esperienza di acquisto realmente differenziante. E per ognuna, gli esperti di Bcg offrono alcune indicazioni (che i farmacisti dovranno adattare alla loro realtà, ovviamente).

 

 

Prossimità estrema

Fino a poco tempo fa, se si aveva bisogno di qualcosa si andava in ​​un negozio e lo si comprava. Oggi con l’online non solo si può comprare da casa senza dover uscire, ma se si tratta di libri, musica, film e software si può anche ricevere il prodotto prescelto in pochi secondi, scaricandone la versione digitale. Nel caso di altri prodotti, i retailer online stanno facendo grossi sforzi per ridurre i tempi di recapito (in meno di dieci anni Amazon ha dimezzato i suoi). E si sperimentano le soluzioni più disparate: ship-to-home, ritiro a bordo strada con geolocalizzazione, lockers, droni eccetera. E un domani, stampanti 3D installate sui furgoni per le consegne potrebbero produrre alcuni articoli su richiesta (nel 2019 Amazon ha depositato un brevetto per tale tecnologia).

I negozi che fondano la loro attrattiva sulla prossimità, quindi, devono fare velocemente appello a nuove soluzioni per mantenere questo vantaggio. Tra i suggerimenti offerti al riguardo dagli analisti di Bcg,  si quello che più si adatta alla realtà della farmacia è di puntare sul Bopis (Buy online, pick in store: compra online e ritira in negozio): con due canali di vendita paralleli, il retailer può ammortizzare i costi fissi e valorizzare il punto vendita. Walmart – la più grande insegna al mondo della gdo, già utilizza questa modalità grazie a una rete di magazzini che rifornisce i negozi in base alle vendite online. «In estrema sintesi» scrive Bcg «soddisfare la prossimità estrema è un problema di ottimizzazione logistica: man mano che la mobilità dei clienti cambia e nuove tecnologie si affermano, anche le soluzioni evolveranno». La domanda di prossimità «accelererà la convergenza dei formati di vendita verso nuove formule one-stop shopping». Nel campo della salute, non è forse ciò che promette l’abbinamento di farmacie e poliambulatori o retail clinic, cioè quello che una farmacia online non potrà mai proporre?

Tatto e sensi

I progressi della realtà virtuale e una banda sempre più larga mettono a disposizione dei siti di e-commerce tecnologie che ormai permettono al consumatore di esplorare un prodotto a distanza in tutti i suoi dettagli. Il produttore di valigie Tumi, per esempio, offre al visitatore digitale immagini che rivelano la finitura di ogni cerniera e maniglia, senza nascondere alcun dettaglio. Ma ci sono sempre prodotti le cui qualità o caratteristiche non possono essere replicate su una pagina web. E ci sono clienti che vogliono toccare, annusare, provare o sentire un articolo prima di acquistarlo, che si tratti di profumi, scarpe o capi di abbigliamento. In questo caso, il consiglio di Bcg è di amplificare l’esperienza di acquisto nel negozio fisico facendo anche ricorso alla realtà virtuale: Warby Parker, catena americana dell’oculistica, ha realizzato un software di realtà virtuale che permette al cliente di “provare” varie montature senza la necessità di indossarle. L’Oréal propone uno specchio intelligente che consente di combinare diverse opzioni di trucco e acconciatura per vedere quale sarà l’effetto.

I farmacisti stanno già lavorando con impegno su questo fronte ed è ormai frequente vedere campioni prova e cartine per test in molti reparti del beauty in farmacia, ma c’è da chiedersi quale gradimento avrebbero schermi digitali con software di realtà virtuale dove il paziente impara a usare correttamente il suo inalatore oppure – per andare sulla attualità estrema – a utilizzare il tampone antigenico in modalità self test.

Esplorazione

I format del retail fisico che hanno riscosso maggior successo nell’ultimo decennio sono quelli che hanno concentrato l’esperienza di acquisto del consumatore su una declinazione del brand coerente, totale e condivisa. Gli Apple Store, spiega Bcg, sono spazi iconici, arredati con eleganza e sfarzo e forniti di uno staff costituito in prevalenza da esperti entusiasti. Ma si possono anche fare gli esempi di Nike, Chanel, Lululemon, Tiffany’s e Lush. «Tutti» osserva l’articolo «offrono esperienze che rendono la semplice visita del punto vendita allettante quanto il prodotto». Anche in questo caso, ci sono rivenditori che hanno puntato sulla realtà virtuale per rendere ancora più unica la propria esperienza: la già citata Lowe, per esempio, propone ai suoi clienti una “stanza olografica” dove possono mescolare vernici per studiare la tonalità preferita oppure dare l’intonaco, per fare pratica virtuale (un altro esempio che suggerisce applicazioni analoghe in farmacia).

Consulenza e fiducia

Quando sceglie, il consumatore può anche affidarsi ai consigli che si trovano sui social o alle valutazioni di chi ha già comprato, ma con certi prodotti la maggioranza dei consumatori non disdegna il consiglio di un professionista formato e affidabile. Da questo punto di vista la farmacia non ha rivali, ma resta comunque utile l’indicazione che arriva da Bcg: non fate che il cliente debba entrare in farmacia per chiedere un consiglio.

Rivedere i fondamentali

Non è pensabile che, dopo un decennio di “apocalisse” e uno o due anni di pandemia, sia ancora possibile proseguire sulla stessa strada. occorre tornare ai fondamentali e chiedersi quali funzioni svolgerà nel futuro prossimo venturo il negozio fisico: serve cioè che ogni retailer analizzi con freddezza il proprio business e si chieda come la tecnologia lo rimodellerà, in meglio o in peggio. E cosa potrebbero fare i suoi concorrenti digitali con le tecnologie che li caratterizzano. Il consiglio di Bcg , in particolare, è di partire dalle sette funzioni del commercio tradizionale e selezionare quella o quelle che hanno maggior valore per la clientela del punto vendita. E quindi, lavorare su queste aree per diventare davvero differenzianti, per costruire un vantaggio competitivo sull’online che regga per un tempo accettabile.

E’ anche importante, altro consiglio di Bcg, comprendere il modo in cui la clientela si muove tra canale fisico e digitale per  modellare l’esperienza di acquisto. Non si tratta solo di contare gli scontrini battuti alla fine della giornata, ma valutare attraverso i programmi di loyalty il peso che fisico e digitale hanno avuto nella generazione delle vendite totali. Occorre cioè misurare gli ingressi, il tasso di conversione, il paniere medio e la redditività per metro quadrato: uno studio di Wharton e Harvard ha rivelato che esperienze di acquisto positive generano consumatori “sovramotivati” più fedeli e con una spesa superiore alla media fino al 60%.

«L’articolo di Boston Consulting Group rappresenta una lettura utile anche per il farmacista titolare» commenta Pierangelo Fissore, direttore marketing di Uninetfarma «innanzitutto perché dimostra che nonostante il boom dell’online il negozio fisico è tutt’altro che morto, in secondo luogo perché indica le aree sulle quali il retail tradizionale può costruire la propria competitività. Una cosa però resta certa: il negozio deve cambiare e lo stesso vale per la farmacia, occorre cambiare passo e adeguarsi a un consumatore che in tema di salute ha sempre gli stessi bisogni ma mostra nuove dinamiche e percorre nuove vie. Occorre quindi lavorare sulle tecnologie e sul coiddetto “phygital”, ossia la commistione tra fisico e digitale».

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