L’interpretazione rigorosa dei dati rappresenta la nuova via della medicina, perché i numeri sono oggi la leva che spinge l’innovazione, ma ancora oggi una buona parte delle potenzialità offerte dalle informazioni resta inespressa. E’ il messaggio che arriva dal workshop organizzato a Milano il 10 ottobre da Iqvia per parlare di Human data science, la scienza dei dati applicata all’uomo e alla salute. Ospite d’onore Francesca Dominici, laureata alla Sapienza, da oltre vent’anni docente all’università di Harvard e dal 2017 co-direttrice della Data Science Initiative dell’ateneo americano.
«La data science è una disciplina nuova e affascinante. Il data scientist estrae informazioni di valore dai dati e, grazie all’intelligenza artificiale e il machine learning, li rielabora» ha spiegato Dominici. «ogni nostra azione è ormai misurabile grazie ai dispositivi che ci portiamo addosso, a partire dal cellulare. Solo per fare un esempio, se monitoriamo la voglia di alzarsi e camminare di un paziente affetto da tumore al cervello, possiamo capire, prima di qualunque esame diagnostico, la progressione della malattia».
Per questo motivo, ha continuato Dominici, bisogna promuovere la condivisione dei dati clinici, purché certificati, regolamentati e anonimi. «Per fare buona ricerca la base dati deve essere affidabile. Senza sicurezza e attendibilità, le elaborazioni sono falsate. Per questo è fondamentale affidarsi a organizzazioni certificate nella raccolta e analisi dei dati».
La docente, che è stata consulente dell’amministrazione Obama per le politiche climatiche, ha parlato anche dei suoi studi sull’impatto dell’inquinamento sulla salute, condotti con raffronti tra dati delle rilevazioni satellitari, dei ricoveri ospedalieri, dello status sociale delle popolazioni campione e dell’incidenza di varie patologie. Dalle sue analisi epidemiologiche è così emerso come negli Stati Uniti i tassi di mortalità siano legati ai livelli di inquinamento e che molte patologie, non solo respiratorie, peggiorano drasticamente con il degrado ambientale.
«I dati sono una miniera d’oro per la medicina, il vero potenziale di progresso» ha affermato Carlo Salvioni, vicepresidente Strategy and Operations di Iqvia Italia. «La grande mole di dati, che potrebbe essere messa a sistema, è di enorme valore per la salute pubblica. Le informazioni sono la vera risorsa per capire le patologie, la loro progressione, saperle diagnosticare e prevenire. Inoltre i dati ci aiutano a mettere a punto e ottimizzare le terapie. Ma purtroppo, in Italia, su questo si è molto indietro».
«Il vero ostacolo è culturale, non tecnologico, né economico. Per esempio, bisogna superare le resistenze tra centri di ricerca o il rifiuto da parte di alcune Regioni di condividere i dati rigorosamente anonimizzati dei pazienti» ha concluso Sergio Liberatore, amministratore delegato di Iqvia Italia. «I dati rappresentano una leva straordinaria inimmaginabile fino a pochi anni fa. E’ ora di cambiare paradigma, perché è fondamentale capire che la condivisione dei dati è il futuro e che non si può limitare lo sviluppo della conoscenza».