Walgreens Boots Alliance chiuderà nel 2025 circa 500 delle oltre 8.600 farmacie che controlla negli Usa, nell’ambito di un piano che prevede la dismissione di 1.200 esercizi in tre anni. L’annuncio arriva dal comunicato con cui il gruppo ha presentato nei giorni scorsi i risultati del quarto trimestre e dell’intero anno fiscale. E conferma gli allarmi lanciati quest’estate, di cui Pharmacy Scanner aveva già riferito. «Nel 2025» ha dichiarato Tim Wentworth, ceo di Wba «ci concentreremo sulla stabilizzazione della rete di farmacie al dettaglio, ottimizzando la nostra presenza, controllando i costi operativi e migliorando i flussi di cassa per sostenere i margini di distribuzione e preservare l’accessibilità dei pazienti. Questa trasformazione richiederà tempo, ma siamo fiduciosi che porterà significativi benefici finanziari e ai consumatori nel lungo termine».
Nel quarto trimestre le vendite di Walgreens Boots Alliance sono aumentate del 6% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 37,5 miliardi di dollari, con una crescita in tutti i segmenti. Tuttavia, la perdita operativa è aumentata del 117,1%, arrivando a 978 milioni di dollari, principalmente a causa di una svalutazione contabile legata all’ingresso in CareCentrix, provider di servizi sanitari. L’utile operativo rettificato è stato di 424 milioni di dollari, in calo del 37,7% a valuta costante, riflettendo una performance meno brillante nella vendita al dettaglio e nel canale della farmacia Usa, parzialmente compensata da iniziative di risparmio sui costi e da un miglioramento della redditività nel settore healthcare.
La perdita netta nel quarto trimestre è stata di 3 miliardi di dollari, rispetto ai 180 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. Questo risultato negativo è stato influenzato da una maggiore perdita operativa, da un onere contabile di 2,3 miliardi di dollari legato a passività per la vicenda degli oppioidi e da una svalutazione di un investimento in Cina. Gli utili netti rettificati sono diminuiti del 41%, attestandosi a 340 milioni di dollari. La perdita per azione è stata di 3,48 dollari, rispetto ai 21 centesimi dell’anno precedente. L’utile per azione rettificato è diminuito del 41%, a 39 centesimi.
La perdita netta per l’anno fiscale 2024 è stata di 8,6 miliardi di dollari, rispetto ai 3,1 miliardi dell’anno precedente. Anche l’utile netto rettificato è diminuito del 27,9%, attestandosi a 2,5 miliardi di dollari. La perdita per azione è stata di 10,01 dollari, mentre l’utile per azione rettificato è stato di 2,88 dollari. Guardando al futuro, per l’anno fiscale 2025 Walgreens Boots Alliance prevede un utile per azione rettificato compreso tra 1,40 e 1,80 dollari, con una crescita nel settore healthcare statunitense e internazionale, compensata però da un calo nel retail pharmacy statunitense e da un incremento del tasso d’imposta effettivo.
Ma Wba non è l’unica catena di farmacie statunitensi a trovarsi in difficoltà. Anche Rite Aid e Cvs stanno attraversando un periodo complesso, con ampie revisinoi delle reti e chiusure di sedi a causa delle sfide crescenti che il settore deve affrontare. Rite Aid, per esempio, ha già chiuso oltre 200 negozi dopo aver presentato istanza di fallimento nel 2023. Le difficoltà delle farmacie tradizionali – come ha scritto la settimana sorsa il Los Angeles Times – nascono anche dalla concorrenza sempre più agguerrita di colossi come Amazon e Walmart, che offrono servizi di vendita online a prezzi altamente competitivi. Inoltre, l’aumento del commercio elettronico ha ridotto il flusso di clienti nei negozi fisici, mentre l’inflazione e il calo della spesa dei consumatori incidono ulteriormente sui ricavi delle farmacie al dettaglio.
Quanto al farmaco con ricetta, le catene stanno soffrendo per i rimborsi sempre più risicati delle assicurazioni sanitarie. Questo problema è particolarmente acuto a causa del ruolo dominante dei gestori Pbm (Pharmacy benefit managers), che comprimono i rimborsi alle farmacie per i farmaci dispensati sotto copertura assicurativa. Due dei maggiori Pbm amricani, OptumRX e Caremark, sono di proprietà di compagnie sanitarie che, per contenere i costi, hanno progressivamente ridotto i compensi con efeftti diretti sui profitti delle farmacie.
Secondo gli analisti, un altro fattore che incide sulla crisi è la sovrabbondanza di farmacie sul territorio: a partire dagli anni ’90 una vera e propria “corsa agli immobili” ha portato all’apertura di farmacie in sovrannumero, spesso a poca distanza l’una dall’altra, da cui concorrenza serrata e insostenibile.